Mamma, il tempo chiede asilo allo stupore delle tue pupille e l’alfabeto attinge alla ricchezza dei tuoi vezzeggiativi.
Mamma, tu detieni le chiavi del sole inesauribile, anche quando, nuvole di pianto solcano il tuo viso e la casa sprofonda in una nebbia di silenzio.
Mamma, mi donasti un’ infanzia di pane fragrante, di acqua di fonte, di uve passite al sole del sud. Serbo ancora, intatta, l’innocenza che in giorni lontani plasmasti con le tue mani avvezze a scalare montagne di fatica.
Mani abili a cucire cieli per i nostri aquiloni di fanciulle, per i nostri saltelli alla campana, nei meriggi assolati, di controra.
Mamma, riaffiora dal video dei ricordi, il profumo di mirto dei tuoi bucati, quel candore di percalle e di vigogna di cui il mio Dash ultrabianco si vergogna.
Tu sai di ninne-nanne e di carezze di inverni col braciere e di certezze, di camiciole di tiepida flanella per rendermi l’infanzia ancor più bella.
Mamma, sei quell’albero frondoso che agli affanni della vita dà riposo, e nulla chiede, nulla per sé spera, solo un sorriso, solo una preghiera.
Mamma, parola d’amore, sia se detta dal labbro di un bimbo, sia se detta da un vecchio che muore.
Quale meravigliosa alchimia il cuore infiamma ogni volta che un figlio chiama, MAMMA.