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De: Orso Tony (Mensaje original) |
Enviado: 29/04/2013 20:02 |
La poetica di Neruda spazia
dal senso di vicinanza alla natura... all'impegno sociale e politico,
dalla difesa del sud del mondo... all'amore in ogni suo aspetto.
Negli ultimi anni però si avvicinò anche a temi morali
e raccontò il suo pensiero sul senso della vita.
NERUDA LA SUA POETICA D'AMORE
ED ALCUNE POESIE
a cura di Tony Kospan
II PARTE
Qui parleremo della sua poetica d'amore... che poi non è quella che apprezzava di più... essendo convinto che le sue poesie più importanti fossero quelle di natura sociale....
Invece sono proprio le poesie d'amore che lo fanno ritenere oggi uno dei più grandi poeti in assoluto ed in particolare... il più grande cantore dell'amore... .
Amore che lui canta in ogni suo aspetto… e senza confini… se non quelli... umani...
L’amore da vivere in modo intenso… totale… senza riserve... per un’ora… per un giorno o per la vita…
I suoi versi non mostrano parole raffinate o sublimi nè paroloni… tantomeno contorsioni da decifrare... ma vocaboli semplici… naturali a volte perfino umili… eppure però capaci di donarci nell’armonia e musicalità dei versi ed in quella dei concetti espressi… grandiose coinvolgenti emozioni…
Tuttavia non possiamo, anche se solo per un attimo, non dare uno sguardo anche alla sua tematica poetica complessiva.
Egli appare nei suoi versi un osservatore della la vita umana nei suoi vari aspetti… con passione, intensità ed in modo quasi incantato.
Ma è proprio "cantando" la "normalità" del vivere che i suoi versi acquistano significati universali.
Infatti viene da molti definito anche... "Il profeta dell'Uomo"...
Certo l’ideale sarebbe leggere le sue poesie in originale per coglierne al massimo la musicalità… – nonostante la massima libertà metrica – ma ritengo che la lettura in italiano non la danneggi poi molto vista la vicinanza linguistica con lo spagnolo.
Tornando alla sua poetica d’amore essa è caratterizzata anche da un ritmo incalzante che ci conquista… ci avvolge… ci coinvolge… ci prende l’anima… con stupore e calore.
Neruda non ha alcuna remora a mostrare, quasi denudandosi, il suo temperamento caldo e passionale.
Stupisce infine questo suo cantare l’amore in modo sempre giovanile ed emozionante nonostante le grandi e gravi vicissitudini della sua vita…
Ma passiamo dalla teoria alla... pratica... leggendo alcune sue poesie d’amore… da me scelte per questa occasione... (tralasciando in questa sede quelle di genere più erotico che saranno eventualmente oggetto di un post ad hoc) alle quali mi piacerebbe che voi ne aggiungeste altre dal suo vastissimo repertorio.
Tony Kospan
E’ OGGI
E’ oggi: tutto l’ieri andò cadendo entro dita di luce e occhi di sogno, domani arriverà con passi verdi: nessuno arresta il fiume dell’aurora. Nessuno arresta il fiume delle tue mani, gli occhi dei tuoi sogni, beneamata, sei tremito del tempo che trascorre tra luce verticale e sole cupo, e il cielo chiude su te le sue ali portandoti, traendoti alle mie braccia con puntuale, misteriosa cortesia. Per questo canto il giorno e la luna, il mare, il tempo, tutti i pianeti, la tua voce diurna e la tua pelle notturna
IL TUO SORRISO
Toglimi il pane, se vuoi, toglimi l’ aria, ma non togliermi il tuo sorriso. Non togliermi la rosa, la lancia che sgrani, l’acqua che d’ improvviso scoppia nella tua gioia, la repentina onda d’argento che ti nasce. Dura è la mia lotta e torno con gli occhi stanchi, a volte, d’ aver visto la terra che non cambia, ma entrando il tuo sorriso sale al cielo cercandomi ed apre per me tutte le porte della vita. Amore mio, nell’ ora più oscura sgrana il tuo sorriso, e se d’ improvviso vedi che il mio sangue macchina le pietre della strada, ridi, perché il tuo riso sarà per le mie mani come una spada fresca. Vicino al mare, d’autunno, il tuo riso deve innalzare la sua cascata di spuma, e in primavera, amore, voglio il tuo riso come il fiore che attendevo, il fiore azzurro, la rosa della mia patria sonora. Riditela della notte, del giorno, delle strade contorte dell’isola, riditela di questo rozzo ragazzo che ti ama, ma quando apro gli occhi e quando li richiudo, quando i miei passi vanno, quando tornano i miei passi, negami il pane, l’aria, la luce, la primavera, ma il tuo sorriso mai, perché io ne morrei.
