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Respuesta  Mensaje 1 de 3 en el tema 
De: rom*  (Mensaje original) Enviado: 04/11/2011 17:06

UN RICORDO PER MARGHERITA

 

Il commendator Carloni di Villaverde era il miliardario più miliardario della nazione e forse del mondo intero. Possedeva aerei e navi, ville e appartamenti in tutto il pianeta. E perfino un'isola tutta sua. E quando gridava con il suo vocione: «Questo lo ordino io, il commendator Carloni!», tremavano tutti. Anche i ministri e il Presidente della Repubblica. Il commendatore viveva in un gran castello turrito che dominava la sua isola personale. Tutti gli isolani lavoravano in qualche modo alle sue dipendenze. Facevano i custodi, le guardie, le persone dì servizio. Tutto sommato non si lamentavano, perché, pur avendo un caratteraccio, il commendatore li pagava bene.

La famiglia del commendatore non era numerosa, se non si contano i cani, i gatti, i canarini e la tata Nena, bambinaia e cuoca, che faceva parte della famiglia prima ancora che nascesse il commendatore.

C'era la moglie, Donna Luisa, che era timida e riservata, ma tanto sorridente quanto il commendatore era burbanzoso. E c'erano due figli: Alessandro e Margherita.

 

Il       giorno che nessuno dimenticò più

 

Alessandro aveva diciotto anni ed era un bel giovane biondo, con le lentiggini e un carattere buono e gentile. Margherita aveva Otto anni, i capelli neri e una voglia di ridere frizzante come la gazzosa. Tutti volevano bene ad Alessandro, soprattutto il commendator Carloni, che però l'avrebbe voluto più «cattivo».

«Fatti rispettare, batti i pugni, non cedere mai», gli raccomandava tutti i giorni. Ma Alessandro dava una mano a tutti, era amico dei pescatori e di tutti i giovani dell'isola. I più felici erano i dipendenti, perché dicevano: «Quando sarà commendatore Alessandro, tutto andrà meglio e saremo un po' meno strapazzati».

Margherita voleva un gran bene al fratello. Alessandro non si vergognava di prenderla per mano e accompagnarla a prendere il gelato; durante le gite la portava cavalcioni sulle spalle e le aveva anche insegnato ad andare in bicicletta.

Un giorno (un giorno che nessuno sull'isola dimenticò più), Alessandro partì sulla sua rombante moto rossa per fare un giretto e non tornò più. Forse non vide una curva o forse si guastarono i freni della moto. Alessandro morì in fondo a un burrone. Piangevano tutti sull'isola. Tutti meno il commendator Carloni. Si limitò a stringere i pugni e ad agitarli con rabbia immensa.

Il giorno dopo radunò tutti i suoi dipendenti, comprese Donna Luisa e Margherita, e con l'aria più furiosa che avesse mai avuto, urlò: «Da questo momento nessuno deve più nominare Alessandro. E nessuno deve più piangere per lui. E come se non fosse mai esistito. Il primo che oserà parlare di mio figlio sarà chiuso nelle cantine del castello e non ne uscirà più. Sapete bene che quanto dico lo mantengo e che non scherzo mai!». Tutti chinarono il capo e, in un silenzio imbarazzato, tornarono al lavoro. I giorni ripresero a scorrere, sempre uguali, un po' monotoni. Nessuno trasgrediva l'ordine del commendatore. Nessuno mai, neanche negli angoli più nascosti, osava parlare di Alessandro. Piano piano parve davvero che non fosse mai esistito. Anche Donna Luisa obbediva, ma non sorrideva più.

 



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De: rom* Enviado: 04/11/2011 17:07

«Ho una pietrona sul cuore»

 

E Margherita?

Margherita andava a scuola, faceva i compiti e guardava la televisione. Tutto come prima, apparentemente. Eppure la bambina sentiva come un gran peso «dentro». «Ho una pietrona sul cuore», confidò a Battista, il vecchio giardiniere che le aveva chiesto perché non correva più sui prati.

Un pomeriggio, all'ora di merenda, Margherita era in cucina con Tata Nena. Mentre abbordava una fetta di pane, abbondantemente spalmata di Nutella, disse improvvisamente: «Ti ricordi, Tata, quando Alessandro scambiò il vasetto di Nutella con il lucido da scarpe e i cani leccavano le scarpe a tutti?».

