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De: Lelina (Mensaje original) |
Enviado: 30/04/2013 18:54 |
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Origini del
Primo maggio |
Il 1° maggio nasce il 20 luglio
1889, a Parigi. A lanciare l'idea è il congresso della Seconda Internazionale,
riunito in quei giorni nella capitale francese : "Una grande manifestazione
sarà organizzata per una data stabilita, in modo che simultaneamente in tutti i
paesi e in tutte le città, nello stesso giorno, i lavoratori chiederanno alle
pubbliche autorità di ridurre per legge la giornata lavorativa a otto ore e di
mandare ad effetto le altre risoluzioni del Congresso di Parigi". Poi,
quando si passa a decidere sulla data, la scelta cade sul 1 maggio. Una scelta
simbolica: tre anni prima infatti, il 1 maggio 1886, una grande manifestazione
operaia svoltasi a Chicago, era stata repressa nel sangue.
Man mano che
ci si avvicina al 1 maggio 1890 le organizzazioni dei lavoratori intensificano
l'opera di sensibilizzazione sul significato di quell'appuntamento.
"Lavoratori - si legge in un volantino diffuso a Napoli il 20 aprile
1890 - ricordatevi il 1 maggio di far festa. In quel giorno gli operai di tutto
il mondo, coscienti dei loro diritti, lasceranno il lavoro per provare ai
padroni che, malgrado la distanza e la differenza di nazionalità, di razza e di
linguaggio, i proletari sono tutti concordi nel voler migliorare la propria
sorte e conquistare di fronte agli oziosi il posto che è dovuto a chi lavora.
Viva la rivoluzione sociale! Viva l'Internazionale!". Monta intanto un clima
di tensione, alimentato da voci allarmistiche: la stampa conservatrice
interpreta le paure della borghesia, consiglia a tutti di starsene tappati in
casa, di fare provviste, perché non si sa quali gravi sconvolgimenti potranno
accadere.
Da parte loro i governi, più o meno liberali o autoritari,
allertano gli apparati repressivi. In Italia il governo di Francesco Crispi
usa la mano pesante, attuando drastiche misure di prevenzione e vietando
qualsiasi manifestazione pubblica sia per la giornata del 1 maggio che per la
domenica successiva, 4 maggio.
In diverse località, per incoraggiare la
partecipazione del maggior numero di lavoratori, si è infatti deciso di far
slittare la manifestazione alla giornata festiva.
Del resto si tratta di
una scommessa dall'esito quanto mai incerto: la mancanza di un unico centro
coordinatore a livello nazionale - il Partito socialista e la Confederazione
generale del lavoro sono di là da venire - rappresenta un grave handicap dal
punto di vista organizzativo. Non si sa poi in che misura i lavoratori saranno
disposti a scendere in piazza per rivendicare un obiettivo, quello delle otto
ore, considerato prematuro da gran parte dei dirigenti del movimento operaio
italiano o per testimoniare semplicemente una solidarietà internazionale di
classe.
Proprio per questo la riuscita del 1 maggio 1890 costituisce una
felice sorpresa, un salto di qualità del movimento dei lavoratori,che per la
prima volta dà vita ad una mobilitazione su scala nazionale, per di più
collegata ad un'iniziativa di carattere internazionale.
In numerosi
centri, grandi e piccoli, si svolgono manifestazioni, che fanno registrare quasi
ovunque una vasta partecipazione di lavoratori. Un episodio significativo accade
a Voghera, dove gli operai, costretti a recarsi al lavoro, ci vanno vestiti a
festa. "La manifestazione del 1 maggio - commenta a caldo Antonio Labriola -
ha in ogni caso superato di molto tutte le speranze riposte in essa da
socialisti e da operai progrediti. Ancora pochi giorni innanzi, la opinione di
molti socialisti, che operano con la parola e con lo scritto, era alquanto
pessimista". Anche negli altri paesi il 1 maggio ha un'ottima riuscita:
"Il proletariato d'Europa e d'America - afferma compiaciuto Fiedrich Engels
- passa in rivista le sue forze mobilitate per la prima volta come un solo
esercito. E lo spettacolo di questa giornata aprirà gli occhi ai capitalisti".
Visto il successo di quella che avrebbe dovuto essere una rappresentazione
unica, viene deciso di replicarla per l'anno successivo. Il 1 maggio 1891
conferma la straordinaria presa di quell'appuntamento e induce la Seconda
Internazionale a rendere permanente quella che, da lì in avanti, dovrà essere la
"festa dei lavoratori di tutti i
paesi".
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Tra
Ottocento e Novecento |
Inizia così la tradizione del 1
maggio, un appuntamento al quale il movimento dei lavoratori si prepara con
sempre minore improvvisazione e maggiore consapevolezza. L'obiettivo originario
delle otto ore viene messo da parte e lascia il posto ad altre rivendicazioni
politiche e sociali considerate più impellenti. La protesta per le condizioni di
miseria delle masse lavoratrici anima le manifestazioni di fine Ottocento.
