Finita la chiesa in breve tempo, vi collocarono il Simulacro della Vergine di bellissima scoltura col Figlio in braccio >. Così la leggenda del Codice Vaticano. Il primo a descrivere la scultura è il maggiore storico della Madonna di Valleverde, Mons. Francesco Barone – Arcidiacono della Cattedrale e Vicario Generale della diocesi – uomo colto e molto devoto della Madonna, che ebbe più volte agio di osservarla da vicino nel 1905 :< L’immagine della Beata Vergine è in legno resistente, forse di cedro, di quercia o di pino. E’ un tavolo di grande spessezza con ’effigie ad alto rilievo, di cui solo la testa presenta la sua integrità, il resto della persona è intagliata a metà. La statua è seduta su di una sedia a bracciuoli , benchè il modo con cui fu vestita ed adorna, presenti le sembianze di una immagine completa eritragga l’aspetto di persona ritta in piedi. La Madonna ha la mano destra in atto di benedire, e sulla sinistra regge il Bambino, che ha similmente la destra atteggiata a benedizione, e sulla sinistra sostiene il piccolo globo. Verso di Lui, spirante di gioia dal bel viso vivace e sorridente, guarda la Madre con tenerezza pensosa. L’ immagine si presentava ricoperta di vesti di seta traboccanti di gioielli, acconciata con una leziosa parrucca a biondi riccioli seconda una chiassosa maniera seicentesca. Per un caso fortuito nell’agosto del 1964, in preparazione alla festa del 29, volendo dare al Simulacro , rimuovendolo dalla nicchia, una ripulita alle vesti, si scoprì che sotto le manierate vesti si nascondeva una pregevolissima scultura medioevale di rara bellezza e di notevole valore artistico. Ne fu informata la Soprintendenza ai Monumenti di Bari e quella di Firenze che, riconoscendone l’importanza artistica, ne promossero il restauro. Il restauro fu affidato al fiorentino prof. Pellegrino Banella, noto per aver restaurato il Crocifisso di Michelangelo, che con rigore scientifico, una costanza e una pazienza certosina ha riportato la policroma scultura della Vergine alla sua primitiva bellezza. La Vergine regina , scolpita in altorilievo su una tavola in origine profilata a capanna, siede con composta eleganza su un trono dall’alto schienale cuspidato; il Bambino che ha sulle ginocchia è opera del restauratore. Il massiccio sedile è ornato sulle fasce dei pilastri da motivi geometrici a finta tarsia, mentre lungo la cornice orizzontale si susseguono piccole bifore di taglio gotico. Il cuscino rigonfio è rivestito da una stoffa preziosa ricamata a losanghe racchiudenti l’insegna del giglio. Larghe bordure a fiorami e una cintura alla moda impreziosiscono la tunica; il mantello cinge morbidamente il capo e ricadendo dalle spalle scende ad avviluppare le ginocchia, mostrando nel ripiegarsi la fodera di vaio, per poi raggiungere con i lembi estremi che scendono verticalmente a destra, il gradino del trono. Se nel busto esile e allungato, nella grazia aristocratica del volto reclinato, si avverte l’eco di forme di intonazione nordica, nell’impianto della parte inferiore della figura permane il retaggio romanico. La datazione tradizionale riferisce la scultura agli anni della conquista angioina. L’iterazione del giglio nel tessuto a losanghe che riveste il cuscino del trono potrebbe alludere a una ingerenza della corte. Si è portati ad attribuire l’opera a uno scultore di estrazione meridionale, in rapporto di familiarità con la produzione umbra e a collegarla con la presenza dei cistercensi ( a partire dal 1287). Questo indizio cronologico viene confermato dai caratteri dell’Immagine che mostrano già avvenuta la trasformazione iconografica mariana e non ancora cominciata l’epoca del rinascimento. Non è la Madonna del tipo ieratico bizantino che riempie l’animo di sacro rispetto, ma la vergine lieta della sua maternità; la Vergine dolce , misericordiosa e bella, che indi a poco sorriderà alla fantasia e al cuore del divino poeta ed alle trepide speranze del Petrarca……Il viso della Vergine, un dolce ovale dai lineamenti purissimi e dalle tinte leggermente rosee, è di una bellezza soave e maestosa ad un tempo, cosa veramente gentile, visto una volta, non si dimentica più. Quegli occhi, lievemente incisi e segnati, hanno una espressione di regale dignità e di affetto materno, e destano nell’animo del riguardante timore filialmente riverenziale e amore confidente. Quelle labbra paiono che da un momento all’altro debbano schiudersi a pronunziare quella parola che il cuore invoca e aspetta >. La più antica documentazione dell’apparizione della Madonna di Valleverde nel luogo dove ora sorge l’omonimo Santuario è costituita dalla Leggenda in lingua latina, trascritta da un anonimo amanuense nel XIV secolo. In dettaglio descrive che nella località chiamata Mengacha, in un bosco di querce e di lecci, la Vergine apparve ( in sogno ) al legnaiolo Niccolò presso una sorgente, esortandolo a convincere clero e cittadini a edificare una chiesa in suo onore. < Figlio mio, io sono la Vergine Maria, madre di nostro Signore Gesù Cristo, ………Una sola cosa voglio e ti dico che tu vada a Bovino e riferisca al clero e ai cittadini che Santa Maria che un tempo dimorava in un territorio, il cui nome era Chiesa di Santa Maria di Valle Verde, per la cattiveria e l’iniquità degli abitanti di quel paese, per volere di Dio suo figlio, se ne allontanò e ora vuole dimorare e stare in Puglia nel territorio di Bovino a difesa dei suoi abitanti, i quali vengano e mi costruiscano una casa, il cui titolo sia chiesa di Santa Maria di Valle Verde >…..< Vieni con me; e accompagnandosi insieme, raggiunsero lo stesso luogo, dove per la prima volta Niccolò aveva visto la Signora, ed Ella gli indicò il lato della lunghezza e della larghezza della chiesa e dove dovessero essere le porte e l’altare, segnandolo con fronde intrecciate dall e sue santissime mani >….< Veduto questo, il Vescovo, i preti e i cittadini lodarono il Signore e la sua Santissima Madre cantando un Te Deum di ringraziamento per la grazia ricevuta ed incominciarono subito a cavare i fondamenti della Chiesa, conforme al disegno e modello fatto dalla Beata Vergine. E sparsasi la fama di questo nella Puglia, tutti i Vescovi vicini vi accorsero con i loro cleri, cantando le litanie ed altre lodi spirituali.
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