Vida Bardiyaz è nata a Teheran, in Iran, nel 1959, e vive in Italia da oltre 20 anni.
Si è laureata a Genova, in Scienze Politiche, ed ha conseguito un dottorato di ricerca in Scienze Sociali.
E' traduttice dall'Italiano al Farsi e dal Farsi all'Italiano. Ha pubblicato su varie riviste traduzioni da poeti
e narratori contemporanei iraniani, tra cui Forugh Farrokhzad e Sadegh Hedayat.
Seconda classificata, nel 1995, nel concorso letterario Eks&Tra, promosso dalla casa editrice Fara,
è stata inserita nelle antologie Le voci dell'arcobaleno e Parole oltre i confini, dello stesso editore.
Ha pubblicato su varie riviste traduzioni da poeti e narratori contemporanei iraniani, tra cui Forugh Farrokhzad e Sadegh Hedayat.
Personalmente amo le sue poesie, in particolare "La nonna" perchè mi riporta, con dolcezza e malinconia,
all'infanzia, ed a una nonna che assomiglia tanto a questa....
Quando la nonna era quelle piccole guance rosse nell'allegra cornice di due trecce birbanti e quegli occhi grandi curiosi ardenti nell'incontro dell'immagine e la sorpresa il giorno vagava nell'aria come un aquilone arancione la realtà era il continuo volo della fantasia nei distesi azzurri la via la traccia delle libellule nei freschi cespugli di campanule e la meta l'angolo estivo di formiche in festa dell'abbondanza del cibo e del lavoro.
Quando il sonno era colmo del lungo sussurro delle favole pregna dell'enigma del cielo e della segreta meta del rivo quando la voglia del sapere impudente divampava fino ai confini di domande quando le onde inquiete delle dita si modellavano nello scrivere o nel disegnare nel tocco di una forma o nella scoperta di un segreto la nonna era un'aria densa e bianca che sapeva di pioggia.
Cos'è il cielo? La casa di Dio. Chi è Dio. Dio... è Dio! E la vastità del mare? Inghiotte le fanciulle ribelli! E la destinazione delle vie? Il buio in un castello orrido! E il sogno? E' solo per il risveglio.
E così la vergine trasparenza dell'infanzia si rigò delle aguzze ombre dei precetti: i segreti e le libellule rimasero soli nei verdi sentieri dell'infanzia; le distese azzurre si svuotarono del senso di contemplazione; lo sguardo s'è impigliato nello specchio. La gioventù germogliava nella morbidezza rosea del petto. Quando la nonna era un fertile pistillo nello stampo bianco della sposa il cielo il cielo, come era lontano!
Il tempo fluiva dietro le finestre, gli alberelli si maturavano in silenzio e il gonfiore della crescita sbocciava i bozzoli in farfalle; ma la nonna appuntata nello sterile guscio della casa era soltanto l'utero e il seno uno sguardo all'altezza del soffitto, alla lunghezza del muro un pensiero pieno di bucato steso al vento. Dietro le tende chiuse e nel torpore della mente l'azzurro fluente dell'orizzonte si rapprendeva nello stagno della finestra e il morbido flusso delle dita nello stampo di un mezzo che sapeva di cipolla! Dietro le tende chiuse e nel torpore della mente il cielo era un senso disperso fra la preghiera e il punto in cui i letti raggiungono la notte. Ora la nonna è morta ed è nostalgia quel luccichio umido negli occhi. Nostalgia della madre: di quelle mani, prodighe quanto l'amore dell'abbraccio che sapeva di latte e di rifugio. Nostalgia della moglie: di quel corpo arreso alla brama e all'ira la nostalgia delle spalle che facevano giungere dal muro alla finestra.
Ora la nonna è morta, ma nessuno è nostalgico della fanciulla dagli occhi grandi e curiosi nessuno pensa alla metamorfosi del fine in mezzo e della nonna in femmina; nessuno si chiederà mai quell'inquieto flusso delle dita quale messaggio avesse.
Domani! Quando il domani accenderà di nuovo il giorno nelle finestre la bufera del tempo soffierà nelle trame della stasi e la nonna sarà il posto vuoto di un vaso nella polvere sul tavolo nel passaggio del vento.
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