- A proposito dello scorrere del tempo
e dei suoi effetti sulla nostra vita,
tema di cui spesso discorriamo,
ecco come ne parlavano i nostri antenati -
IL SENSO DEL TEMPO PER I CLASSICI
L'Uomo, il senso della caducità e della brevità dell'esistenza, con l'imperturbabile e ciclica Natura sullo sfondo, sono i protagonisti di una bellissima elegia (Frag. 2 West) di Mimnermo (VII-VI sec. a C.), in cui il poeta greco dipinge, toccando vette di intensissima drammaticità (riprese poi da Leopardi, frammento XLI dai Canti) tutta la fragilità dell'esistenza umana:
"Noi, quali le foglie che la primavera, stagione ricca di fiori, produce, quand'ecco che crescono ai raggi del sole: simili a queste per il tempo di un cubito dei fiori della giovinezza possiamo godere, ignorando da parte degli dei sia il bene che il male. Vicine dimorano le Sorti nere, l'una che tiene il termine della vecchiaia penosa, l'altra della morte.
Ma quando questo termine di stagione è trascorso, subito l'essere morti è meglio della vita: molti sono i mali nell'animo, talora i beni si dilapidano, ed i prodotti della povertà ci affliggono; uno sperimenta la mancanza dei figli, e scende sotto terra nell'Ade desiderandoli con tutto il cuore; un altro è consumato da una malattia che gli ruba l'animo; non esiste alcun mortale cui Zeus non dia molti mali".
LA GIOVINEZZA G. Leopardi
Ma la giovinezza onorata è cosa di breve durata come un sogno: e la vecchiaia sgradevole ed informe subito incombe sul capo, nemica e allo stesso tempo senza onore, la vecchiaia che rende l’uomo irriconoscibile ed annebbia gli occhi e la mente avvolgendoli.
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La giovinezza - questa è la massima convinzione ed al contempo disperazione dei lirici greci - è solo un sogno di breve durata, afferma ancora Mimnermo in un celebre suo frammento (Mimn., Frag. 5):
"Ma la giovinezza onorata è cosa di breve durata come un sogno: e la vecchiaia sgradevole ed informe subito incombe sul capo, nemica e allo stesso tempo senza onore, la vecchiaia che rende l'uomo irriconoscibile ed annebbia gli occhi e la mente avvolgendoli".
Il tema della fragilità della vita umana, espresso attraverso la caducità delle foglie su un ramo, pronte a cadere al primo alito di vento, sembra essere caro al modo di pensare dei greci e si trova ad esempio già nell'Iliade (VI, 144 e seguenti), dove Glauco così risponde a Diomede, con il quale sta per venire a duello:
"Magnanimo figlio di Tideo (Diomede), perchè mi domandi quale sia la mia stirpe? Come stirpi di foglie, così le stirpi degli uomini; delle foglie il vento getta alcune a terra, mentre altre sono nutrite al tempo di primavera dalla selva in fiore; così le stirpi degli uomini: nasce una, l'altra scompare".
Eraclito e Democrito - Bramante
Ora, sempre restando nel mondo ellenico, facciamo un piccolo excursus verso la filosofia che mostra l'enorme importanza abche per i pensatori dell'epoca della dimensione del Tempo... e parlando del famoso "Panta Rei"...
Panta rei os potamòs (dal greco πάντα ῥεῖ ὡς ποταμός), cioè... "Tutto scorre come un fiume" è il celebre aforisma attribuito ad Eraclito, ma in realtà mai esplicitamente formulato in questi termini da quel che si legge nei suoi scritti a noi pervenuti.
Eraclito (Efeso 535 a.C. – 475 a.C.) è considerato il filosofo del Divenire in contrapposizione con la filosofia dell'Essere di Parmenide e questa nota espressione nasce da una sintesi di un frammento del suo trattato "Sulla natura":
« Non si può discendere due volte nel medesimo fiume e non si può toccare due volte una sostanza mortale nel medesimo stato, ma a causa dell'impetuosità e della velocità del mutamento essa si disperde e si raccoglie, viene e va. » (91 Diels-Kranz).
Eraclito vuol evidenziare come l'uomo non possa mai fare la stessa esperienza per due volte, giacché ogni cosa è sottoposta alla legge inesorabile del tempo.
Louis Jean Francois Lagrenee – Malinconia
Ma torniamo alla Poesia... e torniamo al tema della caducità della vita umana... vista nel mondo latino.
