Lunedi, Settimana della II Domenica dopo la Dedicazione del Duomo
San Carlo Borromeo, vescovo - Solennità
4.11.2013
E' una delle figure più significative della riforma conciliare
post-tridentina. Nasce ad Arona il 2 ottobre 1538 dall’illustre famiglia
dei Borromeo, secondogenito e perciò destinato, secondo il costume del
tempo, a intraprendere la carriera ecclesiastica. A 21 anni si laurea a
Pavia “in utroque iure” ed è chiamato a Roma dallo zio, fratello della
madre Margherita Medici, papa Pio IV, che lo associò a sé nel governo
della Chiesa, nominandolo – come oggi si direbbe – segretario di Stato.
Inizia così la sua vertiginosa ascesa alle più alte cariche
ecclesiastiche; nominato cardinale a 22 anni, diventa poi nel 1560
amministratore della vasta e ricchissima diocesi di Milano. Accanto allo
zio, ebbe un’influenza determinante nella riapertura del Concilio di
Trento e poi nella sua conclusione (1562-1563); sotto la sua spinta i
decreti conciliari furono subito approvati dal papa e fu creata la
Congregazione del Concilio per la loro applicazione nelle diocesi. Alla
morte del fratello, divenendo, a 24 anni, erede legittimo del casato, si
pensò, nella curia romana, che avrebbe abbandonato lo stato
ecclesiastico.
La sua decisione di farsi ordinare sacerdote colse tutti di sorpresa.
Carlo imboccò decisamente questa strada dopo un corso di esercizi
spirituali fatti sotto la guida di un santo gesuita, il padre Ribera,
durante i quali si convinse che Dio lo aveva portato a Roma proprio per
condurlo alla scelta radicale di totale rinuncia al mondo, perché
potesse servirlo con tutta la vita nei fratelli, secondo il modello di
uomini esemplari del suo tempo, quali Gaetano da Thiene, Ignazio di
Loyola e Filippo Neri. Il 7 dicembre 1564 fu consacrato vescovo e si
preparò, secondo i dettami del Concilio, ad assumere direttamente il
governo della sua vasta archidiocesi, dove si insediò nel 1565.
A Milano si consacrò totalmente alla sua missione pastorale e attese
con straordinaria energia all’opera della riforma, celebrando diversi
concili provinciali e numerosi sinodi, visitando assiduamente la sua
vasta diocesi, istituendo seminari per la formazione del clero,
ripristinando la disciplina nelle famiglie religiose. Si oppose
all’introduzione dell’inquisizione spagnola nella sua diocesi,
patrocinata dal potente Filippo II, difendendo con fermezza i diritti e
la libertà della Chiesa, e si rivelò, oltre che pastore infaticabile,
anche un grande riformatore e organizzatore sia della vita ecclesiale
che della vita civica. Così nella peste del 1576 organizzò l’assistenza
nel lazzaretto pubblico e negli ospedali di emergenza, impegnando tutte
le risorse della diocesi e vendendo il suo principato napoletano di Oria
per soccorrere la miseria del momento.
In quest’ora di prova per i milanesi, l’arcivescovo fu l’unico punto di
riferimento e di conforto. La peste fu superata e Milano riprese la sua
vita normale; ma la vita del Borromeo era ormai minata dalle fatiche
sopportate senza risparmio. Stava facendo gli esercizi spirituali nel
suo santuario preferito, sul Sacro Monte di Varallo, quando fu colto da
una febbre insistente; stremato di forze fu trasportato a Milano, dove
morì il 3 novembre 1584. Aveva solo 46 anni.
Il 1° novembre 1610 Paolo V lo proclamava santo, additandolo come modello a tutti i pastori della Chiesa.
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