Arrivo là dove sono straniero
Niente è così precario come il vivere
Niente è come l’essere passeggero
è un po’ come per il ghiaccio fondere
E per il vento esser leggero
Arrivo e sono in terra straniera
Un giorno stai passando la frontiera
Da dove vieni e dove andare speri
Che importa domani e che importa ieri
Il cuore cambia come il cardo muta
Niente è scontato la rima è perduta
Sulla tua tempia col dito passa
Con i tuoi occhi l’infanzia sfiora
Meglio se lasci la lampada bassa
Meglio la luna più a lungo ancora
Il giorno pieno si fa vecchio ora
D’autunno gli alberi sono stupendi
Ma il fanciullo com’è diventato
Ti stai osservando e ti sorprendi
Di questo viaggiatore ignoto
Del suo viso e del suo piede nudo
Poco a poco tu diventi silente
E tuttavia non abbastanza rapido
Per non sentire che sei differente
E sul te stesso dei giorni andati
Sentir la polvere del tempo caduta
è lungo invecchiare a conti fatti
La sabbia che ci sfugge fra le dita
è come un’acqua gelida montante
è come una vergogna ingigantita
La pelle che si sta conciando urlante
è lungo essere un uomo una cosa
è lungo rinunciare a tutto quanto
E le trasformazioni non le senti
Che dentro a noi si creano intanto
I ginocchi che si piegano lenti
O mare amaro o profondo mare
Qual è l’ora dei tuoi flussi e riflussi
Quanti anni-secondi devono bastare
Agli uomini per abiurare se stessi
Perché perché tutte queste smorfie
Niente è così precario come il vivere
Niente è come l’essere passeggero
è un po’ come per il ghiaccio fondere
E per il vento essere leggero
Arrivo là dove sono straniero
Louis Aragon
Si può volare anche da fermi, è questo che la maggior parte delle persone non capisce. E si perdono così, un sacco di viaggi meravigliosi.
Liana Masi
Quelli vestiti di coerenza si vedono sempre meno, forse perché stanno passando di moda.
Pietro Lasaponara