Il 1 maggio 1898 coincide con la fase più acuta dei "moti per il pane",
che investono tutta Italia e hanno il loro tragico epilogo a Milano. Nei primi
anni del Novecento il 1 maggio si caratterizza anche per la rivendicazione del
suffraggio universale e poi per la protesta contro l'impresa libica e contro la
partecipazione dell'Italia alla guerra mondiale.
Si discute intanto sul
significato di questa ricorrenza: giorno di festa, di svago e di divertimento
oppure di mobilitazione e di lotta ?
Un binomio, questo di festa e
lotta, che accompagna la celebrazione del 1 maggio nella sua evoluzione più che
secolare, dividendo i fautori dell'una e dell'altra
caratterizzazione.
Qualcuno ha inteso conciliare gli opposti, definendola
una "festa ribelle", ma nei fatti il 1 maggio è l'una e l'altra cosa insieme, a
seconda delle circostanze più lotta o più festa.
Il 1 maggio 1919 i
metallurgici e altre categorie di lavoratori possono festeggiare il
conseguimento dell'obiettivo originario della ricorrenza: le otto ore.
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Il
ventennio fascista |
Nel volgere di due anni però la
situazione muta radicalmente: Mussolini arriva al potere e proibisce la
celebrazione del 1 maggio.
Durante il fascismo la festa del lavoro viene
spostata al 21 aprile, giorno del cosiddetto Natale di Roma; così snaturata,
essa non dice più niente ai lavoratori, mentre il 1 maggio assume una
connotazione quanto mai "sovversiva", divenendo occasione per esprimere in forme
diverse - dal garofano rosso all'occhiello alle scritte sui muri, dalla
diffusione di volantini alle bevute in osteria - l'opposizione al
regime.
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Dal
dopoguerra a oggi |
All'indomani della Liberazione,
il 1 maggio 1945, partigiani e lavoratori, anziani militanti e giovani che non
hanno memoria della festa del lavoro, si ritrovano insieme nelle piazze d'Italia
in un clima di entusiasmo.
Appena due anni dopo il 1 maggio è segnato
dalla strage di Portella della Ginestra, dove gli uomini del bandito Giuliano
fanno fuoco contro i lavoratori che assistono al comizio.
Nel 1948 le
piazze diventano lo scenario della profonda spaccatura che, di lì a poco,
porterà alla scissione sindacale. Bisognerà attendere il 1970 per vedere di
nuovo i lavoratori di ogni tendenza politica celebrare uniti la loro
festa.
Le trasformazioni sociali, il mutamento delle abitudini ed anche
il fatto che al movimento dei lavoratori si offrono altre occasioni per far
sentire la propria presenza, hanno portato al progressivo abbandono delle
tradizionali forme di celebrazione del 1 maggio.
Oggi un'unica grande
manifestazione unitaria esaurisce il momento politico, mentre il concerto rock
che da qualche anno Cgil, Cisl e Uil organizzano per i giovani sembra aderire
perfettamente allo spirito del 1 maggio, come lo aveva colto nel lontano 1903
Ettore Ciccotti: "Un giorno di riposo diventa naturalmente un giorno di
festa, l'interruzione volontaria del lavoro cerca la sua corrispondenza in una
festa de'sensi; e un'accolta di gente, chiamata ad acquistare la coscienza delle
proprie forze, a gioire delle prospettive dell'avvenire, naturalmente è portata
a quell'esuberanza di sentimento e a quel bisogno di gioire, che è causa ed
effetto al tempo stesso di una festa".
fonte: Cgil di
Roma e del Lazio - Archivio Storico "Manuela Mezzelani"
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La Festa del lavoro o Festa dei lavoratori è una festività celebrata il 1º maggio
di ogni anno che intende ricordare l'impegno del movimento sindacale ed
i traguardi raggiunti in campo economico e sociale dai lavoratori. La
festa del lavoro è riconosciuta in molte nazioni del mondo ma non in
tutte.
Origini internazionali
Più precisamente, con essa si
intendono ricordare le battaglie operaie volte alla conquista di un
diritto ben preciso: l'orario di lavoro quotidiano fissato in otto ore
(r.d.l. n. 692/1923). Tali battaglie portarono alla promulgazione di
una legge che fu approvata nel 1867[1] nell'Illinois (USA). La Prima Internazionale richiese poi che legislazioni simili fossero introdotte anche in Europa.
L'origine della festa risale ad una manifestazione organizzata negli Stati Uniti dai Cavalieri del lavoro (Knights of Labor, associazione fondata nel 1869) a New York il 5 settembre 1882. Due anni dopo, nel 1884,
in un'analoga manifestazione i Cavalieri del lavoro approvarono una
risoluzione affinché l'evento avesse una cadenza annuale. Altre
organizzazioni sindacali affiliate all'Internazionale dei lavoratori -
vicine ai movimenti socialisti ed anarchici - suggerirono come data
della festività il primo maggio.
