Un aspetto poco noto di un grande e "storico" poeta italiano
che mi pare opportuno ricordare insieme alla sua enigmatica figura
ed alla sua dolorosa vicenda familiare da cui nacque una mitica poesia
che potremo rileggere.
La letteratura e la criminalità, almeno in Italia, non hanno avuto molti e frequenti rapporti tra loro a parte l'omicidio di Pasolini e, ovviamente la letteratura gialla e "noir".
Ma c'è stato un episodio, circa 150 anni fa, che ha visto un futuro grande poeta soffrire per una dolorosa vicenda familiare.
Parlo di Pascoli, dell'omicidio di suo padre da parte di sconosciuti e della mitica poesia "La cavalla storna", i cui mitici e dolorosi versi abbiamo studiato a scuola.
Ebbene pochi sanno dell'intensa attività di indagine del giovane Giovanni, assieme a suo fratello Raffaele, alla ricerca dei colpevoli dell'omicidio del padre data l'evidente difficoltà o incapacità di scoprire gli autori da parte degli organi di polizia.
L'omicidio del padre non solo creò uno sconquasso anche economico nella sua famiglia, prima agiata e serena, ma fu anche l'inizio di vari altri lutti.
Il poeta fu presago di questo.
Si racconta infatti che dicesse continuamente “Niente sarà più come prima” dopo la morte del padre Ruggero.
Seguirà infatti ben presto un crollo economico, e poi la morte della madre e di alcuni fratelli.
Il padre, la madre ed alcuni figli (a destra il piccolo Pascoli)
CHI ERA IL PADRE?
Persona di severi principi morali e di grandi valori aveva però un carattere spigoloso che non lo rendeva amato nella sua comunità benché avesse raggiunto un importante e ben retribuito incarico di amministratore di una importante tenuta.
Anzi prendere il suo posto, può essere stato uno dei possibili moventi insieme a beghe politiche (aveva lasciato il partito repubblicano per quello librale) e altre invidie varie.
Pascoli da giovane
LE INDAGINI ED I PROCESSI
I silenzi omertosi dei concittadini, di cui parlerà lo stesso Pascoli, non consentirono, insieme ad una certa acquiescenza delle Autorità, la scoperta dei colpevoli benché si siano svolti anche dei processi, caduti però nel vuoto.
Dobbiamo considerare che l'Italia era da poco unita ma era ancora molto povera e sbandata ed in tantissime zone la violenza la faceva ancora da padrone e così anche in Romagna dove si aggiungevano anche contrasti politici.
LE INDAGINI DEL POETA
Benché giovanissimo il futuro poeta fu subito consapevole della fitta nebbia calata sulla morte del padre ed iniziò, insieme al fratello, serrate indagini facendo domande in giro, ricerche etc.
Raggiunse forse anche la certezza su chi fossero mandante ed esecutori materiali dell'omicidio, come lascia intendere il finale della "Cavalla storna", ma non ebbe mai prove concrete.
In questo contesto omertoso le indagini dei fratelli Pascoli non solo non furono appoggiate dalla popolazione ma anzi la sua famiglia subì delle minacce e forse fu anche la causa anche della morte di un fratello, tra l'altro quello economicamente più valido, forse ucciso con il veleno.
Questo convinse il poeta alla fine a rinunciar a continuare le indagini ma la morte del padre fu sempre presente nel suo animo come appare in alcuni scritti privati ed ogni tanto fu evocata anche nelle sue poesie.
Pascoli con le sorelle
LA MITICA POESIA: LA CAVALLA STORNA
Ma ora veniamo all'indimenticabile poesia in cui il delitto è liricamente narrato.
Nella Torre il silenzio era già alto.
Sussurravano i pioppi del Rio Salto.
I cavalli normanni alle lor poste
frangean la biada con rumor di croste.
Là in fondo la cavalla era, selvaggia,
nata tra i pini su la salsa spiaggia;
che nelle froge avea del mar gli spruzzi
ancora, e gli urli negli orecchi aguzzi.
Con su la greppia un gomito, da essa
era mia madre; e le dicea sommessa:
« O cavallina, cavallina storna,
che portavi colui che non ritorna;
tu capivi il suo cenno ed il suo detto!
Egli ha lasciato un figlio giovinetto;
il primo d'otto tra miei figli e figlie;
e la sua mano non toccò mai briglie.
Tu che ti senti ai fianchi l'uragano,
tu dai retta alla sua piccola mano.
Tu c'hai nel cuore la marina brulla,
tu dai retta alla sua voce fanciulla».
La cavalla volgea la scarna testa
verso mia madre, che dicea più mesta:
«O cavallina, cavallina storna,
che portavi colui che non ritorna;
lo so, lo so, che tu l'amavi forte!
Con lui c'eri tu sola e la sua morte
O nata in selve tra l'ondate e il vento,
tu tenesti nel cuore il tuo spavento;
sentendo lasso nella bocca il morso,
nel cuor veloce tu premesti il corso:
adagio seguitasti la tua via,
perché facesse in pace l'agonia. . . »
La scarna lunga testa era daccanto
al dolce viso di mia madre in pianto.
«O cavallina, cavallina storna,
che portavi colui che non ritorna;
oh! due parole egli dove' pur dire!
E tu capisci, ma non sai ridire.
Tu con le briglie sciolte tra le zampe,
con dentro gli occhi il fuoco delle vampe,
con negli orecchi l'eco degli scoppi,
seguitasti la via tra gli alti pioppi:
lo riportavi tra il morir del sole,
perché udissimo noi le sue parole».
Stava attenta la lunga testa fiera.
Mia madre l'abbracciò su la criniera.
«O cavallina, cavallina storna,
portavi a casa sua chi non ritorna!
a me, chi non ritornerà più mai!
Tu fosti buona. . . Ma parlar non sai!
Tu non sai, poverina; altri non osa.
Oh! ma tu devi dirmi una una cosa!
Tu l'hai veduto l'uomo che l'uccise:
esso t'è qui nelle pupille fise.
Chi fu? Chi è? Ti voglio dire un nome.
E tu fa cenno. Dio t'insegni, come».
Ora, i cavalli non frangean la biada:
dormian sognando il bianco della strada.
La paglia non battean con l'unghie vuote:
dormian sognando il rullo delle ruote.
Mia madre alzò nel gran silenzio un dito:
disse un nome. . . Sonò alto un nitrito.
(San Mauro di Romagna 31 dicembre 1855 – Bologna, 6 aprile 1912)
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