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De: Tony Kospan (Mensaje original) |
Enviado: 08/12/2011 18:43 |
LA STORIA DEL PRESEPE
Sono gli evangelisti Luca e Matteo i primi a descrivere la Natività. Nei loro brani c'è già tutta la sacra rappresentazione che a partire dal medioevo prenderà il nome latino di praesepium ovvero recinto chiuso, mangiatoia. Si narra infatti della umile nascita di Gesù come riporta Luca "in una mangiatoia perché non c'era per essi posto nell'albergo" (Ev., 2,7) dell'annunzio dato ai pastori, dei magi venuti da oriente seguendo la stella per adorare il Bambino che i prodigi del cielo annunciano già re. Questo avvenimento così famigliare e umano se da un lato colpisce la fantasia dei paleocristiani rendendo loro meno oscuro il mistero di un Dio che si fa uomo, dall'altro li sollecita a rimarcare gli aspetti trascendenti quali la divinità dell'infante e la verginità di Maria. Così si spiegano le effigi parietali del III secolo nel cimitero di S. Agnese e nelle catacombe di Pietro e Marcellino e di Domitilla in Roma che ci mostrano una Natività e l'adorazione dei Magi, ai quali il vangelo apocrifo armeno assegna i nomi di Gaspare, Melchiorre e Baldassarre, ma soprattutto si caricano di significati allegorici i personaggi dei quali si va arricchendo l'originale iconografia: il bue e l'asino, aggiunti da Origene, interprete delle profezie di Abacuc e Isaia, divengono simboli del popolo ebreo e dei pagani; i Magi il cui numero di tre, fissato da S. Leone Magno, ne permette una duplice interpretazione, quali rappresentanti delle tre età dell'uomo: gioventù, maturità e vecchiaia e delle tre razze in cui si divide l'umanità, la semita, la giapetica e la camita secondo il racconto biblico; gli angeli, esempi di creature superiori; i pastori come l'umanità da redimere e infine Maria e Giuseppe rappresentati a partire dal XIII secolo, in atteggiamento di adorazione proprio per sottolineare la regalità del nascituro. Anche i doni dei Magi sono interpretati con riferimento alla duplice natura di Gesù e alla sua regalità: l'incenso, per la sua Divinità, la mirra, per il suo essere uomo, l'oro perché dono riservato ai re. A partire dal IV secolo la Natività diviene uno dei temi dominanti dell'arte religiosa e in questa produzione spiccano per valore artistico: la natività e l'adorazione dei magi del dittico a cinque parti in avorio e pietre preziose del V secolo che si ammira nel Duomo di Milano e i mosaici della Cappella Palatina a Palermo, del Battistero di S. Maria a Venezia e delle Basiliche di S. Maria Maggiore e S. Maria in Trastevere a Roma. In queste opere dove si fa evidente l'influsso orientale, l'ambiente descritto è la grotta, che in quei tempi si utilizzava per il ricovero degli animali, con gli angeli annuncianti mentre Maria e Giuseppe sono raffigurati in atteggiamento ieratico simili a divinità o, in antitesi, come soggetti secondari quasi estranei all'evento rappresentato. Dal secolo XIV la Natività è affidata all'estro figurativo degli artisti più famosi che si cimentano in affreschi, pitture, sculture, ceramiche, argenti, avori e vetrate che impreziosiscono le chiese e le dimore della nobiltà o di facoltosi committenti dell'intera Europa, valgano per tutti i nomi di Giotto, Filippo Lippi, Piero della Francesca, il Perugino, Dürer, Rembrandt, Poussin, Zurbaran, Murillo, Correggio, Rubens e tanti altri.
Il presepio come lo vediamo rappresentare ancor oggi nasce secondo la tradizione dal desiderio di San Francesco di far rivivere in uno scenario naturale la nascita di Betlemme coinvolgendo il popolo nella rievocazione che ebbe luogo a Greccio la notte di Natale del 1223, episodio rappresentato poi magistralmente da Giotto nell'affresco della Basilica Superiore di Assisi. Primo esempio di presepe inanimato è invece quello che Arnolfo di Carnbio scolpirà nel legno nel 1280 e del quale oggi si conservano le statue residue nella cripta della Cappella Sistina di S. Maria Maggiore in Roma. Da allora e fino alla metà del 1400 gli artisti producono statue di legno o terracotta che sistemano davanti a una pittura riproducente un paesaggio come sfondo alla scena della Natività, il tutto collocato all'interno delle chiese. Culla di tale attività artistica fu la Toscana ma ben presto il presepe si diffuse nel regno di Napoli ad opera di Carlo III di Borbone e nel resto degli Stati italiani.
