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R I C O R D I: Betty Boop debutta il 9 agosto 1930
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Respuesta  Mensaje 1 de 2 en el tema 
De: lucy46  (Mensaje original) Enviado: 09/08/2013 07:11
 

 
 
9 agosto 1930 – Betty Boop debutta nel cartone animato Dizzy Dishes

Betty Boop è un celebre personaggio del mondo dell'animazione, degli anni 1932-1939. Ideato nel 1930, e realizzata nel 1932, dalla fantasia prolifica e irriverente dei fratelli Fleischer. La figura di Betty irruppe con una carica erotica imprevedibile nel panorama dell'animazione americana, punteggiata da bambini tondeggianti e animali parlanti. È la tipica flapper, cioè la ragazza alla moda del periodo jazz, irriverente e maliziosamente mascolina. Porta il taglio di capelli più alla moda del periodo, corti e frangiati, indossa un vestitino succinto che lascia scoperte le spalle e la giarrettiera, e pare più che consapevole del suo sex appeal ma è anche fornita di una buona dose di auto-ironia. Compare per la prima volta il 9 agosto 1930 nel cartone in bianco e nero di 6 minuti Dizzy Dishes, ma sotto forma di barboncina, nel 1932 compare per la prima volta come umana nel cortometraggio Bamboo Isle. Una figura a tal punto sovversiva, ispirata alla celebre cantante molto popolare negli anni '20 Helen Kane, non poteva durare a lungo. Dapprima le fu affiancato Koko il Clown, in seguito Bimbo, un cucciolo di cane, e infine Grumpy, un arzillo vecchietto, nel tentativo di stemperare i toni del cartone. Betty Boop è considerata come una dei primi e più famosi sex symbol dell'animazione cinematografica. Simbolo degli anni della Grande Depressione, ci porta alla mente gli spensierati anni dell'età del Jazz. La sua popolarità, Betty Boop la deve soprattutto al fatto di essersi rivolta a un pubblico adulto che intercettava, nelle sue storie apparentemente surreali, segnali ed elementi sessuali e psicologici. Clara Bow (1930) In Minnie the Moocher, risalta il personaggio di Betty come quello di un'adolescente dell'era moderna, in contrasto con i modi di un mondo vecchio come quello dei suoi genitori. Nel 1932, la cantante Helen Kane fece causa a Fleischer e alla Paramount Publix Corporation per 250.000 dollari, per aver sfruttato con una deliberata caricatura la sua immagine e la sua personalità. Fleischer si difese sostenendo che il suo era un personaggio di pura fantasia. In realtà, la Kane non era l'unico modello di Betty Boop: anche Clara Bow, la star della Paramount, poteva essere considerata come una Betty Boop reale. Le accuse di Helen Kane si basavano sul modo di parlare e cantare del cartoon, che richiamava un modo di parlare molto particolare che caratterizzava la Kane. Al processo, venne dimostrato che la cantante aveva assistito anni prima a una esibizione al Cotton Club di Baby Esther, un'artista afro americana che utilizzava la medesima tecnica che si richiamava al linguaggio dei bambini. Per il giudice, la "tecnica baby" per il canto non era nata con la Kane, per cui la cantante perse la causa. Nel 1934 le proteste del pubblico conservatore e l'applicazione del Codice Hays costrinsero Betty a dedicarsi alle faccende domestiche e ad accudire animali, sostituendo la storica mise con abiti castigati, e questa fu la sua fine. Abbandonò gli schermi nel 1939.



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Respuesta  Mensaje 2 de 2 en el tema 
De: sempreverde Enviado: 09/08/2013 09:30

L 9 AGOSTO 2010 Betty Boop ha soffiato allegramente su una torta con 80 candeline. E più passa il tempo, più il mito della prima e affascinante "eroina sexy" dei cartoni animati - invece di affievolirsi nella memoria - si rafforza mostrando un'attualità sorprendente e diffondendosi su scala planetaria con continui ritorni di gloria e popolarità. Merito di una intramontabile e originale carica ipnotica di femminilità, sensualità e passione - con la sua inconfondibile "grande testa a forma di arachide su un corpo mozzafiato" - che si è mantenuta intatta dagli anni Trenta del secolo scorso sino ai giorni nostri. Merito di un carattere "rivoluzionario" ineguagliabile, nato dalla fervida e geniale mente dei prolifici e irriverenti fratelli Fleischer. Così l'eterna adolescente Betty (ufficialmente sempre 16enne) è un coacervo vivente - e umanissimo - di contraddizioni, racchiuse nel magico refrain: Boop-oop-a-doop (che verrà ripreso anche da Marilyn Monroe). Betty è allo stesso tempo casta e provocante, ingenua e maliziosa, vergine e tentatrice, remissiva e aggressiva, tenera e dura, spensierata e disperata (e si potrebbe continuare a suon di ossimori). Riesce a far convivere un fiabesco fumetto animato per bambini (un caravanserraglio di irresistibili cani, gatti e clown come co-protagonisti) con una pellicola per adulti (tanto da attirare le attenzioni oscurantiste della censura americana che ne decreteranno la fine) sconfinando - almeno nei suoi momenti più creativi - nel campo onirico del surreale e dell'orrorifico. Esattamente agli antipodi della stucchevole epopea Disneyana: basta confrontare le rispettive versioni di Biancaneve (i primi a cimentarsi con tale soggetto furono i Fleischer).  