Ma a far cadere definitivamente la scelta su questa data furono i gravi incidenti accaduti nei primi giorni di maggio del 1886 a Chicago (USA) e conosciuti come rivolta di Haymarket. Questi fatti ebbero il loro culmine il 4 maggio quando la polizia sparò sui manifestanti provocando numerose vittime.
L'allora presidente Grover Cleveland
ritenne che la festa del primo maggio avrebbe potuto costituire
un'opportunità per commemorare questo episodio. Successivamente, temendo
che la commemorazione potesse risultare troppo a favore del nascente
socialismo, stornò l'oggetto della festività sull'antica organizzazione
dei Cavalieri del lavoro.
La data del primo maggio fu adottata in Canada nel 1894 sebbene il concetto di festa del lavoro sia in questo caso riferito a precedenti marce di lavoratori tenute a Toronto e Ottawa nel 1872.
In Europa la festività del primo maggio fu ufficializzata dai delegati socialisti della Seconda Internazionale riuniti a Parigi nel 1889 e ratificata in Italia due anni dopo.
La Festa dei Lavoratori in Italia
In Italia la festività fu soppressa durante il ventennio fascista - che preferì festeggiare una autarchica Festa del lavoro italiano il 21 aprile in coincidenza con il Natale di Roma - ma fu ripristinata subito dopo la fine del conflitto mondiale, nel 1945.
Nel 1947 la ricorrenza venne funestata a Portella della Ginestra (PA) quando, la banda di Salvatore Giuliano sparò su un corteo di circa duemila lavoratori in festa, uccidendone undici e ferendone una cinquantina.
Dall'anno 1990 i sindacati italiani CGIL, CISL e UIL organizzano annualmente a Roma un concerto per celebrare il primo maggio (vedi Concerto del Primo Maggio a Roma a cui partecipano annualmente centinaia di migliaia di persone).
Le prime vittime della storia operaia in Italia
Le prime vittime della storia operaia furono napoletane. Nell’estate del 1863, accade un triste episodio a Portici, nel cortile delle officine di Pietrarsa. Una vicenda storica poco conosciuta, ma riportata dai documenti del “Fondo Questura” dell’Archivio di Stato di Napoli.
Dopo l’Unità d’Italia, il Real Opificio Borbonico di Pietrarsa,
il più grande e importante della penisola, passa alla proprietà di
Jacopo Bozza. Costui, artificiosamente, prima dilata l’orario di lavoro
abbassando nello stesso tempo gli stipendi, poi taglia in maniera
progressiva il personale mettendo in ginocchio la produzione. Il 23
giugno 1863, a seguito delle proteste del personale, promette di
reimpiegare centinaia di operai licenziati tra i 1050 impiegati al 1860.
Sui muri dello stabilimento compare
questa scritta: "muovetevi artefici, che questa società di ingannatori e
di ladri con la sua astuzia vi porterà alla miseria". Sulle pareti
prossime ai bagni vengono segnate col carbone queste parole: “Morte a Vittorio Emanuele II, il suo Regno è infame, la dinastia Savoia muoia per ora e per sempre”.
La promessa di Bozza è uno dei tanti
bluff che l’impresario nasconde continuando a rassicurare i lavoratori e
attenuando la loro ira elargendo metà della paga concessa dal nuovo
Governo, una sorta di prima forma di cassa-integrazione.
Il 31 luglio 1863 gli operai scendono
ad appena 458 mentre a salire è la tensione. Bozza da una parte
promette pagamenti che non rispetterà, dall’altra minaccia nuovi
licenziamenti che decreterà.
La provocazione supera il limite della pazienza e al primo pomeriggio del 6 agosto 1863, il Capo Contabile dell’opificio di Pietrarsa,
Sig. Zimmermann, chiede alla pubblica sicurezza sei uomini con
immediatezza perché gli operai che hanno chiesto un aumento di stipendio
incassano invece il licenziamento di altre 60 unità. Poi implora
addirittura l’intervento di un Battaglione di truppa regolare dopo che
gli operai si sono portati compatti nello spiazzo dell’opificio in
atteggiamento minaccioso.
Convergono la Guardia Nazionale Italiana, i Bersaglieri e i Carabinieri,
che circondano il nucleo industriale. Al cancello d’ingresso trovano
l’opposizione dei lavoratori e calano le baionette. Al segnale di trombe
al fuoco, sparano sulla folla, sui tanti feriti e sulle vittime. Le
forze dell'ordine parlano di sole due vittime e sei feriti trasportati
all’Ospedale. Ma i morti sono almeno quattro: Luigi Fabbricini, Aniello
Marino, Domenico Del Grosso e Aniello Olivieri. Sono questi i nomi
accertati dei primi martiri della storia operaia italiana.
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