Nel '600 e '700 gli artisti napoletani danno alla sacra rappresentazione un'impronta naturalistica inserendo la Natività nel paesaggio campano ricostruito in scorci di vita che vedono personaggi della nobillà, della borghesia e del popolo còlti nelle loro occupazioni giornaliere o nei momenti di svago, nelle taverne a banchettare o impegnati in balli e serenate. Ulteriore novità è la trasformazione delle statue in manichini di legno con arti in fil di ferro, per dare movimento, abbigliati con vesti di stoffe più o meno ricche, adornati con monili e muniti degli strumenti di lavoro tipici dei mestieri dell'epoca e tutti riprodotti con esattezza anche nei minimi particolari. A tali fastose composizioni davano il loro contributo artigiani vari e lavoranti delle stesse corti regie o la nobiltà, come attestano gli splendidi abiti ricamati che indossano i Re Magi o altri personaggi di spicco, spesso tessuti negli opifici reali di S. Lencio. In questo periodo si distinguono anche gli artisti di Genova e quelli siciliani che, fatta eccezione per i siracusani che usano la cera, si ispirano sia per i materiali che per il realismo scenico, alla tradizione napoletana. Sempre nel '700 si diffonde il presepio meccanico o di movimento che ha un illustre predecessore in quello costruito da Hans Schlottheim nel 1588 per Cristiano I di Sassonia.
La diffusione a livello popolare si realizza pienamente nel secolo scorso quando ogni famiglia in occasione del Natale costruisce un presepe riproducendo la Natività secondo i canoni tradizionali con materiali - statuine in gesso o terracotta, carta pesta e altro - forniti da un fiorente artigianato. A Roma le famiglie importanti per censo e ricchezza gareggiavano tra loro nel costruire i presepi più imponenti, ambientati nella stessa città o nella campagna romana, che permettevano di visitare ai concittadini e ai turisti. Famosi quello della famiglia Forti posti sulla sommità della Torre degli Anguillara, o della famiglia Buttarelli in via De' Genovesi riproducente Greccio e la caverna usata da S. Francesco o quello di Padre Bonelli nel Portico della Chiesa dei Santi XII Apostoli, parzialmente meccanico con la ricostruzione del lago di Tiberiade solcato dalle barche e delle città di Gerusalemme e Betlemme.
Oggi dopo l'affievolirsi della tradizione causata anche dall'introduzione dell'albero di Natale, il presepe è tornato a fiorire grazie all'impegno di religiosi e privati che con associazioni come quella degli amici del presepe, Musei tipo il Brembo di Dalmine vicino Bergamo, Mostre, tipica quella dei 100 Presepi nelle Sale del Bramante di Roma, una tra le prime in Italia, rappresentazioni dal vivo come quelle di Rivisondoli in Abruzzo o Revine nel Veneto e soprattutto gli artigiani napoletani e siciliani in special modo, eredi delle scuole presepiali del passato, hanno ricondotto nelle case e nelle piazze d'Italia la Natività e tutti i personaggi della simbologia cristiana.
Ora da alcuni decenni il cuore mondiale del presepe... è Via San Gregorio Armeno... la famosissima via del centro di Napoli in cui sono concentrati tantissimi laboratori artigianali (ma che non è esagerato definire talvolta artistici) che creano presepi di ogni tipo e forma... e che è meta di centinaia di migliaia di turisti e di appassionati del presepe provenienti da ogni parte del mondo... (N.T.K.)
dal web - impaginazione e note di Tony Kospan
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IL
NATALE
di Alessandro
Manzoni
Qual masso che dal vertice di lunga erta
montana, abbandonato all'impeto di rumorosa frana, per lo
scheggiato calle precipitando a valle, barre sul fondo e
sta;
là dove cadde, immobile giace in sua lenta mole; né, per
mutar di secoli, fia che riveda il sole della sua cima antica, se
una virtude amica in alto nol trarrà:
tal si giaceva il
misero figliol del fallo primo, dal dì che un'ineffabile ira
promessa all'imo d'ogni malor gravollo, donde il superbo
collo più non potea levar.
