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General: LA FAMOSA MELENCOLIA DI DURER - ARTE ED ERMETISMO
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Respuesta  Mensaje 1 de 1 en el tema 
De: Orso Tony  (Mensaje original) Enviado: 14/01/2013 16:13
 
 
 
 
 
Albrecht Dürer
(Norimberga, 21 maggio 1471 – Norimberga, 6 aprile 1528)
è stato un pittore, incisore e matematico tedesco.
 
 
 
 
 
Dürer di origine ungherese, è considerato
il massimo esponente della pittura tedesca del rinascimento.
 
 
A seguito di contatti veneziani con  ambienti neoplatonici
s'avvicinò alle conoscenze esoteriche ed ermetiche....
di cui la sua MELENCOLIA è la massima espressione artistica...
 
 
 


LA MELENCOLIA DI DURER
 
 
 
Albrecht Dürer Melencolia I incisione a bulino, 1514
 
 
 
La materia al nero degli alchimisti
è chiamata anche "primo segno" dell’opus
poichè senza annerimento non ci sarà bianchezza.


A.J.Pernety, Dictionnaire Mytho-Hermétique, 1758
 
 
 
 
 
 
Melencolia I, detta anche Melancholia I (1514), è parte di un trittico di incisioni di Albrecht Dürer che comprende le allegorie di tre classi di virtù e tre sfere di attività secondo una classificazione ancora medioevale.
 
 
 
Il Cavaliere (II)
 
 
 
Nel trittico, Il Cavaliere, la morte e il diavolo rappresentava la sfera morale e S. Girolamo nella cella quella della teologia e della meditazione.
 
 
 
San Girolamo nello studio (III)
 
 
 
 
ESAMINIAMO I SIMBOLI PRESENTI NELL'OPERA
 
 
Melencolia I simboleggiava invece la sfera intellettuale dominata dal pianeta Saturno, secondo la tradizione astrologica legato al sentimento della melanconia, a istituire una connessione fra il mondo razionale delle scienze e quello immaginativo dell’arte.
Nello sfondo, incorniciata da un arcobaleno "lunare", brilla una cometa, inquietante simbolo notturno capace di suscitare sentimenti melanconici.Le chiavi rappresentano la conoscenza che sola può liberare l’uomo dallo stato melancolico della sua ricerca, e infatti in fondo portato da un pipistrello vi è una luce che rischiara le tenebre.
Tutta l’opera è disseminata dei simboli della cono-scienza alchemica.
 
 
  

 
 
Il personaggio principale della scena è la figura femminile dell’angelo che, seduta su un gradino, con la mano sinistra sorregge il capo mentre nella destra stringe un compasso, strumento indispensabile nella misurazione non solo delle cose e degli spazi terreni, ma anche della distanza tra finito e infinito.
Il volto è in ombra ed emerge, per contrasto, lo sguardo fisso in avanti e perso nel vuoto.
 Il lungo abito non lascia intravedere alcuna forma anatomica ed è modellato con una serie di pieghe dal sapore baroccheggiante.
Dal fianco pende un mazzo di chiavi, mezzo e strumento per aprire le porte dell’ignoto ed avere accesso alla conoscenza.
La figura allegorica dell’angelo è simbolo dell’impotenza creativa del genio dominato e, forse, momentaneamente domato dall’umore nero, dall’umore malinconico.
Un personaggio spesso associato, a livello esoterico, con il mondo dell’alchimia.
Il titolo dell’opera di Dürer è stampato su un cartiglio sorretto da un pipistrello da sempre simbolo della morte.
Malinconia, dunque, come morte della creatività, come momento di stasi.
Un arcobaleno dai tratti netti e precisi incornicia un arco di cielo attraversato da una cometa dal nucleo brillante che si orienta da nord–ovest a sud–est e farebbe pensare alla cometa apparsa nei cieli dell’occidente negli anni 1513 – 1514.
Più che a un dato negativo e in correlazione con la bilancia (fine dei tempi), con la clessidra e con la meridiana quali simboli precipitosi degli avvenimenti di un ciclo che finisce, l’arcobaleno è un elemento positivo che, di contro alla negatività del pipistrello, rappresenta la speranza di superare l’attuale stato di abbattimento e dell’impossibilità creativa.
Arcobaleno e stella cometa illuminano un tratto di mare, forse l’Adriatico, e le terre in lontananza, quelle veneziane, da sempre più libere alle sperimentazioni scientifiche e alle meditazioni filosofiche in un rapporto più diretto con il mondo orientale.
 
 
 

 
 

 
Sulla parete dell’edificio, in alto a destra e quasi sfiorato dall’ala sinistra dell’angelo, è scolpito il quadrato magico numerico di quarto ordine, ossia simmetrico, la cui somma dei numeri opposti all’angolo dà 17 (16 +1; 13 +4; 10 + 7; 11 + 6).
Nella credenza rinascimentale si riteneva che combattesse la malinconia di origine saturnina e fu collegato dagli astrologi con Giove.
L’ultima fila di numeri del quadrato può essere letta come la data di realizzazione dell’opera, 1514, ed i numeri 1 e 4 corrispondenti alle iniziali del nome e cognome dell’artista A(lbrecht) D(ürer) oppure sinonimi di A(nno) D(omini).
La sfera e il tetraedro troncato suggeriscono la base matematica dell’arte del costruire, mentre strumenti di carpenteria giacciono inutilizzati al suolo.
Secondo studi recenti il quadrato numerico è strettamente collegato al poliedro che in un disegno preparatorio poggiava su di una grande lastra quadrangolare la cui forma è interamente dedotta dal quadrato magico.
Alle pareti dell’edificio, quasi in posizione speculare, sono appesi una bilancia ed una clessidra; il primo non solo simbolo di giustizia, ma anche strumento presente in tutte le botteghe degli alchimisti, l’altro porta con sé varie simbologie: dal lento ed inesorabile fluire del tempo fino alla vanità delle cose terrene. Il tempo che passa e, quindi, la clessidra, può essere la metafora di una vita regolata che tende a Dio, al mondo sovrannaturale ed è anche quanto viene suggerito dalla scala che non è solo uno strumento che serve per innalzare edifici, ma diventa simbolo dell’ascesa dal mondo delle apparenze al mondo della conoscenza in perfetta simbiosi sia con il credo cristiano che con la filosofia neoplatonica.
Tutto è immobile, un momento di sospensione suprema e un’atmosfera di silenzio, è sottolineato dal levriero accucciato ai piedi dell’angelo quale servitore fedele e quasi sopraffatto dal masso alle sue spalle geometricamente modellato che sembra delimitare uno spazio protetto in cui potersi accucciare e non ribellarsi a niente e nessuno, neanche a quella fame che lo ha ormai ridotto ad una forma scheletrica al limite di una naturale sopravvivenza.
 

 
 
 
 
“Io Albrecht Dürer di Norimberga, all’età di 28 anni,
con colori eterni ho creato me stesso a mia immagine” 
 
 
 
 
 
Fonti da vari siti web 
 
 
 
CIAO DA TONY KOSPAN 
 
 
 
 
 
 
CULTURA CON LEGGEREZZA
  



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