In gioventù fu pastore:Si era sposato a diciott’anni soprattutto per ubbidire a papà. Michele Battista, giovane spagnolo d’inizio Seicento, si sente decisamente portato alla vita religiosa e negli studi riesce anche bene. Ma è anche figlio unico di modesti agricoltori, che diventati anziani reclamano il suo aiuto nel lavoro dei campi e gli organizzano la vita, a cominciare dalla moglie. Si sposa dunque, più per ubbidienza che per amore, ma sedici mesi dopo si ritrova già vedovo. Come a dire che l’uomo propone e Dio dispone. E così il giovanotto, reso maturo dagli eventi, trova il coraggio di far prevalere le sue inclinazioni sulle aspettative dei genitori e, non senza contrasti familiari, a vent’anni se ne ritorna in convento, tra i Minori Francescani. Non però per diventare sacerdote, perché come San Francesco si sente profondamente indegno, ma, con il nuovo nome di Fra Bonaventura, come umile religioso, che per diciassette anni gira i vari conventi della Catalogna per fare, di volta in volta, il cuoco, il portinaio, l’infermiere o il questuante. Fra Bonaventura si dimostra un frate che prega molto, ubbidisce allegramente, vive una vita ritirata e mortificata. E compie cose prodigiose. Chi gli vive accanto è testimone di fatti che hanno del miracoloso e che lasciano intravedere il suo grado di unione con Dio e la perfezione nella vita religiosa che giorno per giorno si sforza di raggiungere. Sente che il Signore vuole da lui un impegno particolare per rinnovare lo spirito francescano con l’istituzione dei “Ritiri”, che altro non è che un ritorno alla spiritualità e alla povertà francescana delle origini e allora parte in direzione di Roma. Strada facendo crescono i nuovi “Ritiri” di cui lui, umile fratello laico, è chiamato ad essere superiore, anche se, come per ogni “riforma” che si rispetti, non gli mancano i contrasti e le difficoltà. La sua “marcia su Roma” si conclude nella città eterna, dove trova ad attenderlo un’umanità sofferente e bisognosa, afflitta dalle continue epidemie, dalla povertà cronica, dalle scorribande nemiche. Da vero figlio di San Francesco si fa in quattro per aiutare tutti come può, ed è così sollecito e premuroso che lo ribattezzano, lui, spagnolo purosangue, “l’apostolo di Roma”. La riforma francescana che sta attuando, oltre alle critiche ed alle ostilità, gli attira anche i consensi delle autorità ecclesiastiche e dello stesso papa, da Alessandro VII a Innocenzo XI, dai quali arriva anche l’approvazione pontificia agli statuti dei suoi “Ritiri”. Tutti sono stupiti dei doni di spiritualità e di grazia che si ammirano in quel frate e dei prodigi che si verificano attorno a lui, come la firma di Dio sul suo operato. A Roma muore, poco più che sessantenne, l’11 settembre 1684 e la riconoscenza dei romani si trasforma subito in venerazione, che S. Pio X ratifica ufficialmente il 10 giugno 1906, proclamando solennemente beato l’umile Fra Bonaventura da Barcellona.
Autore: Gianpiero Pettiti
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