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Quale figura mitologica
abita in voi ?
se
dovessi scegliere
vorrei
essere Afrodite ...
pare fosse nata dalla spuma del mare
Così Euripide ne descrive la nascita…
“...
La potenza di Zeffiro, l’umido stormitore,
duttile la rapì dalle onde del
mare che sempre scroscia.
Le
Ore dal diadema d’oro salutanti
la coprirono di vesti immortali,
il
capo le cinsero del serio d’oro
mirabilmente intrecciato.
Nel
forellino del lobo d’orecchio
le misero fiori preziosi d’oro e ottone,
indi
ornarono il delicato collo e
il seno lucente di collane d’oro
di
cui esse stesse si fregiano,
allorché, cerchi d’oro nei capelli,
si
recano all’amena danza degli dei
e alla casa del padre.
Compiuta
l’opra, portarono
Afrodite,
tutta
splendida com’era ornata,
agli immortali.
“
Benvenuta “
essi
esclamarono, porsero la man
destra e ognun la desiderò
quale
sposa da condurre alla
propria magione.
Stupore così e meraviglia destò Citerea dalle
ghirlande di violette.”
era chiamata anche Urania perchè
figlia del cielo...
dicono
che quando muoveva i suoi passi
sbocciavano
sotto i suoi piedi fiori profumati
veniva
sempre rappresentata sorridente
e i suoi
occhi avevano uno sguardo soave che
ispirava dolcezza...
pare che
indossasse sopra il suo vestito una
cintura magica...
dove
custodiva grazia e sorrisi.
Afrodite
amava la natura...
sopra
ogni cosa il mirto e la rosa...
e tra
gli animali il passero... il cigno...
e
soprattutto la colomba...
la
leggenda dice che Afrodite mise al mondo un
figlio
che
venne chiamato Anteros...
che
vuole dire "colui che ricambia
l'amore"...
dissero
della leggenda i poeti
che
voleva significare ...
che l'amore per crescere deve essere ricambiato...
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De: Ahimsa |
Enviado: 17/12/2013 09:38 |
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Ops pensavo fosse un test...
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Il mito
Dea greca dell’Amore, della bellezza e dell’arte, Afrodite
corrisponde alla Venere dei romani, ed è considerata da tutti,
divini e mortali, la più bella tra le Dee, la più irresistibile
ed attraente, vero simbolo dell’Amore, di cui non solo si fa portatrice,
ma che incarna e rappresenta.
Per Omero, Afrodite è figlia di Zeus e di Dione, mentre Esiodo
ci racconta un mito più antico, secondo cui Lei nasce dal membro
di Urano, lanciato nel mare da Crono dopo aver appunto evirato il padre.
Da quel membro si forma una bianca spuma da cui ha origine la fanciulla
divina, che nasce trasportata dalle onde del mare. Appena uscita dalle
acque, fu trasportata da Zeffiro nell’isola di Citèra (=
Cerigo, da cui l’appellativo) e poi a Cipro, da dove il suo culto
si diffuse in tutta la Grecia ed in Sicilia.
Così Euripide ne descrive la nascita…
“... La potenza di Zeffiro, l’umido stormitore, duttile
la rapì dalle onde del mare che sempre scroscia. Le Ore dal diadema
d’oro salutanti la coprirono di vesti immortali, il capo le cinsero
del serio d’oro mirabilmente intrecciato. Nel forellino del lobo
d’orecchio le misero fiori preziosi d’oro e ottone, indi ornarono
il delicato collo e il seno lucente di collane d’oro di cui esse
stesse si fregiano, allorché, cerchi d’oro nei capelli, si
recano all’amena danza degli dei e alla casa del padre. Compiuta
l’opra, portarono Afrodite, tutta splendida com’era ornata,
agli immortali. “ Benvenuta “ essi esclamarono, porsero la
man destra e ognun la desiderò quale sposa da condurre alla propria
magione. Stupore così e meraviglia destò Citerea dalle ghirlande
di violette.”
Dunque il giorno della sua nascita l'Olimpo fece una festa e tutti gli
Dei si stupirono all'apparire di tanta bellezza, mentre Era ed Atena,
fin dal primo momento, sentirono nel cuore il morso della gelosia: capirono
istintivamente che da quel momento la loro supremazia sarebbe stata messa
in forse da una ben pericolosa rivale. Nessuno, infatti, riusciva a resistere
al suo potere: tutti, uomini e animali, persino le piante a primavera
obbedivano al suo dolce richiamo.
