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De: Orso Tony (Mensaje original) |
Enviado: 16/06/2013 21:11 |
Charleville 20 10 1854 - Marsiglia 10 11 1891
BREVE BIOGRAFIA
Arhur Rimbaud il più maledetto dei poeti maledetti... nacque a Charleville nel 1854 in una buona famiglia borghese ma restò presto senza padre (scappato) e con una madre durissima.
Ebbe la classica educazione ma ben presto,
già a 10 iniziò a scriver poesie
ed a 16 si rivoltò contro le forme tradizionali
della buona società iniziando a vagabondare per la città e vivendo esperienze di ogni tipo
comprese quelle della droga, delcool e del carcere ma anche leggendo di tutto.
L'incontro con Paul Verlaine, di cui divenne amico, rapresentò per lui un momento decisivo di consapevolezza delle sue capacità poetiche e letterarie.
Nel 1870 fu ospitato a Parigi da Verlaine a casa sua dove viveva con la moglie.
Verlaine l'introdusse negli ambienti letterari parigini (circolo di poeti parnassiani) ed ecco come lo definì tal Léon Valade «poeta terrificante e selvaggio più che timido».
In pratica il poeta dalla faccia di bambino affascinava e sconvolgeva il circolo per le sue capacità artistiche e per la sua depravazione.
Henri Fantin Latour - I poeti maledetti - (Verlaine e Rimbaud a sinistra)
Proprio dal '70 e per 5 anni scrisse tutte le sue opere letteriarie frequentando Verlaine, con cui fece dei viaggi a Londra e Bruxelles, fino al 1873 quando l'amico poeta mise fine alla loro relazione sparandogli un colpo di pistola e ferendolo.
Dopo di ciò abbandonò la poesia ed addirittura distrusse tutti i suoi scritti iniziando una vita di avventure e peripezie... in giro per il mondo.
Fece l'insegnante, lo scaricatore di porto, il mercenario,
il capomastro etc... ed infine il commerciante in Abissinia
Intanto Verlaine pubblicava le sue "Illuminazioni" nel 1886.
Tornato in Francia per curar un tumore al ginocchio vi mori a 32 anni.
LA SUA RIVOLUZIONARIA POETICA
Oscillando tra Victor Hugo ed i parnassiani ma soprattutto volendo cambiare tutti i canoni preesistenti perfino quelli degli innovatori prima di lui come Baudelaire giunse ad una poesia detta della sensazione ovvero delle emozioni totali senza filtri nè controlli.
Nei suoi versi si uniscono pensieri odori musiche colori... in modo talmente libero da farlo considerare assolutamente unico e l'iniziatore dell'audacia assoluta in poesia...
ALCUNE SUE POESIE
SOGNATO PER L’INVERNO
Andremo, d’inverno, in un vagoncino rosa con tanti cuscini blu. Sarà dolce. Un nido di baci folli posa nei cantucci molli.
Tu chiuderai gli occhi, per non vedere dai vetri smorfiare l’ombre delle sere, la plebaglia di demoni e di lupi tetri, mostruosità arcigne e nere. Poi la tua guancia graffiare si sentirà… un piccolo bacio, un ragno matto, ti correrà sul collo…
Intanto tu mi dirai: “Cerca!”, chinando a me la testa prenderemo tempo a scovare quella bestia che viaggia così tanto…
PRIMA SERATA Ella era ben poco vestita E degli alberi grandi e indiscreti Flettevano i rami sui vetri Con malizia, vicino, vicino… Seduta sul mio seggiolone, Seminuda, giungeva le mani. Al suolo fremevano lieti i suoi piccolissimi piedi. Io guardavo, colore di cera, un piccolo raggio di luce sfarfallare nel suo sorriso e sul suo seno, mosca al rosaio. Le baciai le caviglie sottili. Ebbe un ridere dolce e brutale Che si sciolse in un limpido trillo, Un ridere grazioso di cristallo. I suoi piedini sotto la camicia Si salvarono: “Beh, vuoi finirla?”. La prima audacia era stata permessa, Ma ridendo fingeva di punirla! Baciai, palpitanti al mio labbro, I suoi timidissimi occhi; Lei ritrasse la sua testolina Esclamando: “Ma questo è ancor meglio!… Signore, ho qualcosa da dirvi…” Tutto il resto gettai sul suo seno In un bacio, del quale ella rise D’un riso che fu generoso… Ella era ben poco vestita E degli alberi grandi e indiscreti Flettevano i rami sui vetri Con malizia, vicino, vicino…
Donna Schuster - In The Garden - 1917
SENSAZIONE
Nelle azzurre sere d'estate, andrò per i sentieri, punzecchiato dal grano, a pestar l'erba tenera: trasognato sentirò la frescura sotto i piedi e lascerò che il vento mi bagni il capo nudo. Io non parlerò, non penserò più a nulla: ma l'amore infinito mi salirà nell'anima, e me ne andrò lontano, molto lontano come uno zingaro, nella Natura, lieto come con una donna.