Foglie al vento sono anche le anime dei defunti che si affollano sulle rive dell'Acheronte nell'Eneide:
"quam multae glomerantur aues, ubi frigidus annus trans pontum fugat et terris immittit apricis. stabant orantes primi transmittere cursum tendebantque manus ripae ulterioris amore" (Virgilio, Aen. VI, 311-314), immagine che sarà ripresa quasi testualmente anche da Dante per descrivere le anime in attesa del nocchiero Caronte in Inferno, 3.
DIVINA COMMEDIA - INFERNO - CANTO 3°
OMISSIS
"Ed ecco verso noi venir per nave un vecchio, bianco per antico pelo, gridando: «Guai a voi, anime prave!
Non isperate mai veder lo cielo: i' vegno per menarvi a l'altra riva ne le tenebre etterne, in caldo e 'n gelo.
E tu che se' costì, anima viva, pàrtiti da cotesti che son morti». Ma poi che vide ch'io non mi partiva,
disse: «Per altra via, per altri porti verrai a piaggia, non qui, per passare: più lieve legno convien che ti porti».
E 'l duca lui: «Caron, non ti crucciare: vuolsi così colà dove si puote ciò che si vuole, e più non dimandare"
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Il tempo è poi l'ossessione di Orazio (Carmina II 14), che, in questi versi, ricorda come breve sia la vita dell'uomo prima che la vecchiaia e poi la morte lo colgano:
"Ohimè, Postumo, Postumo, gli anni si dissolvono fuggendo via a tradimento e la pietà non riuscirà a ritardare le rughe e la vecchiaia che incombe e la morte indomabile".
E ancora, nello stesso carme, per rafforzare questa idea con un'immagine viva e dunque di intensa drammaticità, il poeta riprende:
"Il tuo erede, più degno di te, si prenderà le anfore di Cecubo che cento chiavi proteggono e di vino superbo colorerà il pavimento, un vino migliore di quello delle cene dei pontefici".
Nello spreco che altri faranno di quanto faticosamente (e vanamente, perchè dalla morte e dall'oblio non c'è scampo) noi abbiamo accumulato c'è tutta la disperazione del poeta, che infatti, nel suo anelito di immortalità, nel suo desiderio di lasciare di sè memoria imperitura, affida le sue opere ai posteri.
Sempre Orazio a proposito del tempo:
"Mentre parliamo, già sarà fuggito il tempo invidioso : cogli il giorno, fidandoti il meno possibile del domani" (Carmina, I,11), forse nella scia di Simonide, che ricorda: "Da uomo quale sei, non dire mai quale sarà il domani; nè, vedendo un uomo felice, per quanto lo sarà. Neppure il guizzo della mosca dalle ali distese è così rapido" (Frag. 521/16, 615/110 Page).
Trionfo di Bacco ed Arianna
Terminiamo questa breve analisi del tempo visto dai classici con la famosa poesia di Lorenzo de' Medici... (Firenze, 1º gennaio 1449 – Firenze, 9 aprile 1492) che riprende alla grande il tema della fugacità della giovinezza... qui riportata, per brevità, solo nella mitica strofa...
Debbo dire che condivido in pieno il pensiero di Lorenzo ed ho sempre condiviso il... "carpe diem" anche se però... "ragionato".
TRIONFO DI BACCO ED ARIANNA...
« Quant'è bella giovinezza, Che si fugge tuttavia! Chi vuol essere lieto, sia: Di doman non c'è certezza»
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Libero adattamento del testo di "Antiquitas"
Impaginazione T.K.
Infine una poesia-riflessione di un grande autore molto più recente... Premio Nobel per la letteratura nel 1948... ma ormai già considerato un classico...
IL TEMPO
Thomas Stears Eliot
Il tempo presente e il tempo passato
son forse presenti entrambi nel tempo futuro,
E il tempo futuro è contenuto nel tempo passato.
Se tutto il tempo è eternamente presente
tutto il tempo è irrimediabile.
“Ciò che poteva essere” è un’astrazione
che resta una possibilità perpetua
solo nel mondo delle ipotesi.
Ciò che poteva essere e ciò che è stato
tendono ad un solo fine, che è sempre presente.
Passi echeggiano nella memoria
lungo il corridoio che non prendemmo
verso la porta che non aprimmo mai
sul giardino delle rose:
Le mie parole echeggiano
Così nella vostra mente.