 
Una forza intramontabile
Il mito di Betty, nelle vesti di cantante di cabaret, è sostenuto anche con vigore da una musicalità ricca e travolgente - passata attraverso le ere del jazz e dello swing - tanto che alcuni cartoni di Betty possono essere considerati a pieno titolo come veri e propri antesignani degli odierni "videoclip" (con interpreti del calibro di Louis Armstrong, Cab Calloway e Rudy Vallee). Va inoltre ricordato che la riscoperta e definitiva consacrazione di Betty, a cavallo fra gli anni Sessanta e Settanta del secolo scorso, è avvenuta con il suo inserimento fra le icone scelte dai movimenti psichedelici dei "figli dei fiori" nel fermento lisergico e anarcoide dei Campus universitari americani (ma la forza e il glamour internazionale della sua immagine non sono mai venute meno, come dimostra la foto di Freddie Mercury che indossa la maglietta di Betty nell'indimenticabile concerto del 1986 al Wembley Stadium). Ultimo pilastro del mito di Betty da evidenziare, ma non certo ultimo come importanza: le sceneggiature sulfuree e caleidoscopiche con un'animazione raffinata, studiata sin nei minimi particolari in modo certosino dai fratelli Fleischer - e supportata da innovazioni tecnologiche che hanno cambiato per sempre il mondo dei Cartoon - per riprodurre nel modo più realistico, fluente e naturale possibile le movenze umane. Da qui l'estrema credibilità di Betty - pur nell'aspetto caricaturale e sul filo di una onnipresente e svagata ironia, imbronciata e con la testa per aria - e dei suoi comprimari (sia virtuali che, talora, inseriti nella pellicola in carne e ossa). A proposito di comprimari: Betty ha incrociato la sua strada con personaggi del calibro di Braccio di Ferro (accompagnandone l'esordio sullo schermo).  

 
Le sequenze della tentazione
Due parole, infine, sugli inesauribili spunti di curiosità stimolati dalla "saga" di Betty (che, per altro, ha dato superficialmente vita negli anni anche ad una immane e lucrosa produzione di superflua oggettistica ispirata al suo personaggio, come ad improbabili derive para-pornografiche). Si parte dall'avvincente e fulminea trasformazione di Betty da cagnolina comprimaria a ragazza-vamp-star (con le orecchie canine scomparse, poi riapparse, infine sostituite dai grandi orecchini), per proseguire con i suoi molteplici e scandalosi flirt sul set. E ancora: le voci sulle formosità e le movenze ispirate ai disegnatori dello studio Fleischer dall'esperienza diretta delle "lucciole" nelle strade di New York o il mistero su alcune singole inquadrature desnude - velocissimi frame (un solo fotogramma dei 24 che passano in un secondo) quasi impercettibili durante una normale proiezione - disseminate ad arte dagli autori (basti questo esempio di Betty che si asciuga le lacrime sollevando un po' troppo la gonna). Tante dunque le spigolature erotiche legate al personaggio: i vestiti che cadono (e siamo nel 1930!), i giochi di trasparenze controluce, alcuni balli esotici vertiginosi e quella simbolica giarrettiera che - di volta in volta - passa da una gamba all'altra. Ma nella cesta dei ricordi c'è anche la causa da 250 mila dollari intentata nel 1934 contro gli autori da Helen Kane (e persa) per il risarcimento del presunto "furto" del suo stile e del ritornello-slogan "Boop-oop-a-doop" operato dall'eroina di celluloide. Un pensiero finale all'ultima fugace apparizione di Betty, in un cameo all'interno del film "Chi ha incastrato Roger Rabbit?" del 1988. Struggente, in bianco-e-nero, rivendica con orgoglio di possedere e custodire ancora il suo magico Boop-oop-a-doop, e passa idealmente la mano (e le scene) alle esplosive, sinuose e coloratissime curve di Jessica Rabbit. 



 
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