Secondo Steve Jones quello che siamo oggi
lo saremo anche tra un milione di anni
Nel mondo di oggi selezione naturale e mutazione genetica
conterebbero sempre meno.
Personalmente non condivido l'assunto.
A mio parere l'evoluzione umana continuerà
sia da un punto di vista psichico che fisico...
grazie alla medicina... alla tecnologia...
all'alimentazione... alle telecomunicazioni... etc etc...
(A meno che non ci suicidiamo prima come specie... stupida...
dedita solo alla ricerca del business ed all'egoismo sfrenato
e dunque al martirio della Natura
cosa che potrà portarci all'autodistruzione)
Evoluzione che purtroppo non varrà anche
per i principi morali... sempre in bilico tra bene e male...
come la storia dell'Umanità fin dagli albori ci insegna...
Ma ora leggiamo la tesi di questo autore...
(Nota T.K.)
Teoria shock di un genetista inglese
"L’uomo ha finito di evolversi"
Ma sulle conclusioni dello studioso britannico
la scienza si divide
ENRICO FRANCESCHINI
Il padre della teoria evoluzionistica Charles Darwin
LONDRA – Qualcuno predice che diventeremo tutti superuomini: più alti, più forti, più belli, più intelligenti, praticamente perfetti. Qualcun altro sostiene che ci trasformeremo in mostricciatoli dalla testa enorme e dal corpo rachitico, tranne le dita delle mani, lunghe e resistenti, per cliccare in continuazione i pulsanti di telefonini, computer, videogiochi, l’unica attività che vorremo fare in futuro (e la sola che alcuni di noi già praticano nel presente).
Ma un eminente genetista britannico afferma invece che simili scenari sono entrambi sbagliati: "L’evoluzione dell’uomo si è conclusa, è finita, terminata", annuncia il professor Steve Jones, biologo dell’University College London. "Tra un milione di anni o più avremo lo stesso aspetto, le stesse caratteristiche, che abbiamo oggi". L’uomo (e la donna) che vediamo allo specchio in questo 2008 dopo Cristo sarebbero insomma il modello definitivo, il risultato finale, l’approdo ultimo di quattro miliardi di anni di tenace, paziente, incessante sforzo per migliorare gli organismi viventi. Difficile dire se la notizia può compiacere o rattristare: è consolante sapere che non somiglieremo mai a E. T., l’extraterrestre del film di Spielberg; ma un po’ dispiace apprendere che l’Homo Sapiens non verrà più migliorato.
Il professor Jones è giunto alla sua ipotesi, pronunciata questa settimana durante un simposio scientifico a Londra, sulla base di un semplice ragionamento: le forze che sospingono l’evoluzione della specie, come la selezione naturale e la mutazione genetica, non giocano più un ruolo importante nelle nostre vite, o addirittura sono del tutto scomparse. Tutto quello che abbiamo fatto negli ultimi cinque milioni di anni, dal momento in cui uno scimmione è sceso da un albero e ha cominciato a camminare faticosamente su due zampe, è stato dettato dalla selezione naturale: camminare eretti, scambiare informazioni con suoni e poi parole, usare utensili e armi, vivere in gruppi organizzati, è accaduto perché farlo creava un vantaggio ai membri della specie.
Nell’Europa dell’Età del Ghiaccio, una mutazione che dava a un bambino maggiore resistenza contro il freddo e la fame gli dava anche un forte vantaggio competitivo, che aumentava le sue probabilità di sopravvivenza e di passare quel gene ai propri discendenti.
