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PELLEROSSA ED ALTRE CULTURE: NON AMO CHE LE ROSE CHE NON COLSI - STORIA E POESIA DI UNA FRASE MAGICA
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Respuesta  Mensaje 1 de 1 en el tema 
De: Tony Kospan  (Mensaje original) Enviado: 06/06/2012 13:22
 
 
 

  
 
 
 
 

  
 
 
 
NON AMO
CHE LE ROSE CHE NON COLSI
a cura di Tony Kospan
 
 
  
 
 
 
  
Divisorio
 
 
 
 
Chi di noi non conosce questa frase?
 
 
Ma penso che pochi sappiano come me…
prima di scoprirlo,
 in quale circostanza sia stata scritta
e da chi…
 
 
Gironzolando tra le amate poesie
ho trovato la soluzione…
che mi fa paicere condividere con voi...
  
 
 
 
  
  
 
E’ in una strofa di questa poesia,
 apparentemente sognante e birichina,
ma profondamente crepuscolare
di Guido Gozzano…
 
 
Il mio sogno è nutrito d’abbandono,
di rimpianto. Non amo che le rose
che non colsi. Non amo che le cose
che potevano essere e non sono
state… Vedo la case, ecco le rose
del bel giardino di vent’anni or sono!
 
 
Ci parla di sé…  bambino...
ma già ammiratore
di una… Cocotte… vicina di casa…
che avendogli donato un furtivo bacio…
ed un confetto…
è rimasta scolpita nel suo cuore…
  
 
 
 
  
 
 
 
Gozzano si abbandona languidamente ai ricordi
di quel volto… di quei volti…
di quei luoghi e di quelle emozioni…
che dopo tanti anni vivono ancora forti in lui…
e però è fermo lì nella sola contemplazione…
 
E’ una poesia, per me carinissima,
che rallegra il cuore…
unendo freschezza e profumi…
in un ampio caldo affresco
 avvolto in forte romanticismo…
  
Ma il suo successo è dovuto soprattutto
a quella frase…
“non amo che le rose che non colsi”.
 
 
 
              
 
 
 
 
 
  
COCOTTE
(Guido Gozzano)
 
I
Ho rivisto il giardino, il giardinetto
contiguo, le palme del viale,
la cancellata rozza dalla quale
mi protese la mano ed il confetto…
 
II
«Piccolino, che fai solo soletto?»
«Sto giocando al Diluvio Universale.»
Accennai gli stromenti, le bizzarre
cose che modellavo nella sabbia,
ed ella si chinò come chi abbia
fretta d’un bacio e fretta di ritrarre
la bocca, e mi baciò di tra le sbarre
come si bacia un uccellino in gabbia.
Sempre ch’io viva rivedrò l’incanto
di quel suo volto tra le sbarre quadre!
La nuca mi serrò con mani ladre;
ed io stupivo di vedermi accanto
al viso, quella bocca tanto, tanto
diversa dalla bocca di mia Madre!
«Piccolino, ti piaccio che mi guardi?
Sei qui pei bagni? Ed affittate là?»
«Sì… vedi la mia mamma e il mio Papà?»
Subito mi lasciò, con negli sguardi
un vano sogno (ricordai più tardi)
un vano sogno di maternità…
«Una cocotte!…»
«Che vuol dire, mammina?»
«Vuol dire una cattiva signorina:
non bisogna parlare alla vicina!»
Co-co-tte… La strana voce parigina
dava alla mia fantasia bambina
un senso buffo d’ovo e di gallina…
Pensavo deità favoleggiate:
i naviganti e l’Isole Felici…
Co-co-tte… le fate intese a malefici
con cibi e con bevande affatturate…
Fate saranno, chi sa quali fate,
e in chi sa quali tenebrosi offici!
 
III
Un giorno – giorni dopo – mi chiamò
tra le sbarre fiorite di verbene:
«O piccolino, non mi vuoi più bene!…»
«è vero che tu sei una cocotte?»
Perdutamente rise… E mi baciò
con le pupille di tristezza piene.
 
IV
Tra le gioie defunte e i disinganni,
dopo vent’anni, oggi si ravviva
il tuo sorriso… Dove sei, cattiva
Signorina? Sei viva? Come inganni
(meglio per te non essere più viva!)
la discesa terribile degli anni?
 
Oimè! Da che non giova il tuo belletto
e il cosmetico già fa mala prova
l’ultimo amante disertò l’alcova…
Uno, sol uno: il piccolo folletto
che donasti d’un bacio e d’un confetto,
dopo vent’anni, oggi ti ritrova
in sogno, e t’ama, in sogno, e dice: T’amo!
Da quel mattino dell’infanzia pura
forse ho amato te sola, o creatura!
Forse ho amato te sola! E ti richiamo!
Se leggi questi versi di richiamo
ritorna a chi t’aspetta, o creatura!
 
Vieni! Che importa se non sei più quella
che mi baciò quattrenne? Oggi t’agogno,
o vestita di tempo! Oggi ho bisogno
del tuo passato! Ti rifarò bella
come Carlotta, come Graziella,
come tutte le donne del mio sogno!
 
Il mio sogno è nutrito d’abbandono,
di rimpianto. Non amo che le rose
che non colsi. Non amo che le cose
che potevano essere e non sono
state… Vedo la case, ecco le rose
del bel giardino di vent’anni or sono!
 
Oltre le sbarre il tuo giardino intatto
fra gli eucalipti liguri si spazia…
Vieni! T’accoglierà l’anima sazia.
Fa ch’io riveda il tuo volto disfatto;
ti bacierò; rifiorirà, nell’atto,
sulla tua bocca l’ultima tua grazia.
 
Vieni! Sarà come se a me, per mano,
tu riportassi me stesso d’allora.
Il bimbo parlerà con la Signora.
Risorgeremo dal tempo lontano.
Vieni! Sarà come se a te, per mano,
io riportassi te, giovine ancora.
 
 
  
  
 


 
 
 
 
 
Vincenzo Irolli
 
 
 
 
 
Ed ora... in ideale dolce collegamento...
 floreale…
 
  
 
 
[youtube=http://www.youtube.com/watch?v=iokPv-4PXAo]
 
 

 
 
CIAO DA TONY KOSPAN
 
 
 

 
 
 
 
 
SE AMI LA POESIA…
IL SUO FANTASTICO MONDO…
E LE SUE  SUBLIMI EMOZIONI…
 
 
 
 


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