Qual mai tra i nati
all'odio, quale era mai persona che al Santo
inaccessibile potesse dir: perdona? far novo patto eterno? al
vincitore inferno la preda sua strappar?
Ecco ci è nato un
Pargolo, ci fu largito un Figlio: le avverse forze tremano al
mover del suo ciglio: all' uom la mano Ei porge, che sì ravviva, e
sorge oltre l'antico onor.
Dalle magioni eteree sgorga una
fonte, e scende, e nel borron de' triboli vivida si
distende: stillano mele i tronchi dove copriano i bronchi, ivi
germoglia il fior.
O Figlio, o Tu cui genera l'Eterno, eterno
seco; qual ti può dir de' secoli: Tu cominciasti meco? Tu sei:
del vasto empiro non ti comprende il giro: la tua parola il
fe'.
E Tu degnasti assumere questa creata argilla? qual merto
suo, qual grazia a tanto onor sortilla se in suo consiglio
ascoso vince il perdon, pietoso immensamente Egli è.
Oggi
Egli è nato: ad Efrata, vaticinato ostello, ascese un'alma
Vergine, la gloria d'lsraello, grave di tal portato da cui
promise è nato, donde era atteso usci.
La mira Madre in
poveri panni il Figliol compose, e nell'umil presepio soavemente
il pose; e l'adorò: beata! innazi al Dio prostrata, che il puro
sen le aprì.
L’Angel del cielo, agli uomini nunzio di tanta
sorte, non de' potenti volgesi alle vegliate porte; ma tra i
pastor devoti, al duro mondo ignoti, subito in luce appar.
E
intorno a lui per l'ampia notte calati a stuolo, mille celesti
strinsero il fiammeggiante volo; e accesi in dolce zelo, come si
canta in cielo A Dio gloria cantar.
L’allegro inno
seguirono, tornando al firmamento: tra le varcare
nuvole allontanossi, e lento il suon sacrato ascese, fin che più
nulla intese la compagnia fedel.
Senza indugiar,
cercarono l'albergo poveretto que' fortunati, e videro, siccome a
lor fu detto videro in panni avvolto, in un presepe
accolto, vagire il Re del Ciel.
Dormi, o Fanciul; non
piangere; dormi, o Fanciul celeste: sovra il tuo capo
stridere non osin le tempeste, use sull'empia terra, come cavalli
in guerra, correr davanti a Te.
Dormi, o Celeste: i
popoli chi nato sia non sanno; ma il dì verrà che nobile retaggio
tuo saranno; che in quell'umil riposo, che nella polve
ascoso, conosceranno il
Re.
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Papà,
quest 'anno il nostro presepe sarà bellissimo! La capanna è grande come
una chiesa e la pecorella arrivata per prima aspetta di sentir suonare
lo zampognaro. - Io vorrei che assieme al bue e
allasinello ci fossero anche i leoni, le tigri e gli aquilotti. Noi
non li abbiamo, ma ci potrebbero anche stare, si farebbero buona
compagnia: nel presepe non c’è violenza e vicino al pettirosso si può
mettere il gatto, accanto allagnellino il lupo: il mondo del presepe è
un mondo di pace.
-
Papà, ci manca anche «langelo della gloria»: lanno scorso si è rotto...
e senzangelo chi lo dice ai pastori che è nato Gesù? - Langelo lo
porterà il nonno assieme al cielo stellato, che metteremo dietro alla
capanna; porterà anche la cometa, che fa strada ai re Magi che
vengono dallOriente. - Io vorrei fare un laghetto piccolo piccolo, e
metterci dentro i pesciolini rossi che ho in camera. I
pesci rossi non stanno bene nel presepe, perché hanno bisogno di cure e
poi si muovono, essendo vivi, mentre il presepe e fisso come una
fotografia: vuole richiamare quell’attimo in cui, secondo la
tradizione, il tempo si è fermato per lo stupore. E fu un grande
silenzio su tutta la terra, perché a Betlemme era nato Gesù: un Dio
bambino - Papà, questo è scritto nel Vangelo? - No,
questo lo dice unantica tradizione. Il Vangelo di Luca dice solo che
Maria - la mamma di Gesù - e Giuseppe suo sposo erano a Betlemme quando
«giunse per lei il tempo di partorire e diede alla luce il suo figlio
primogenito. Lo avvolse in fasce e lo depose in una mangiatoia,
perché per loro non cera posto nellalbergo. In quella stessa regione
si trovavano dei pastori: vegliavano allaperto e di notte facevano la
guardia al loro gregge». Un angelo si presentò loro avvolto di luce e
annunciò che era nato un bambino straordinario, che chiamò Messia e
Signore.