“Era immaginata bella e fiorente, tutta riso il sembiante, tutta
oro l’abbigliamento; spirava dalla sua persona soave odore d’ambrosia,
e allorchè ella si toglieva e dispiegava il cinto della sua bellezza,
ogni cosa piegavasi all’incanto che emanava dal suo corpo.”
Molti furono i suoi amanti, mortali e divini.
Il primo fu Adone, il bellissimo cacciatore, che ebbe
il malaugurato destino di essere assalito un giorno da un feroce cinghiale
e di rimanerne ferito a morte, versando larghi fiotti di sangue dalle
crudeli ferite che avevano lacerato il suo corpo. La Dea in suo ricordo
volle che le sue spoglie, ogni primavera, ritornassero a vivere e a fiorire
sotto l'aspetto dell’ anemone, il fiore dall'intenso colore porporino.
Dopo Adone fu sposa di Anchise, principe troiano dalla
cui unione con Afrodite nacque Enea. Per questo i Romani la venerarono
come loro protettrice, considerandola una loro progenitrice.
Tuttavia l’incondizionato aiuto da essa portato ai Troiani si ricollega
con la leggenda del pomo d’oro lanciato dalla Discordia perché
venisse concesso alla Dea piú bella. In quell’occasione Zeus
ordinò ad Ermes di condurre Era, Atena ed Afrodíte sul monte
Ida, dove furono giudicate da Pàride, il quale - quantunque Era
lo allettasse con la lusinga di un vastissimo regno e Atena con l’invincibilità
in combattimento - diede la palma della vittoria ad Afrodíte, che
gli aveva promesso la mano di Elena. E fu cosí che la Dea si schierò
coi Troiani per tutta la durata della guerra.
Dopo Anchise fu la volta di Efesto, l'affumicato e zoppo
Dio dei fabbri al quale Ella andò sposa.
Tuttavia il suo amante di sempre fu Ares, dal quale avrebbe
avuto più figli (anche su questo vi sono diverse versioni) :Eros (Cupido), cioè l’Amore (secondo un’altra versione nato
per partogenesi), e Anteros, ossia l’Amore corrisposto.
Dalla loro unione nacquero anche Demo e Fobo (il Terrore e la Paura), oltre che Armonia. Tra i figli
di Afrodite ricordiamo anche Imene, Dio delle nozze,
in onore del quale giovani e giovinette cantavano inni durante le cerimonie
solenni dello sposalizio.
Ma per quanto Afrodite venisse in qualche modo collegata al matrimonio
e alla generazione dei figli, Ella non fu mai la Dea dell’unione
coniugale, quale fu invece Era.
Lei rappresenta invece quella potenza che spinge un essere irresistibilmente
verso un altro essere, l’amore passionale. Infatti veniva raffigurrata,
cinto il corpo di rose e di mirto, su un carro tirato da passeri, colombe
e cigni, mentre indossava il famoso cinto magico, che rendeva irresistibile
chiunque lo possedesse, perché vi erano intessute tutte le “malie”
d’Afrodite, il desiderio e il favellare amoroso e seducente che
inganna anche il cuore dei saggi, come diceva Omero. Persino Era, i cui
rapporti con Afrodite non erano certo idilliaci, se lo fece prestare allorché
Zeus aveva per la testa qualche avventura galante.
Parecchi sono gli appellativi che si accompagnarono al suo nome, alcuni
tratti dal luogo dove era venerata (Ciprigna, da Cipro; Cnidia, da Cnido;
Citerea, da Citera, ecc.), altri da funzioni attribuitele, come Pandemia,
“di tutto il popolo”: protettrice sia delle sue istituzioni,
tra cui le nozze, sia più tardi, con elaborata interpretazione
filosofica, dell’amore sensuale e profano, in contrapposizione con
l’altro suo appellativo di Urania, dea dell’amore intellettuale
e celeste.