XLIV SONETTO
Saprai che non t’amo e che t’amo perché la vita è in due maniere, la parola è un’ala del silenzio, il fuoco ha una metà di freddo. Io t’amo per cominciare ad amarti, per ricominciare l’infinito, per non cessare d’amarti mai: per questo non t’amo ancora. T’amo e non t’amo come se avessi nelle mie mani le chiavi della gioia e un incerto destino sventurato. Il mio amore ha due vite per amarti. Per questo t’amo quando non t’amo e per questo t’amo quando t’amo.
da Cento sonetti d’amore
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XVII SONETTO
Non t’amo come se fossi rosa di sale, topazio o freccia di garofani che propagano il fuoco: t’amo come si amano certe cose oscure, segretamente, tra l’ombra e l’anima. T’amo come la pianta che non fiorisce e reca dentro di sé, nascosta, la luce di quei fiori; grazie al tuo amore vive oscuro nel mio corpo il concentrato aroma che ascese dalla terra.
T’amo senza sapere come, né quando, né da dove, t’amo direttamente senza problemi né orgoglio: così ti amo perché non so amare altrimenti che così, in questo modo in cui non sono e non sei, così vicino che la tua mano sul mio petto è mia, così vicino che si chiudono i tuoi occhi col mio sonno.
da Cento sonetti d’amore
XLVIII SONETTO
Due amanti felici fanno un solo pane, una sola goccia di luna nell’erba, lascian camminando due ombre che s’unisco, lasciano un solo sole vuoto in un letto. Di tutte le verità scelsero il giorno: non s’uccisero con fili, ma con un aroma e non spezzarono la pace né le parole. E’ la felicità una torre trasparente. L’aria, il vino vanno coi due amanti, gli regala la notte i suoi petali felici, hanno diritto a tutti i garofani. Due amanti felici non hanno fine né morte, nascono e muoiono più volte vivendo, hanno l’eternità della natura.
da Cento sonetti d’amore
IL RAMO RUBATO
Nella notte entreremo a rubare un ramo fiorito. Passeremo il muro, nelle tenebre del giardino altrui, due ombre nell'ombra. Ancora non se n'è andato l'inverno, e il melo appare trasformato d'improvviso in cascata di stelle odorose. Nella notte entreremo fino al suo tremulo firmamento, e le tue piccole mani e le mie ruberanno le stelle. E cautamente nella nostra casa, nella notte e nell'ombra, entrerà con i tuoi passi il silenzioso passo del profumo e con i piedi stellati il corpo chiaro della Primavera.
SETE DI TE M’INCALZA
Sete di te m’incalza nelle notti affamate. Tremula mano rossa che si leva fino alla tua vita. Ebbra di sete, pazza di sete, sete di selva riarsa. Sete di metallo ardente, sete di radici avide. Verso dove, nelle sere in cui i tuoi occhi non vadano in viaggio verso i miei occhi, attendendoti allora. Sei piena di tutte le ombre che mi spiano. Mi segui come gli astri seguono la notte. Mia madre mi partorì pieno di domande sottili. Tu a tutte rispondi. Sei piena di voci. Ancora bianca che cadi sul mare che attraversiamo. Solco per il torbido seme del mio nome. Esista una terra mia che non copra la tua orma. Senza i tuoi occhi erranti, nella notte, verso dove. Per questo sei la sete e ciò che deve saziarla. Come poter non amarti se per questo devo amarti. Se questo è il legame come poterlo tagliare, come. Come, se persino le mie ossa hanno sete delle tue ossa. Sete di te, sete di te, ghirlanda arroce e dolce. Sete di te, che nelle notti mi morde come un cane. Gli occhi hanno sete, perchè esistono i tuoi occhi. La bocca ha sete, perchè esistono i tuoi baci. L’anima è accesa di queste braccia che ti amano. Il corpo, incendio vivo che brucerà il tuo corpo. Di sete. Sete infinita. Sete che cerca la tua sete. E in essa si distrugge come l’acqua nel fuoco.
da Il Fromboliere Entusiasta
Ed infine in formato video...
[youtube=http://www.youtube.com/watch?v=fjgn0r1PJes]
F I N E
CIAO DA TONY KOSPAN
Chi desiderasse leggere la romanzesca
storia della vita di Pablo Neruda
con immagini sue... ed altre poesie...
POESIE?
UN MODO DIVERSO DI VIVERLE??
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De: haiku04 |
Enviado: 02/05/2013 14:36 |
Pablo Neruda - Pelleas e Melisanda
Melisanda: Il suo corpo è un’ostia fine, minuscola e lieve. Ha gli occhi azzurri e le mani di neve. Nel parco gli alberi sembran congelati, gli uccelli si ferman su di essi stanchi.
Le sue trecce bionde toccano l’acqua dolcemente come due braccia d’oro sbocciate dalla fonte. Ronza il volo perduto delle civette cieche. Melisanda s’inginocchia e prega.
Gli alberi s’inclinano fino a toccar la sua fronte. Gli uccelli s’allontanano nella sera dolente. Melisanda, la dolce, piange presso la fonte.
