"Dove andremo a germogliare?".
"Chissà?".
"Solo il vento lo sa".
Un
mattino il soffione fu afferrato dalle dita invisibili e forti del
vento. I semi partirono attaccati al loro piccolo paracadute e volarono
via, ghermiti dalla corrente d'aria.
"Addio... addio", si salutavano i piccoli semi.
Mentre
la maggioranza atterrava nella buona terra degli orti e dei prati, uno,
il più piccolo di tutti, fece un volo molto breve e finì in una
screpolatura del cemento di un marciapiede. C'era un pizzico di polvere
depositato dal vento e dalla pioggia, così meschino in confronto alla
buona terra grassa del prato.
"Ma è tutta mia!", si disse il semino. Senza pensarci due volte, si rannicchiò ben bene e cominciò subito a lavorare di radici.
Davanti
alla screpolatura nel cemento c'era una panchina sbilenca e
scarabocchiata. Proprio su quella panchina si sedeva spesso un giovane.
Era un giovane dall'aria tormentata e lo sguardo inquieto. Nubi nere gli
pesavano sul cuore e le sue mani erano sempre strette a pugno.
Quando
vide due foglioline dentate verde tenero che si aprivano la strada nel
cemento. Rise amaramente: "Non ce la farai! Sei come me!", e con un
piede le calpestò.
Ma il giorno dopo vide che le foglie si erano rialzate ed erano diventate quattro.
Da
quel momento non riuscì più a distogliere gli occhi dalla testarda
coraggiosa pianticella. Dopo qualche giorno spuntò il fiore, giallo
brillante, come un grido di felicità.
Per
la prima volta dopo tanto tempo il giovane avvilito sentì che il
risentimento e l'amarezza che gli pesavano sul cuore cominciavano a
sciogliersi. Rialzò la testa e respirò a pieni polmoni. Diede un gran
pugno sullo schienale della panchina e gridò: "Ma certo! Ce la possiamo
fare!".
Aveva voglia di piangere e di ridere. Sfiorò con le dita la testolina gialla del fiore.
Le
piante sentono l'amore e la bontà degli esseri umani. Per il piccolo e
coraggioso Dente di Leone la carezza del giovane fu la cosa più bella
della vita.