In epoca tarda si fece una chiara distinzione tra Afrodite PANDEMO, Afrodite
URANIA e Afrodite PONTIA; la prima era l’Afrodite terrena, protettrice
anche di amori volgari; la seconda era la Dea dell’amore celeste,
datrice di ogni benedizione; la terza era l’Afrodite marina, patrona
della navigazione e dei naviganti. Così il dominio di Afrodite
s’estendeva su tutta quanta la natura, e se in un primo tempo, secondo
una genesi asiatica, il suo potere fu collegato alla forza dirompente
e procreatrice della natura, col tempo attenuò il suo carattere
istintivo finchè in Grecia perse tutto quanto potesse rammentare
questa sua discendenza per diventare una divinità squisitamente
ellenica.
In occidente, il culto di Afrodite ebbe il suo maggiore centro in Sicilia
sul monte Erice, dove esisteva un santuario punico dedicato a Tanit, ove
si praticavano riti di fecondità e, pare, anche la prostituzione
sacra. Dalla Sicilia il culto della Dea si diffuse in Italia fino a Roma,
dove fu venerata col nome di Venus Erycina. Oltre agli appellativi di
Ciprigna, Ciprogena e Citerea, Afrodite aveva fra gli altri i seguenti
epiteti:
Anadiòmene (emersa dal mare)
Antheia (dea dei fiori, così chiamata a Creta)
Apostrofìa (sviatrice, sottinteso dalle passioni colpevoli)
Aurea (così la si chiama da Omero in poi)
Callìpigia (dal bel sedere)
Filomète (amante dei piaceri)
Peristèa
Pòntica
Tritònia
Espressioni a Lei associate: afrodisiaco, venusiano, venereo, venerazione,
veneranda.
Il Culto
Nata dal mare, Afrodite veniva dunque venerata dai naviganti, non come
Poseidone, ma come colei che rende il mare bello e tranquillo e sicura
la navigazione. Le era sacro il delfino, allegro accompagnatore dei naviganti.
Ma Afrodite ammansisce non soltanto il mare, bensì rende bella
anche la terra. Ella è la Dea della primavera, stagione dei fiori
ma anche dell’amore.
Le sono sacre le rose, ma anche molte altre piante, quali il melograno
e il mirto. Anche la mela, antico simbolo dell’amore, si trova nella
sua mano. Afrodite era la bellezza in persona, la grazia e la leggiadria,
e Paride, benché comprato con la promessa della bella Elena, non
fu in fondo un giudice ingiusto preferendola ad Era ed Atena, quando le
assegnò il fatidico pomo con la scritta: “Alla più
bella!”.
Con le rappresentanti del proprio sesso, ahimè, Afrodite invece
sembrava non nutrire una grande affinità. Basti pensare quante
sventure portò ad Elena, Fedra, Pasifac e tante altre. Anche Psiche,
l’amante di suo figlio Eros, venne da lei trattata in modo piuttosto
umiliante.
La sua bellezza suscitava purtroppo invidia e gelosia sia tra le Dee che
le mortali, innescando uno dei più antichi meccanismi con cui le
donne si sono combattute anziché allearsi, la rivalità.
Sono propensa però anche a ritenere che questa funzione le sia
stata attribuita, o per lo meno esasperata, dalla cultura maschilista
in cui Ella prosperò.
Il patriarcato ebbe peraltro tra i suoi tanti risultati anche la scissione
del femminile in due parti: la madre e la vergine, mentre sembra non esserci
spazio per la funzione sessuale, che poteva essere vissuta dalla donna
solo all’interno del matrimonio, allo scopo di riprodursi, oppure
prima del matrimonio o fuori da esso, con tutte le conseguenze che questo
comportava e ancora purtroppo comporta in molte culture sociali e religiose
contemporanee.
Afrodite invece incarna proprio il principio del piacere fine a sé
stesso, Lei ama per il piacere di amare, e a differenza di altre, sceglie
ad uno ad uno i suoi amanti, non subendo mai le altrui scelte. Con il
suo cinto magico, che indossa per sedurre chiunque lei scelga di amare,
Lei fa dono della sua bellezza e del suo amore, senza altri scopi se non
l’amore stesso. La sua gratificazione personale è legata
al suo personale valore ed al fatto di scegliere, ed è proprio
questo che la rende irresistibile, la sua autenticità. Lei infatti
incarna l’amore, prima di tutto per sè stessa, poi verso
gli altri.
