Nella prima parte del post affronterò un aspetto poco noto
ma che ebbe gran rilievo sull'animo e sull'arte del mitico artista
e nella seconda parte accennerò ad un dipinto che, pur ritraendo
un'altra persona, è considerato un suo autoritratto psicologico.
Il primo riguarda gli inizi della sua vita
ed il secondo il periodo finale
LA POSSIBILE GENESI DELLA GRANDE TRISTEZZA DI VAN GOGH
Pochi sanno che esattamente un anno prima della sua nascita era nato un altro Vincent Van Gogh.
Ma era morto subito.
L'anno dopo, incredibilmente nello stesso mese e giorno, nacque il futuro pittore a cui venne dato dai genitori lo stesso nome del fratellino morto.
Quanto questo possa aver contribuito a destabilizzare la psiche del ragazzino (tomba col suo nome, ricordi familiari, compleanni etc.) ciascuno può immaginare.
Certamente la cosa ebbe una notevole influenza sulla sua psiche fin da piccolo per la difficoltà a creare una propria identità (si sentiva un duplicato) e poi sul suo umore tristissimo che ebbe per tutta la vita.
In verità lo stesso pittore era consapevole dell'infinita malinconia che l'avvolgeva e che solo tuffandosi animo e corpo nella pittura poteva riuscire a mitigare.
Ecco come lo stesso pittore descriveva la sua situazione in una delle lettere all'amato fratello Theo:
"Le cose misteriose, la tristezza e la malinconia restano, ma l’eterna negazione viene controbilanciata dal lavoro positivo che in tal modo, tutto considerato, riesco a fare".
Egli dunque riconosce l'enorme importanza che il suo oscuro stato d'animo e la sua solitudine hanno sui temi e sullo stile dei suoi dipinti.
Una lettera
Infatti osservando le sue opere (per lo più autoritratti, paesaggi, nature morte di fiori, dipinti con cipressi, rappresentazioni di campi di grano e girasoli) ci accorgiamo subito che non c'è mai finitezza o estrema definizione delle immagini dipinte che invece rivelano un contemporaneo coinvolgimento dei diversi elementi della natura.
Infatti i fiori, i paesaggi, le persone, gli astri etc sono sempre interconnessi tra loro e rivelano la sua visione "universale" del mondo e della vita.
La realtà fluttua... sembra agitarsi... sotto l'influsso degli elementi naturali come il vento, il sole... etc.
Egli quindi riconosce l'esistenza di un altro genere di vita, che potremmo definire "normale", ma sa che non può essere il suo.
IL RITRATTO DEL DR. GACHET
Nel periodo tra maggio e giugno del 1890 quando la sua depressione era divenuta ormai quasi insostenibile conobbe il dr. Gachet presentatogli dal fratello a cui fece 2 dipinti.
Anche il dottore, amante dell'arte, pittore lui stesso e mecenate di artisti, era disperato per aver perso da poco una figlia ma entrò in forte sintonia con Vincent condividendone sia la tristezza che i temi della sua arte.
Il dipinto esprime tanto dolore ed una grande stanchezza verso la vita attenuata solo in parte dall'erba medicinale in primo piano (il dottore era anche omeopata).
Il dottore fu poi così contento del primo dipinto che ne chiese un altro.
Ritratto del dr. Gachet
Il primo, che è il più noto e sicuramente suo, purtroppo ora non si sa più dove sia dopo varie confuse vicende.
Ecco una descrizione del dipinto fatta dello stesso Van Gogh in una lettera a Gauguin:
"nel mio ritratto il dottore ha l'espressione affranta del nostro tempo".
Qui in verità Van Gogh non dipinge genialmente solo il dottore ed il suo dolore ma anche il proprio e da molti è infatti considerato un suo "autoritratto psicologico".
Qualche mese dopo si tolse la vita.
Vincent ed il fratello minore Theo che gli fu vicino tutta la vita (qui giovani)
Tony Kospan
FINE