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De: haiku04 |
Enviado: 16/06/2013 23:21 |
Sicuramente una personalità molto particolare: fece a pezzi tutte le convenzioni sociali e
letterarie di un tardo '800 placidamente assopito fra i rassicuranti guanciali della tradizione.
Anima irrequieta e sovversiva, attraversò come una meteora decadentismo,
simbolismo, surrealismo, contribuendo a produrne le espressioni più nobili e rivoluzionarie,
denigrò il perbenismo del suo paese natale, scappò di casa, attaccò Stato e istituzioni,
irruppe nel mondo artistico del tempo con un impeto distruttivo, indignò la borghesia,
sbeffeggiò la religione, sconfessò la morale, instaurò una relazione scandalosa col poeta Verlaine,
finì in carcere, vagabondò per mezza Europa, e alla fine riparò in Africa dove divenne
mercante d’armi e di schiavi, cacciatore d’avorio ed esploratore.
Un tumore al ginocchio, a 37 anni, lo costrinse a tornare in patria e gli venne amputata la gamba.
Morì poco dopo a causa dello stato avanzato del male.
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Scrisse questo grazioso poemetto a soli 16 anni
I
Sull'onda calma e nera dove le stelle dormono Fluttua la bianca Ofelia come un gran giglio, fluttua Lentissima, distesa sopra i suoi lunghi veli... - S'odono da lontano, nei boschi, hallalì.
Da mille anni e più la dolorosa Ofelia Passa, fantasma bianco, sul lungo fiume nero; Da mille anni e più la sua dolce follia Mormora una romanza al vento della sera.
La brezza le bacia il seno e distende a corolla Gli ampi veli, dolcemente cullati dalle acque; Le piange sull'omero il brivido dei salici, S'inclinano sulla fronte sognante le giuncaie.
Sgualcite, le ninfee le sospirano intorno; Ella ridesta a volte, nell'ontano che dorme, Un nido, da cui sfrùscia un batter d'ali: - Un canto misterioso scende dagli astri d'oro.
II
Pallida Ofelia! Come neve bella! In verde età moristi, trascinata da un fiume! - Calati dai grandi monti di Norvegia, i venti Ti avevano parlato di un'aspra libertà;
Poi che un soffio, attorcendoti la chioma folta, All'animo sognante recava strane voci; E il tuo cuore ascoltava la Natura cantare Nei sospiri della notte, nei lamenti dell'albero;
Poi che il grido dei mari dementi, immenso rantolo, Frantumava il tuo seno, fanciulla, umano troppo, e dolce; Poi che un mattino d'aprile, un bel cavaliere pallido Sedette, taciturno e folle, ai tuoi ginocchi!
Cielo! Libertà! Amore! Sogno, povera Folle! Là ti scioglievi come neve al fuoco: Le tue grandi visioni ti facevano muta - E il tremendo Infinito atterrì il tuo sguardo azzurro!
III
- E il Poeta racconta che al raggio delle stelle Vieni, la notte, a prendere i fiori che cogliesti, E che ha visto sull'acqua, stesa nei lunghi veli, Fluttuare bianca come un gran giglio Ofelia.
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