Titta Ruffo
(Pisa, 9 giugno 1877 – Firenze, 5 luglio 1953)
è stato un baritono italiano, da molti considerato
il più grande della storia della lirica,
non solo per la straordinaria voce,
che è stata apprezzata in ogni parte del globo,
ma anche per le sue splendide capacità interpretative.
Nel 1897, giovanissimo, si presentò a Milano da un altro grande baritono, anche lui pisano, Lelio Casini, insegnante di canto, che gli impartì delle lezioni. Dopo alcune audizioni e "anticamere" dagli impresari del tempo, il giovane Titta Ruffo fu notato per la sua eccezionale voce, potente e bronzea. La prima scrittura fu a Roma, dove a vent'anni debuttò al Teatro Costanzi nel ruolo di Araldo nel Lohengrin, in una compagnia di alto livello; poi una tournèe in Calabria e in Sicilia. E così cominciò una sfavillante carriera per tutti i teatri del mondo. A Pisa, sua città natale, ritorna nel 1898 al Teatro Politeama , come Conte di Luna nel Trovatore e Lord Ashton in Lucia di Lammermoor; anni dopo Jago nell'Otello, Don Carlo nell'Ernani, fino ad arrivare al suo cavallo di battaglia, l'Amleto di Thomas. Un'altra interpretazione della voce "senza frontiere" (come lo chiamava l'insegnante di canto Carelli) fu indubbiamente il Rigoletto, ruolo che si cucì addosso con grande mestria, tanto che tutti i baritoni che lo hanno succeduto, si sono sempre accostati riverenti alla sua arte, comunque considerandolo quasi ineguagliabile. Titta Ruffo alla morte della madre nel 1905 trasferisce la famiglia a Palazzo dell'Ussero sui lungarni pisani. Antifascista, cognato di Giacomo Matteotti, era legatissimo al deputato socialista, tanto da portarne a spalla il feretro in occasione delle esequie. A seguito dell'omicidio Matteotti decide di non cantare più in Italia. Le autorità fasciste lo dichiararono quindi sovversivo. Nel 1937, rientrato in patria per una visita familiare, venne arrestato. La mobilitazione internazionale di artisti e intellettuali spinse il governo fascista a rilasciarlo. Titta Ruffo venne quindi liberato ma gli fu negato l'espatrio. Un altro appellativo al quale era soggetto il grande baritono, fu coniato dal grande tenore livornese Galliano Masini che, con la sua solita ironia lo chiamava "una cooperativa di baritoni". Titta Ruffo insieme a Caruso e Chaliapin formava una triade che non ha avuto mai più pari nella storia della Lirica.