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De: lucy46 (Mensaje original) |
Enviado: 06/05/2013 11:30 |
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MYmovies 2013 - Fabio Secchi Frau
Di recente, si spengono molte stelle e Roma, madre del
cinema italiano, le accoglie tutte nel suo cimitero. L'ultima di queste è
un'interprete che, anche se non proprio sotto la luce dei riflettori, è
stata "vitale" in quegli anni in cui la capitale d'Italia era la mecca
del cinema internazionale. Quegli anni in cui saliva la febbre della
Hollywood italiana, si faceva un gran parlare di Cinecittà, della "dolce
vita" e si giravano melodrammoni carichi di conflitti insanabili, i
primi musicarelli, ma anche grandissimi kolossal che sarebbero entrati
nella storia del cinema. Sguardo enigmatico e labbra sottili, Milly Vitale
con il suo visino vivace e vispo (che quasi la faceva apparire superba)
è stata una presenza scenica rassicurante del cinema di casa nostra e,
anche se dimenticata, fu capace di delineare nei suoi personaggi quella
tipica leggerezza che tutto il mondo ci invidiava.
Figlia del direttore d'orchestra Riccardo Vitale e della coreografa russa Natasha Shidlowski, studentessa al Lycee Chateaubriand, nella sua carriera lunga 40 anni circa, questa attrice italiana ha collezionato ben 57 pellicole nella sua filmografia.
Il suo esordio è con Giacomo Gentilomo nella trasposizione cinematografica de I fratelli Karamazoff (1947), ma la pellicola che l'ha portata alla notorietà, distinguendola fra attori come Massimo Girotti, Delia Scala e Ave Ninchi - che pure saranno suoi colleghi in numerosissime altre pellicole -, è stata Anni difficili di Luigi Zampa,
girato nello stesso anno. Nell'epoca in cui a Cinecittà, un attore o
un'attrice riuscivano a girare anche otto film all'anno, la vediamo
davanti all'obiettivo dei drammatici Bonnard e Brignone o dei più comici Mastrocinque e Bianchi, mentre divide il set con Vittorio Gassman, Marcello Mastroianni, Gino Cervi e, addirittura, Orson Welles.
Diventa Nandina, l'amante di Vittorio De Sica ne Cameriera bella presenza offresi... (1951) di Giorgio Pastina, in un cast che accoglie il fior fiore del cinema Anni '50 tutto italiano: Elsa Merlini, la Masina, Alberto Sordi, Aldo Fabrizi, i De Filippo, Isa Miranda e nomi della rivista come Enrico Viarisio e Aroldo Tieri. L'anno seguente, ritorna a recitare con Massimo Girotti nel melodramma di Matarazzo Il tenente Giorgio e, quasi senza accorgersene, passa ad Hollywood con Edward Dmytryk che la affiancherà ad un Kirk Douglas in versione ebraica ne I perseguitati (1953), primissimo passo della sua avventura americana.
Il cinema francese, nella persona del regista Marc Allégret, la vorrà per film come Femmina - I cavalieri dell'illusione (1954) e L'amante di Paride (1954), entrambi con Hedy Lamarr, poi recita nella fumosa criminal story made in italy Acque amare (1954) di Serbio Corbucci. Ma la vera soddisfazione professionale la ritrova nel film Eravamo sette fratelli (1954) di Melville Shavelson, dove recita accanto a Bob Hope e James Cagney, nella storia della stella del vaudeville Eddie Foy
che, rimasto vedovo e padre di sette figli, con una carriera in
declino, decide di far lavorare con sé i suoi figli. Il ruolo diventa
suo dopo l'incontro con l'attore americano Dan Dailey che sarà uno dei maggiori responsabili della sua scalata nel cinema americano.
Dopo una piccola apparizione in Guerra e pace (1956) di King Vidor, torna in Italia e interpreta Porta un bacione a Firenze, pellicola accompagnata da canzoni di Claudio Villa, Nilla Pizzi
e Spadaro, dove interpreta Simonetta, una ragazza che (strana
coincidenza) torna in Italia, a Firenze, dopo aver vissuto per un breve
periodo in America. Ma non sarà la sola pellicola in cui è protagonista:
nella sua carriera, ad offrirle ruoli di maggiore spessore visivo, sarà
il regista Giorgio Walter Chili con drammoni come Prigioniera della torre di fuoco (1952), Disonorata senza colpa (1953) e Il giglio infranto (1955).
Con gli anni Sessanta, il matrimonio con il petroliere Vincent Lee Hillyer (primo marito della principessa iraniana Fatemeh Pahlevi) e la nascita del suo primo figlio Edoardo LeRoy, la presenza di Milly Vitale si fa meno frequente, per non dire del tutto assente. Due eccezioni: Carlo Ludovico Bragaglia che la dirigerà nello storico Annibale (1960) con Victor Mature e Gabriele Ferzetti, e un ritorno hollywoodiano con Michael Curtiz in Olympia, in una piccola parte accanto a Maurice Chevalier, Angela Lansbury e Sophia Loren,
ma per rivederla ancora una volta sarà necessario compiere un salto nel
1968, quando compare, per la prima volta nel cinema italiano, il
personaggio del dottor Guido Tersilli ne Il medico della mutua (1968) di Luigi Zampa (che poi la rivorrà in Contestazione generale, 1970).
Dopo il divorzio dal primo marito, è inserita nella corte del Re di Francia, ai tempi di Mazzarino e Scaramouche, ne La grande avventura di Scaramouche (1970) di Piero Pienotti.
Poi abbandona il cinema ed il suo nome è destinato ad echeggiare solo
con la sua morte. I suoi film sono carichi (qualunque sia il genere) di
lotte di classe, avidità, corruzione e accesa rivalità, pellicole sui
conflitti spinti da ambizione ed arroganza, dove tutto termina con una
perenne ricerca della felicità. Insomma, quei melodrammi che piacevano
tanto al pubblico popolare italiano... tanto quanto piaceva Milly
Vitale.
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