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De: rom*  (Mensaje original) Enviado: 15/12/2012 21:41

Sparatoria a scuola Uccisi venti bambini

 

MAURIZIO MOLINARI

 

GIANNI RIOTTA

ESTERI

15/12/2012 - IL CASO

Non bastano leggi e polizia

per fermare la follia del Male

La Casa Bianca sa che non sarà una

norma sulle armi a fermare le stragi

«Ho aperto Twitter, dice che la mamma è morta,

ma continuo a sperare»: la frase della signora

Hassinger, figlia di una delle vittime della strage

di Newton in Connecticut, parla di morte nell’era

digitale. I bambini cadono uno dopo l’altro nella

loro scuola.

Una delle scuole belle, ben organizzate, con il

campo da baseball e da calcio che il mondo

invidia agli yankee del Connecticut, sotto i colpi

di un killer, Adam Lanza, che uccide la mamma,

maestra, il fratello, lontano in New Jersey, e un

convivente, secondo le prime notizie. E le

mamme, i fratelli, poi i cronisti si tengono legati

alla catena di Facebook, da cui emerge subito il

volto del killer - vero o presunto che sia che

importa?, basta sia un volto umano, basta ci si

possa tranquillizzare che non sia un mostro, un alieno -, di Twitter, dei blog, per capire che succede, quali

sono i bambini sommersi, quali i salvati.

Usciti dalle aule, gli scolari superstiti davano interviste alla tv con la freddezza dei veterani, in mezz’ora la

loro infanzia, come accade ai coetanei nelle zone di guerra, è perduta, sono usciti di casa innocenti in

attesa di Babbo Natale, tornano con il cuore pesante degli adulti.

Il presidente Barack Obama ha pianto in diretta, commentando la notizia, la sua voce s’è rotta, ha

asciugato le lacrime: ho visto commossi tanti presidenti americani da Carter in avanti, ho scritto di

Reagan e Clinton sul punto di piangere, ma non ricordo il pianto di un presidente in carica, davanti alla

nazione. È un pianto di impotenza. L’uomo più potente del pianeta Terra, quello che ai tempi della

Guerra Fredda si chiamava «leader del Mondo Libero», piange di dolore e di frustrazione. Sa che non

basta una legge contro le armi, che pure la sua base gli chiede, per eliminare la violenza assurda che

ormai è diventata stagionale, il «New York Times» informa subito che «è la settima strage più violenta»,

come fosse la classifica del Campionato della Morte. Nella Scandinavia felice le armi da guerra non sono

popolari come in Texas, eppure Breivik ha fatto strage con ferocia che associamo all’alienazione

americana.

Obama piange, come tanti cronisti alla scuola della strage, come le mamme che stringono un bambino

salvato, come quelle che non celebreranno Natale e Channuca con i figli, come i tanti genitori, in America

e nel mondo, che provano a spiegare a casa, «Perché Newtown?». Il Presidente intellettuale, il Presidente

che voleva governare il paese e il pianeta con idee, concetti, teorie, piange perché sa che il «Perché» di

Newtown non c’è. Armi in eccesso, certo, perfino lo scrittore liberal Jonathan Franzen, nella sua

intervista alla «Stampa» del 29 ottobre, invocava il II Emendamento alla Costituzione come difesa del

libero porto d’armi: è un assurdo e Franzen ha torto, l’Emendamento parla di armi ai cittadini

«nell’ambito di una ben regolata milizia», non in mano ai matti. Un nuovo Brady Bill contro le armi

automatiche serve ma non è panacea. Follia personale del killer Lanza, che guida per miglia da Hoboken,

in New Jersey, fino a Newtown in Connecticut, per uccidere dopo il fratello, la mamma maestra e i suoi

scolari, forse un amico: certo. Ma leggi strettissime sulle armi, consultori psichiatrici diffusi, «le riforme»

che ieri notte da internet tanti invocavano dalla Casa Bianca, basterebbero a evitare che Newtown sia solo

una nuova stazione della Via Crucis delle stragi? No: e le lacrime in diretta del presidente Obama

testimoniano questa frustrazione, è tra noi una violenza che non sappiamo reprimere con il diritto e la

polizia, non sappiamo sradicare con la psichiatria libera che sognavano i medici ribelli Cooper e Basaglia,

non riusciamo a isolare con le comunità solidali. I credenti parlano del Maligno, della lotta che oppone il

Bene e la Luce al Male e al Buio nella nostra vita e nel nostro destino. I laici propongono leggi e

pianificazioni, ma infine avvertono un limite oscuro, drammatico, che la razionalità del diritto non sa

oltrepassare e civilizzare: il male.

Alla fine della campagna elettorale che ha vinto non senza difficoltà, Obama piange perché sente che nel

nostro mondo post industriale, nell’epoca globale delle emigrazioni, dei nuovi lavori, delle identità

digitali, quando il Papa teologo, Benedetto XVI sceglie Twitter per il suo apostolato e gli imam islamici

più saggi dalla rete predicano pace, troppi di noi brancolano nell’isolamento, in una pazzia lucida, nella

necessità di dare morte, non cercare vita, come dice la Scrittura «preferiscono le tenebre alla luce».

Piange il Presidente ancora giovane che ieri sembrava invecchiato, canuto, perché non c’è ordine nel suo

paese e nel mondo, e in troppi paesi, in Asia e in Africa, la brutale strage che in America o in Norvegia è

ancora eccezione, è vita quotidiana. Piange perché, come tutti noi, sa di vivere in un mondo in cui perfino

Twitter, il dolce, benigno, affettuoso Twitter che scandisce di notizie e sorrisi la nostra giornata può ad

ogni istante ricordarci che il nostro mondo si spezza, «Ho aperto Twitter, dice che la mamma è morta».

Quando la speranza va off line, le lacrime, dei Grandi e degli Umili, sono la sola risposta umana.

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