«Oh, si!», disse Tata Nena e scoppiò a ridere. «Che briccone era Alessandro!».

Si portò improvvisamente le mani alla bocca.

«Zitta, Margherita! Se ci sente tuo padre...».

 

«Per piacere, Tata», la supplicò Margherita, «parliamo un po' di Alessandro... Altrimenti scoppio».

Si misero in un angolo della cucina e parlarono e parlarono. Un po' piangevano, un po' ridevano: Alessandro era stato proprio un ragazzo fantastico. Quella sera, Margherita non sentì più la pietrona sul cuore. Aveva di nuovo voglia di «frizzare» e le sembrava di sentire Alessandro che rideva con lei.

Il giorno dopo, Margherita parlò di Alessandro con il vecchio Battista: «Ti ricordi quando Alessandro finì nella buca del concime?».

Poi con i pescatori della costa: «Vi ricordate quando Alessandro scappava di notte per venire a pescare con voi?».

Un vecchio pescatore con il viso rugoso brunito dal sole e dalla salsedine si asciugò furtivamente una lacrima.

Ogni volta che parlava di Alessandro, Margherita si sentiva più felice. Non era più una pietra pesante quella che aveva dentro, ma qualcosa di prezioso, una specie di sorgente fresca e scintillante. Anzi, pensando all'allegria e a tanti gesti generosi di Alessandro, le veniva voglia di imitarlo, di essere un po' com'era lui.

Ma non succedeva niente nell'isola senza che il commendator Carloni lo venisse a sapere.

Così, una sera, il suo vocione tuonò dall'atrio del palazzo: «Margherita, subito nel mio studio!».

Tirava aria di tempesta. Tata Nena era in cucina che piangeva e si asciugava gli occhi con una cocca del grembiule: il commendatore l'aveva appena licenziata.

Margherita entrò nello studio del padre, pallida pallida e con le gambe che tremavano.

«Hai disubbidito ai miei ordini e sarai severamente castigata. Verrai rinchiusa in cantina da questa sera! Tutti devono imparare che voglio essere ubbidito sempre! Soprattutto da mia figlia!».

Due enormi lacrimoni scivolarono sulle guance di Margherita.

«Papà, dovevo parlare di Alessandro», disse sottovoce, «per sciogliere la pietrona...».

«Quale pietrona?».

«Quella che avevo sul cuore... Allora mi sono ricordata di Alessandro che fischiettava quando aveva paura e ho fischiettato anch'io... e mi sono sentita meglio. E ogni volta che ricordavo Alessandro, lo sentivo più vicino... come se mi tenesse ancora per mano».

«Sciocchezze!».

«No, è vero! Ricordi che Alessandro diceva che questa era la tana di Yoghi, e quando arrivavi tu, gridava forte: "Arriva Yoghi!", e poi scappava a nascondersi e a cena inventava sempre un trucco nuovo per non mangiare la minestra?... E così bello ricordare, papà. Alessandro è vivo, se lo ricordiamo».

Margherita non aveva mai fatto un discorso così lungo a suo padre e quando tacque, il cuore le batteva il tam-tam in gola. Ma... il miracolo accadde: per la prima volta nella vita, gli occhi del commendator Carloni si riempirono di lacrime.

«Il ricordo...», disse piano piano, «io avevo paura del ricordo. Invece è una cosa bella... E grande... E unica... E rende presente chi non c'è più... E ci possiamo voler bene come prima».

Accarezzò la figlia e con la voce incrinata disse: «Grazie, Margherita

Respuesta  Mensaje 3 de 3 en el tema 
De: rom* Enviado: 04/11/2011 17:08
  • il ricordo del passato consente a Margherita di superare il dolore per la morte del fratello e, in più, le dona un aiuto per vivere meglio il presente e una linea di progettazione per il futuro. Il ricordo di quel fratello speciale diventa «parte» di lei. E, grazie a lei, diventa parte della famiglia. In un certo senso i nostri ricordi ci possiedono e determinano ciò che siamo. Ci «fanno».

Ma c'è di più: nel ricordo di chi lo amava, chi è scomparso continua a vivere. «Se lo ricordiamo, Alessandro vive».



 
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