Afrodite non ama per compensare un vuoto, o per “sistemarsi”
o per procreare, Lei basta a sé stessa e nonostante le innumerevoli
relazioni, ed il matrimonio con Efesto, ha l’energia di una single,
tant’è che i suoi figli vengono allevati dai padri.
Altra cosa che la distingue e la rende estremamente pericolosa agli occhi
di uomini e donne più insicuri è che Afrodite non mostra
nessuna indecisione nell’esprimere la sua attrazione e utilizza
l’erotismo come strumento di seduzione. Lei non attrae per ciò
che offre, come altre Dee e mortali più materne e compassionevoli
di Lei, ma per ciò che è, e proprio questo suo essere sé
stessa fino in fondo produce la grande attrazione.
L’amore per Lei dunque può anche dare gioia agli altri, ma
assolutamente non dipendenza.
Lei non fa nulla per essere amata, bensì incarna l’amore,
elargisce questo sentimento senza aspettarsi che arrivi dall’altro,
come se permettese all’altro di sperimentarlo attraverso Sè
stessa.
La compassione di sicuro non le appartiene, persino nel rapporto con i
figli. Gli uomini con cui si rapporta appartengono sia al regno delle
divinità che a quello degli umani indifferentemente, ciò
che conta è il suo desiderio e la sua scelta, che deve prima di
tutto gratificare Lei.
Afrodite viene spesso rappresentata con uno specchio in mano. Lei si specchia
e si piace, indipendentemente dall’altrui giudizio.
Per questo anche nel mito più e più volte si scontra con
la morale collettiva.
Non è che sia priva di etica come vorrebbero farci credere i suoi
detrattori. E’ che l’etica di questa irresistibile Dea non
è legata alla morale collettiva né tantomeno a quella religiosa,
bensì al senso del suo valore personale. Lei vuole condurci ad
esplorare il grande tema del rapporto con sé stessi e la propria
interiorità, in altre parole il grado della nostra autostima. La
sua bellezza infatti è qualcosa che va ben al di là del
concetto estetico.
La bellezza di Afrodite, ma ancor più della romana Venere, ha molto
a che fare col concetto di armonia. Se per i greci questa armonia riguardava
principalmente la perfezione delle forme, con Venere si parla di una bellezza
interiore, legata all’essere veri ed autentici. Peraltro al di là
dei suoi comportamenti amorosi, va riconosciuto che Lei sempre nel suo
agire ama la chiarezza e la sincerità ed infatti tutto ciò
che fa, avviene sempre alla luce del sole.
Anche per questo viene definita la dorada, l’aurea, al di là
dal fatto che era sempre vestita con oggetti d’oro per lei fabbricati
da Efesto.
Dunque il vero significato a cui può condurci la “venerazione”
per questa alchemica Dea dell’Amore, è lo scoprire sè
stessi riflessi in ciò che si ama, per poi ancor più amare
sé stessi, la vita, e l’amore.
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De: haiku04 |
Enviado: 18/12/2013 14:48 |
Penso che tutte vorrebbero essere Afrodite, o Venere che dir si voglia!
Il nome primario della mia città, fondata da popolazioni celtiche venute non si sa quando
dalla Gallia, era Nova ara, nuovo altare, dedicato a Cerere, dea dei raccolti.
Si pensava che avesse insegnato agli uomini la coltivazione dei campi e per questo veniva
solitamente rappresentata come una matrona severa e maestosa, tuttavia bella e affabile,
con una corona di spighe sul capo, una fiaccola in una mano e un canestro ricolmo di grano
e di frutta nell'altra. Insegnò inoltre ad edificare le case e ridusse i crimini imponendo le leggi. Ma la dea della crescita doveva presiedere anche alla sua inevitabile fine. Così Cerere, una
dea del munifico agosto, mese in cui le donne celebravano dei riti segreti in suo onore, era
anche la dea della morte delle piante che le rende commestibili e della morte degli essere
umani che li fa ritornare alla Mater Tellus, la terra.... poichè tutto torna sempre alla terra,...
Ecco, mi piace questa dea che favorisce la crescita delle messi dorate, che vive con felicità i
mesi dell'estate, tra danze e canti, che non tesse intrighi ma gioisce delle soddisfazioni umane,
e poi si piega all'inevitabile, al ciclo delle stagioni, per poi ritornare trionfante e munifica portando
la vita e la speranza....
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