Così è avvenuto, per esempio, che nel gelido nord del pianeta gli esseri umani fossero più corti e più rotondi, per trattenere meglio il calore, mentre nella fascia tropicale rimanessero alti e magri, per disperdere calore. Questo principio evolutivo è continuato a restare valido anche nei sessantamila anni trascorsi da quando i primi uomini simili a come siamo noi oggi lasciarono il cuore dell’Africa per diffondersi in tutti i continenti; ed ha continuato a funzionare per buona parte della nostra era cristiana, se si pensa che ancora all’epoca di Charles Darwin, il padre della teoria dell’evoluzione, in Gran Bretagna circa metà dei neonati morivano prima di avere raggiunto i 21 anni d’età. Ma nel mondo contemporaneo di riscaldamento centralizzato, vaccinazioni di massa, abbondanza e benessere, le stesse mutazioni che garantirono la sopravvivenza di quei bambini dell’era primordiale o di una a noi più vicina non darebbero più loro il medesimo vantaggio. Dunque non avvengono.
Altri elementi contribuirebbero ad avere fermato l’evoluzione umana allo stato attuale, sempre secondo la teoria del genetista della Ucl: il fatto che non esistono più popolazioni isolate, che le razze si mescolano, che diminuisce il numero degli uomini che fanno figli in età avanzata (il cui sperma si deteriora e contiene più "errori" genetici). Naturalmente non tutti i colleghi del professor Jones concordano: le sue dichiarazioni, riprese dalla stampa nazionale, hanno suscitato obiezioni, anche all’interno della sua stessa università, dove un altro genetista, Fred Spoor, ha detto che l’evoluzione della specie dipende da fattori spesso imprevedibili, e poiché non sappiamo che cosa accadrà sulla terra nel prossimo milione di anni, o perfino nel prossimo anno, è impossibile affermare che la specie umana non subirà più mutazioni. "Ho seri dubbi che tra un milione di anni saremo identici a come siamo ora", osserva lo scienziato rivale.
Alcuni sottolineano poi che nel Terzo Mondo la vita è ancora dura come svariati secoli fa in Europa, e che la lotta per la sopravvivenza, la fatica quotidiana di trovare da mangiare, bere, ripararsi dalle intemperie, dalle bestie feroci (o da altri uomini ancora più feroci), è tutt’altro che risolta, per cui anche le ragioni che dettano l’evoluzione della specie rimangono perfettamente in piedi.
Del resto Jones è il primo ad ammettere che il suo discorso riguarda principalmente l’Occidente sviluppato, con l’ottimismo di chi crede che il progresso sia inarrestabile e che, nonostante le ansie dell’attuale crisi finanziaria, il benessere diventerà sempre più globale. "Se avete paura di che cosa ci può riservare il mondo dell’Utopia, non temete", conclude lo studioso, "perché l’Utopia è arrivata, l’Utopia è oggi. Il presente che viviamo è il futuro, un futuro in cui l’uomo fa migliaia di chilometri per trovare la donna che sposerà, mentre i nostri antenati si sposavano nella stessa città, nello stesso villaggio, nello stesso rione.
Un futuro in cui l’Homo Sapiens avrà la faccia marrone, avrà un aspetto sempre più uniforme e non avrà più bisogno di evolversi". Quanta strada abbiamo fatto, da quando un singolo organismo monocellulare, la cellula da cui discendono tutti gli esseri oggi viventi sul nostro pianeta, comparve sulla terra quattro miliardi di anni or sono, giorno più, giorno meno: ebbene, se ha ragione Jones, ora quella strada è finita, non rimane più un metro da percorrere, siamo arrivati alla meta. "Ecce Homo", Ponzio Pilato disse alla folla introducendo Gesù, nel Vangelo secondo Giovanni: ed eccolo ancora qui, l’Uomo, destinato a rimanere uguale a com’è, nei secoli dei secoli. Qualche anno fa ci eravamo brevemente illusi che fosse finita la Storia, dopo la caduta del muro di Berlino, il crollo dell’Urss e il collasso del comunismo; invece, senza che ce ne accorgessimo, forse è finita l’evoluzione della specie.
Ci tocca di accontentarci di esser come siamo, per sempre.
Da Repubblica.it
Ciao da Tony Kospan