Molti non sanno che l’istituto della Confessione
è davvero molto antico
molto più antico di quanto si possa pensare.
Tratteremo qui,
sulla base della documentazione archeologica a noi giunta,
il modo in cui l’istituto della Confessione
giunse nell’antico Egitto
e la particolare forma che ebbe presso di loro.
LA CONFESSIONE
a cura di Tony Kospan
Un primo completo elenco di peccati o meglio ancora…
l’affermazione di non averli commessi si trova tra gli Egizi…
nel famoso Libro dei Morti.
Questo istituto però era già presente nella religione degli Ittiti
che ebbero frequenti rapporti sia pacifici che bellicosi con gli Egizi.
Questi ultimi dunque la fecero propria…
riducendola però ad una formula soprattutto rituale
per passare nel miglior modo alla vita ultraterrena.
Nella religione Ittita il peccato per eccellenza,
anzi il "reato" data la sua punibilità,
era la trasgressione alle norme o agli ordini divini.
Proprio per la ricerca dei peccati
e per l’espiazione di eventuali trasgressioni,
essendo ciò di fondamentale importanza,
acquistò particolare rilievo tra gli Ittiti l’istituto della confessione.
L’idea stessa del peccato fu personificata in un dio, Wastulassis,
che assieme ad altre divinità astratte quali
Hantassas (equità) e Istamanassas (esaudimento),
a differenza degli altri dei che ordinavano il territorio,
regolavano i rapporti tra uomini e dei,
e quindi il comportamento umano.
Gli Egizi quindi fecero loro questo istituto e ne fecero largo uso
Ecco ora il testo completo della formula che gli egizi recitavano
e che portavano con sé nel sarcofago scritta su amuleti
(in genere lo scarabeo scacro)
e spesso era inserita tra le bende della mummia.
La confessione presentava in sé, visti i peccati che l’anima negava d’aver commesso,
un alto carattere morale ma, in realtà, bastava saperla recitare a memoria o leggerla
dopo essersela scritta nella tomba, per essere sicuri di ricevere l’assoluzione
anche nel caso che si fossero commessi tutti i peccati nominati nel corso dell’atto di discolpa:
LA CONFESSIONE
Non ho detto il falso
Non ho commesso razzie
Non ho rubato
Non ho ucciso uomini
Non ho commesso slealtà
Non ho sottratto le offerte al dio
Non ho detto bugie
Non ho sottratto cibo
Non ho disonorato la mia reputazione
Non ho commesso trasgressioni
Non ho ucciso tori sacri
Non ho commesso spergiuro
Non ho rubato il pane
Non ho origliato
Non ho parlato male di altri
Non ho litigato se non per cose giuste
Non ho commesso atti omosessuali
Non ho avuto comportamenti riprovevoli
Non ho spaventato nessuno
Non ho ceduto all’ ira
Non sono stato sordo alle parole di verità
Non ho arrecato disturbo
Non ho compiuto inganni
Non ho avuto una condotta cattiva
Non mi sono accoppiato (con un ragazzo)
Non sono stato negligente
Non sono stato litigioso
Non sono stato esageratamente attivo
Non sono stato impaziente
Non ho commesso affronti contro l’immagine di un dio
Non ho mancato alla mia parola
Non ho commesso cose malvagie
Non ho avuto visioni di demoni
Non ho congiurato contro il re
Non ho proceduto a stento nell’acqua
Non ho alzato la voce
Non ho ingiuriato dio
Non ho avuto dei privilegi a mio vantaggio
Non sono ricco se non grazie a ciò che mi appartiene
Non ho bestemmiato il nome del dio della città.
Però anche tra i vivi si ha notizia di una confessione dello stesso genere
che veniva pronunciata dal sacerdote dopo l’apertura del naos, al mattino,
durante il culto divino quotidiano, nell’ora destinata all’adorazione del dio.
Questo era dunque l’istituto della Confessione nell’antico Egitto
prima della sua successiva profonda trasformazione
avvenuta con il Cristianesimo.
FINE
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