Altri angeli, volando in cielo, cantavano: «Gloria a Dio nel più alto dei cieli e pace in terra agli uomini che egli ama» - Lasinello
e il bue ci sono nel Vangelo? - Sono nominati, ma non nel racconto
degli avvenimenti di Betlemme: un’antica profezia di Isaia aveva
parlato di questi due animali domestici, così laboriosi e pacifici. La
tradizione dei primi cristiani li vuole vicino alla grotta assieme alle
pecorelle e ai pastori. – Papà, è arrivato il nonno, ha portato
“l’angelo della gloria”. Ma la mamma ci sta chiamando a tavola: il
pranzo è pronto! Nonno, dopo pranzo ci racconti la storia del presepe?
Ci parli dei re Magi?… - Va bene, va bene, ma solo più tardi. Tanti
e tanti anni fa i cristiani, per sentire più intensamente la festa
del Natale e viverla con maggiore religiosità, presero a sceneggiare
quelle pagine di Vangelo dove si raccontano i fatti riguardanti la
nascita di Gesù. Dalla semplice lettura del Vangelo si passò così alla
sacra rappresentazione, con personaggi veri e talvolta anche
animali
veri; i costumi indossati erano simili a quelli illustrati nei mosaici
delle chiese e nei bassorilievi dei sarcofagi; il testo sacro veniva
recitato e cantato come a teatro, anche se con uno spirito diverso. Il
risultato in qualche caso fu così eccezionale, che molta gente
proveniente da altri paesi o rioni della stessa città vollero
vederlo. Ci furono molte repliche e se ne parlò a lungo. Qualcuno
pensò di perpetuare il Natale per tutto lanno e scolpì in legno o in
marmo i personaggi di Betlemme: a Roma, nella basilica di Santa Maria
Maggiore, ancor oggi si può ammirare un prezioso esempio di presepe in
marmo del Milleduecento. Le statue, ad altezza naturale, sono di
Arnolfo di Cambio: vi troviamo la Madonna col Bambino sulle
ginocchia, san Giuseppe, il bue e lasinello; davanti alla Madonna cè
uno dei re Magi
prostrato in adorazione, mentre gli altri due, in piedi, offrono i
loro doni. Ma il presepe così come lo conosciamo noi, con la grotta al
centro e tutti gli uomini che vanno verso il Bambino,
fu
inventato da Francesco di Assisi, il santo ottimista amante della
natura, che predicava alle rondini e salutava cortesemente le pecore e
gli agnelli. Francesco ci ha lasciato nel presepe un mondo piccolo e
ideale, che luomo può costruire con le sue mani ma deve inventare ogni
anno, senza venir meno alle piccole leggi del ricordo e del simbolo:
altrimenti il presepe non porta più un messaggio e diventa solo un
gioco. Leggiamo nelle cronache del tempo che Francesco – qualche tempo
prima di intonare il suo Cantico delle creature in cui,
prestando voce agli elementi, loda Dio per fratello Sole e fratello
Vento, per sorella Acqua e sorella luna, per fratello Fuoco e sorella
morte – inventò a Greccio, vicino a Rieti, il primo presepe. Francesco
era famoso in tutta la cristianità per la vita che conduceva: da quando
si era spogliato dei suoi abiti davanti al vescovo per ridarli al
genitore, molti giovani avevano lasciato beni e professione per
seguirlo nel suo ideale di povertà. Egli parlava del Vangelo con tale
entusiasmo che la gente e persino gli uccelli lo ascoltavano attenti.
Nell’anno 1210 era stato a Roma da papa Onorio III e gli aveva chiesto
l’approvazione della sua Regola di vita con i fratelli, in povertà
assoluta, predicando il Vangelo nella semplicità, Il papa aveva
elogiato il suo nuovo modo di essere cristiano e gli aveva permesso di
costituire una famiglia religiosa. Mentre tutti pensavano alla guerra e
a vendicare torti veri o presunti egli, “armato” del perdono e della
parola di Gesù, nel 1219 partì crociato in oriente: fu ricevuto dal
sultano al-Malik- al-Kamil e potè visitare i pace i luoghi santi della
vita del Signore. Il ricordo più intenso di questo viaggio fu la visita
alla grotta di Betlemme ove il Signore volle nascere nella povertà.
