Il poeta con la madre
Il crepuscolarismo è stata una corrente letteraria nata all'inizio del 900, in opposizione al vitalismo ed all'individualismo allora imperante, che aveva come tematica le piccole emozioni quotidiane, anche le più semplici, descritte con dolce malinconia o leggera ironia.
Guido Gozzano
(Torino 19.12.1883 – Torino 9.8.1916)
BREVE BIOGRAFIA
Nato a Torino in un'agiata famiglia iniziò a studiare Giurisprudenza senza alcuna passione e presto entrò con amici in circoli letterari nei quali pur con contestandone l'eccessiva pesantezza poté approfondire diverse tematiche proposte da scrittori e poeti europei dell'epoca.
Ebbe sempre una salute malferma... (era ammalato di tisi) ma ciò non gli impedì da giovane di vivere la vita mondana torinese con i suoi amici con i quali in seguito creò il circolo dei crepuscolari torinesi.
Gozzano con alcuni amici al circolo della Marinetta
Ne 1907 iniziò a pubblicare poesie ed ebbe una breve e tormentata storia d'amore con la poetessa Amalia Guglielminetti.
Pubblicò diversi libri che ebbero un buon successo ma poco dopo nel 1916 a soli 33 anni morì per l'aggravarsi della malattia.
ALCUNE POESIE
Ne pubblico solo 3 perché lunghette ma a me molto care.
In particolare segnalo la 3° che è quella che diede
origine alla famosa frase
"Non amo che le rose che non colsi"
AD UN'IGNOTA
Tutto ignoro di te: nome, cognome,
l'occhio, il sorriso, la parola, il gesto;
e sapere non voglio, e non ho chiesto
il colore nemmen delle tue chiome.
…Ma so che vivi nel silenzio;
come care ti sono le mie rime:
questo ti fa sorella nel mio sogno mesto,
o amica senza volto e senza nome.
Fuori del sogno fatto di rimpianto
forse non mai, non mai c'incontreremo,
forse non ti vedrò, non mi vedrai.
Ma più di quella che ci siede accanto
cara è l'amica che non mai vedremo;
supremo è il bene che non giunge mai!
Federico Zandomeneghi
LE GOLOSE
Io sono innamorato di tutte le signore
che mangiano le paste nelle confetterie.
Signore e signorine -
le dita senza guanto -
scelgon la pasta. Quanto
ritornano bambine!
Perché nïun le veda,
volgon le spalle, in fretta,
sollevan la veletta,
divorano la preda.
C'è quella che s'informa
pensosa della scelta;
quella che toglie svelta,
né cura tinta e forma.
L'una, pur mentre inghiotte,
già pensa al dopo, al poi;
e domina i vassoi
con le pupille ghiotte.
un'altra – il dolce crebbe -
muove le disperate
bianchissime al giulebbe
dita confetturate!
Un'altra, con bell'arte,
sugge la punta estrema:
invano! ché la crema
esce dall'altra parte!
L'una, senz'abbadare
a giovine che adocchi,
divora in pace. Gli occhi
altra solleva, e pare
sugga, in supremo annunzio,
non crema e cioccolatte,
ma superliquefatte
parole del D'Annunzio.
Fra questi aromi acuti,
strani, commisti troppo
di cedro, di sciroppo,
di creme, di velluti,
di essenze parigine,
di mammole, di chiome:
oh! le signore come
ritornano bambine!
Perché non m'è concesso -
o legge inopportuna! -
il farmivi da presso,
baciarvi ad una ad una,
o belle bocche intatte
di giovani signore,
baciarvi nel sapore
di crema e cioccolatte?
Io sono innamorato di tutte le signore
che mangiano le paste nelle confetterie.
Alphonse Mucha
COCOTTE
I.
Ho rivisto il giardino, il giardinetto
contiguo, le palme del viale,
la cancellata rozza dalla quale
mi protese la mano ed il confetto…
II.
«Piccolino, che fai solo soletto?»
«Sto giocando al Diluvio Universale.»
Accennai gli stromenti, le bizzarre
cose che modellavo nella sabbia,
ed ella si chinò come chi abbia
fretta d'un bacio e fretta di ritrarre
la bocca, e mi baciò di tra le sbarre
come si bacia un uccellino in gabbia.
Sempre ch'io viva rivedrò l'incanto
di quel suo volto tra le sbarre quadre!
La nuca mi serrò con mani ladre;
ed io stupivo di vedermi accanto
al viso, quella bocca tanto, tanto
diversa dalla bocca di mia Madre!
«Piccolino, ti piaccio che mi guardi?
Sei qui pei bagni? Ed affittate là?»
«Sì… vedi la mia mamma e il mio Papà?»
Subito mi lasciò, con negli sguardi
un vano sogno (ricordai più tardi)
un vano sogno di maternità…
«Una cocotte!…»
«Che vuol dire, mammina?»
«Vuol dire una cattiva signorina:
non bisogna parlare alla vicina!»
Co-co-tte… La strana voce parigina
dava alla mia fantasia bambina
un senso buffo d'ovo e di gallina…
Pensavo deità favoleggiate:
i naviganti e l'Isole Felici…
Co-co-tte… le fate intese a malefici
con cibi e con bevande affatturate…
Fate saranno, chi sa quali fate,
e in chi sa quali tenebrosi offici!
III.
Un giorno – giorni dopo – mi chiamò
tra le sbarre fiorite di verbene:
«O piccolino, non mi vuoi più bene!…»
«è vero che tu sei una cocotte?»
Perdutamente rise… E mi baciò
con le pupille di tristezza piene.
IV.
Tra le gioie defunte e i disinganni,
dopo vent'anni, oggi si ravviva
il tuo sorriso… Dove sei, cattiva
Signorina? Sei viva? Come inganni
(meglio per te non essere più viva!)
la discesa terribile degli anni?
Oimè! Da che non giova il tuo belletto
e il cosmetico già fa mala prova
l'ultimo amante disertò l'alcova…
Uno, sol uno: il piccolo folletto
che donasti d'un bacio e d'un confetto,
dopo vent'anni, oggi ti ritrova
in sogno, e t'ama, in sogno, e dice: T'amo!
Da quel mattino dell'infanzia pura
forse ho amato te sola, o creatura!
Forse ho amato te sola! E ti richiamo!
Se leggi questi versi di richiamo
ritorna a chi t'aspetta, o creatura!
Vieni! Che importa se non sei più quella
che mi baciò quattrenne? Oggi t'agogno,
o vestita di tempo! Oggi ho bisogno
del tuo passato! Ti rifarò bella
come Carlotta, come Graziella,
come tutte le donne del mio sogno!
Il mio sogno è nutrito d'abbandono,
di rimpianto. Non amo che le rose
che non colsi. Non amo che le cose
che potevano essere e non sono
state… Vedo la case, ecco le rose
del bel giardino di vent'anni or sono!
Oltre le sbarre il tuo giardino intatto
fra gli eucalipti liguri si spazia…
Vieni! T'accoglierà l'anima sazia.
Fa ch'io riveda il tuo volto disfatto;
ti bacerò; rifiorirà, nell'atto,
sulla tua bocca l'ultima tua grazia.
Vieni! Sarà come se a me, per mano,
tu riportassi me stesso d'allora.
Il bimbo parlerà con la Signora.
Risorgeremo dal tempo lontano.
Vieni! Sarà come se a te, per mano,
io riportassi te, giovine ancora.
F I N E
Tony Kospan
Chi desiderasse conoscere meglio
e più "da vicino" Gozzano
(l'uomo, gli amori, villa Meleto)
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