L’incantesimo: Melisanda, la dolce, ha smarrito la strada: Pelleas, giglio azzurro d’un giardino imperiale, la reca tra le braccia, come un cesto di frutta.
Il colloquio meravigliato: Pelleas: Io andavo lungo il sentiero, tu venivi, il mio amore cadde tra le tue braccia, il tuo amore tremò nelle mie. Da allora il mio cielo di notte ebbe stelle e per raccoglierle la tua vita si fece fiume. Per te ogni roccia che toccheranno le mie mani dev’essere sorgente, aroma, frutto e fiore.
Melisanda: Per te ogni spiga deve stringere il suo grano e in ogni spiga deve sgranarsi il mio amore.
Pelleas: M’impedirai, in cambio, di guardare la strada quando verrà la morte per lasciarla tronca.
Melisanda: Ti copriranno i miei occhi come una doppia benda.
Pelleas: Mi parlerai d’una strada che non finirà mai. La musica che occulto per incantarti fugge lungi dalla canzone che gorgoglia e rimbalza: come una via lattea dal mio petto fluisce.
Melisanda: Tra le tue braccia s’impigliano le stelle più alte. Ho paura. Perdona se non son giunta prima.
Pelleas: Un tuo sorriso cancella tutto un passato: conservino le tue dolci labbra ciò che è ormai distante.
Melisanda: In un bacio saprai tutto ciò che ho taciuto.
Pelleas: Forse non saprò allora conoscere la tua carezza perchè nelle mie vene il tuo essere si sarà fuso.
Melisanda: Quando morderò un frutto tu saprai la sua delizia.
Pelleas: Quando chiuderai gli occhi resterò addormentato.
La chioma: Pesante, densa e rumorosa, alla finestra del castello la chioma dell’Amata è un lampadario giallo.
- Le tue mani bianche sulla mia bocca. - La mia fronte sulla tua fronte di luna.
Pelleas, ebbro, barcolla sotto la selva profumata.
- Melisanda, un levriero ulula per le strade del villaggio.
- Ogni volta che ululano i levrieri muoio di spavento, Pelleas.
- Melisanda, un corsiero galoppa presso il bosco d’allori.
- Tremo, Pelleas, nella notte quando galoppano i corsieri.
- Pelleas, qualcuno m’ha toccato la tempia con una mano fine.
- Sarà un bacio del tuo amato o l’ala d’una rondinella.
Alla finestra del castello è un lampadario giallo la chioma miracolosa.
Ebbro, Pelleas impazzisce. Anche il suo cuore vorrebbe essere una bocca che la bacia.
La morte di Melisanda: All’ombra degli allori Melisanda sta morendo.
Morirà il suo corpo lieve. Sotterreranno il suo dolce corpo. Uniranno le sue mani di neve. Lasceranno aperti i suoi occhi perchè illuminino Pelleas fino a dopo che sarà morto.
All’ombra degli allori Melisanda muore in silenzio. Per lei piangerà la fonte un pianto tremulo e eterno.
Per lei pregheranno i cipressi inginocchiati sotto il vento. Vi saran galoppi di corsieri, latrati lunari di cani.
All’ombra degli allori Melisanda sta morendo.
Per lei il sole nel castello si spegnerà come un infermo.
Per lei morirà Pelleas quando lo porteranno al sepolcro.
Per lei vagherà di notte, moribondo per i sentieri. Per lei calpesterà le rose, inseguirà le farfalle e dormirà nei cimiteri.
Per lei, per lei, per lei Pelleas, il principe, è morto.
Canzone degli amanti morti:
Lei era bella ed era buona. Perdonala, Signore! Lui era dolce ed era triste. Perdonalo, Signore!
S’addormentava tra le sue braccia bianche come un’ape in un fiore. Perdonalo, Signore!
Amava le dolci canzoni, lei era una dolce canzone! Perdonala, Signore!
Quando parlava era come se qualcuno avesse pianto nella sua voce. Perdonalo, Signore!
Lei diceva: ‘Ho paura. Sento una voce in lontananza.’ Perdonala, Signore!
Lui diceva: ‘La tua piccola mano sulle mie labbra.’ Perdonalo, Signore!
Guardavano insieme le stelle. Non parlavano d’amore.
Quando moriva una farfalla piangevano entrambi. Perdonali, Signore!
Lei era bella ed era buona. Lui era dolce ed era triste. Morirono dello stesso dolore.
Perdonali, perdonali, Perdonali, Signore!
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Sapevo che eri tu Haiku...
anche se da tanto non avevamo il piacere di leggerti.
E' con gioia quindi che ti rileggo...
e come al solito non posso che complimentarmi
per la bellezza del contributo...
Stupenda la gif...
Ciaoooooooooo |
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De: haiku04 |
Enviado: 03/05/2013 01:07 |
E' vero, purtroppo ogni tanto sono un po' latitante, quando il tempo è poco.... ma ci sono!
Grazie come sempre per la considerazione che mi fa tanto ma tanto piacere! |
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