L’eterno conflitto tra dovere e passione
in questo grandissimo film...
I PONTI DI MADISON COUNTY
Uno dei più struggenti film d’amore degli anni ’90, imperniato, come sempre, su una impossibilità.
Un’altra conferma del classicismo di un regista che qui affronta di petto il genere, attraversandolo controcorrente.
Seduce l’ambientazione, fra l’incanto iperrealista del paesaggio rurale e la perfetta definizione delle scene di Jeannine Oppewall, nella superba fotografia romantica e chiaroscurata di Jack N. Green, con interventi musicali misuratissimi di Lennie Niehaus su un tema dello stesso Clint.
Bellissima l’immagine di lei che dal finestrino della macchina vede per l’ultima volta lui fermo sotto la pioggia.
LA TRAMA
Ricevendo il lascito testamentario della madre Francesca Johnson con la sconcertante richiesta che le sue ceneri vengano gettate nel fiume dal ponte Roseman, i due figli Michael e Caroline, spulciando tra le carte, trovano una lettera e tre diari della madre che raccontano loro dei fatali quattro giorni dell’autunno 1965 quando lei era sola in casa, mentre loro due insieme a loro padre Richard, erano partiti per alcuni giorni per una fiera di bestiame.
L’arrivo di Robert Kincaid, un fotografo del National Geografic giunto a fotografare i ponti coperti della zona, interrompe la monotonia della giornata per Francesca che lo accompagna al ponte; gli rivela la sua origine italiana, di Bari, dove lui è stato a far fotografie.
Robert, cordiale, le offre dei fiori; lei gli racconta che ha incontrato Richard, prima che diventasse suo marito, quando era militare a Napoli, durante l’ultima guerra.
La scena dell’incontro
La vita è tranquilla nell’Iowa, forse troppo: a poco a poco tra i due nasce un sentimento irrefrenabile che fa divampare la passione.
Una scena della loro passione…
Mentre lei capisce che l’uomo rappresenta tutto quello che ha sognato e che la tranquilla e ripetitiva esistenza campagnola non avrebbe mai potuto darle, lui sente nella passione totale della donna quell’appoggio che, dopo il divorzio, la sua vita vagabonda gli ha sempre negato.
La invita a fuggire con lui, ma lei capisce oscuramente che la magia non potrebbe durare, ed inoltre la trattengono il dovere verso l’incolpevole marito e i figli, che lo scandalo danneggerebbe in modo irreparabile.
Dopo quattro giorni di abbandono, interrotti da uno screzio subito sanato, lui la lascia.
La famiglia torna e andando col marito in città per spese, lei vede l’uomo un’ultima volta.
Lui le lancia un ultimo invito appendendo allo specchietto del furgone la crocetta da lei donatagli.
Ma pur tentata, Francesca resiste, e sta col marito fino alla morte.
Poi, un giorno... nel 1982, le giungono gli effetti del defunto Robert.
Le scene dell'addio e
della lettera con gli oggetti di Robert
I figli, dapprima turbati ed irritati per la storia, finiscono per comprendere la madre e anzi traggono spunto dalla sua esperienza per tentare di modificare i loro tesi rapporti matrimoniali.