Un giorno un nobiluomo di nome Giovanni, incontrando Francesco, gli
chiese cosa doveva fare per seguire le vie del Signore. Francesco gli
disse di prepararsi e preparare il Natale. Allora quel tale fece
costruire una stalla, vi fece portare del fieno e condurre un bove e un
asino. Poi arrivò dicembre… La notte di
Natale del 1223 molti pastori e contadini, artigiani e povera gente si
avviarono verso la grotta che Giovanni da Greccio aveva preparato per
Francesco. Alcuni avevano portato doni per farne omaggio al Bambino e
dividerli con i più poveri. Francesco disse di volere celebrare un rito
nuovo, più intenso e partecipato; per questo aveva chiesto il permesso
al papa. Inviò un sacerdote, che su un altare improvvisato celebrò la
Messa. Francesco, attorniato dai suoi frati, cantò il Vangelo.
Francesco stava davanti alla mangiatoia ricolmo di pietà, cosparso di
lacrime, traboccante di gioia. Dopo il canto del Vangelo, “Fratelli –
dice Francesco – questa è la festa delle feste. Oggi Dio si fa piccolo
infante e succhia un seno di donna”. La commozione è tale che Francesco
stesso si sente egli stesso un bambino e comincia a balbettare, come
fanno appunto i bambini. Allora fu visto
«dentro la mangiatoia un bellissimo bambino addormentato che il beato
Francesco, stringendo con ambedue le braccia, sembrava destare dal
sonno». Fra i testimoni del miracolo molti erano personaggi degni di
fede e questo contribuì a divulgare la notizia in tutto il Lazio,
lUmbria e la Toscana fino a Genova e Napoli: ovunque ci fosse un
convento e ovunque si festeggiasse il Natale. Da
quel miracolo molti trassero benefici spirituali e corporali: alcuni si
convertirono e diventarono più buoni, altri presero il fieno della
mangiatoia di Greccio e lo usarono come medicina contro i malanni
degli uomini e delle bestie; una donna, travagliata da un parto
difficile, trovò forza e pace... Nacque
felicemente un bambino e fu festa per tutta la casa. Tutto il paese
sapeva di questi prodigi e teneva memoria di quella notte santa, quando
un Bambino era apparso a Francesco, che aveva voluto ricostruire
lambiente del primo Natale in un bosco dellAppennino. La vita riprese
serenamente nei conventi dove abitavano gli amici di Francesco, nei
casolari dei contadini e nelle città dove Francesco andava
predicando
la pace fra le fazioni avverse e le famiglie ostili. Un giorno di
dicembre un frate molto timorato di Dio chiese a Francesco «se anche a
Natale rimaneva lobbligo di non mangiare carne, dato che quellanno
cadeva di venerdì». Francesco, con ferma dolcezza, lo apostrofò: “Tu
pecchi, fratello, a chiamare venerdì il giorno in cui è nato per noi il
Bambinello”. Questa è festa grande, diceva, e raccomandava che anche
agli amici animali quel giorno fosse dato cibo in abbondanza e che il
bue e l’asinello avessero una doppia razione di biada. Il suo
insegnamento venne poi raccolto dai valligiani e dai contadini: spesso
le fanciulle delle contrade dove Francesco era passato spargevano al
vento e per le strade granaglie e frumento, perché le allodole e i
pettirossi, gli scriccioli e le tortore selvatiche non avessero a
soffrire per mancanza di cibo. Questa è la storia vera del presepe, e
adesso andiamo a stendere il cielo con la stella cometa, a mettere la
neve sugli alberi e le montagne, a imbiancare la città, a far volare
l’angelo della gloria tra le
stelle lucenti. – Nonno, ma perché quest’anno l’angelo reca una scritta
strana? E’ la solita scritta: “Gloria a Dio nel più alto dei cieli e
pace in terra agli uomini che egli ama”; solo che è in inglese, in
russo, in arabo e in cinese. - Ma tu, nonno, sai leggere il ci-nese? - No, e nemmeno il russo e larabo. Ma Gesù è amico di tutti i bambini del mondo e parla di pace in ogni lingua e paese.
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Grazie carissime amiche per l'arricchimento
di questo suggestivo argomento...
4 PASSI NELLA VIA...DEI PRESEPI
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