Pietro Capanna, noto come il Sor Capanna,
(Roma, 9 aprile 1865 – Roma, 22 ottobre 1921),
fu un cantastorie[1], attore di strada e stornellatore italiano.
Personaggio popolare della Roma del primo '900, soleva commentare gli avvenimenti d'attualità improvvisando delle strofette dalla caratteristica melodia, accompagnandosi con la chitarra. La sua produzione, per le caratteristiche di immediatezza e di forte presa emotiva sul pubblico, godé e continua a godere di notevole fortuna, sia in ambito schiettamente musicale, con le interpretazioni di Ettore Petrolini, Romolo Balzani, Claudio Villa o Alvaro Amici, sia in ambito politico. Figlio di Luigi Capanna, pastarellaro, e di Maria Rezzonico, sigaraia presso la fabbrica dei tabacchi, Pietro nacque nel rione di Trastevere, dove in gioventù esercitò vari mestieri: fu prima banchista di macellaio, poi ceraiolo alla Lungara. Dopo alcuni anni però la vampa della caldaia in ebollizione gli procurò una grave congiuntivite, che lo rese quasi cieco e lo costrinse a portare degli enormi occhiali affumicati. Si mise a fare il posteggiatore nelle osterie: la facile vena poetica e lo spiccato senso del ridicolo gli consentivano di improvvisare sferzanti satire sulla spicciola quotidianità come sui mutamenti di costume in atto nella società dell'epoca, o sui politici più in vista. Altre volte si appostava dinanzi all'osteria, o ad una bottega, verso le quali sarebbero state dirette le sue pepate "botte", riguardanti il gestore, la "qualità" dei suoi prodotti, o il loro prezzo: riprendeva così una tradizione che era stata già di Ghetanaccio. Cominciò ad essere richiesto anche in piccoli teatri, come l'Alcazar, popolare caffè-concerto a un passo dalla malfamata via di Panico, territorio dove allora spadroneggiavano i bulli di quartiere, in cui il sor Capanna fece il suo debutto sulle scene. Si presentò al pubblico accompagnato da un caratterista comico romanesco noto come "Ciancaribella", che gli faceva da spalla. Diventò molto popolare. Come riferiva nel 1914 sulla "Rassegna contemporanea" il futurista Giuseppe Zucca: « Ogni buon romano, o naturalizzato romano, o esperto di Roma e di certa sua vita sa di chi parlo, e sa chi sia questo menestrello dalla pancetta abbondante e dagli occhiali notturni. Chi non conosce, a Roma, il sor Capanna? Egli è, ormai, un istituto fondamentale, una figura rappresentativa »
Decise così di formare una sua compagnia itinerante. Con questa si esibiva indossando le vesti di un Rugantino "pasquinesco, faceto, satirico, piuttosto nipote di Cassandrino, che fratello di Marco Pepe", con parrucca, feluca e scarpe di copale. Girava per Roma su di un carro, che gli fungeva da palcoscenico ambulante, trainato da un malandato cavallo. Sul carro montavano, insieme con lui, sua moglie Augusta Sabbadini, nelle vesti di una corpulenta e greve Nina che gli rispondeva e lo accompagnava nel canto, e dal resto della sua compagnia: Cesare Palombini, detto Caruso, Giovanni Giovannini, detto er Comparetto e Gallo Galli, Galletto, che li accompagnavano suonando il mandolino e l'organetto. Teresa Palombini, scherzosamente presentata come la Tetrazzini, e Francesca Pappagallo, la Bellincioni facevano da coriste. Questo apparato non venne tuttavia impiegato sempre dal sor Capanna, che invece lo adoperava soprattutto in tempo di carnevale; di solito girava a piedi, vestendo alla borghese, con giacca, cravatta e l'immancabile bombetta. Durante l'esecuzione, un aiutante, munito di bacchetta, indicava su un tabellone al pubblico il disegno che illustrava il brano in questione. Gli argomenti preferiti erano il costo della vita, la condizione femminile, la disoccupazione, la guerra (di Libia, ma anche la prima guerra mondiale con le sue vicende di arricchimenti e imboscamenti), l'attualità: « È il sor Capanna, fustigatore implacabile dei bagarini e dei «padron de casa», dei governo che ci amareggia di tasse e delle «paine co' le veste strette», dei preti e del blocco, di uomini e di cose, di leggi e di costumi » Morì in una corsia del policlinico Umberto I a soli cinquantasei anni. Il comune di Roma gli ha dedicato una piazza (P.zza Sor Capanna), sulla via Casilina, all'altezza del quartiere di Torre Spaccata. Parecchi dei suoi "stornelli", che avevano grande seguito popolare, servirono di ispirazione ad altri cantastorie e artisti di tabarin e di teatro: « Ma il sor Capanna ha conquistato anche l'Arte. Un'arte minore, che i futuristi profetano essere l'arte dell'avvenire: quella dei caffè-concerto. Il sor Capanna, diventato «macchietta» furoreggia anche, impersonato dai comicattoli di secondo e terzo ordine, dalle ribalte dei teatrini popolari. un macchiettista di spirito, uscendo truccato da sor Capanna, scorse in platea gli occhiali neri di quello autentico. E lo invitò, senz'altro, a salire sul palco a dare la versione ufficiale di sé medesimo. E il sor Capanna, serio e dignitoso, va su: riaccorda la chitarra, e via, manda il pubblico in visibilio »
« Petrolini? Un bravo ragazzo... un mio imitatore. Lui fa li bijetti da mille e se li gioca, io fo li sordarelli e me li magno! »