I finanziamenti: in Francia l'alta velocità costa un quarto rispetto all'Italia di Andrea Malan
Sessantadue milioni a chilometro contro i 16,6 della Francia. Il
ministro delle Infrastrutture Di Pietro, dicendo di recente che l'Alta
velocità ferroviaria in Italia costa fino a 44 milioni di euro a
chilometro, ha sbagliato per difetto. Come si arriva a questi numeri?
Il Sole-24 Ore ha messo a confronto i costi di una linea italiana - la
Milano-Torino - con quelli della tratta AV che da giugno collegherà
Parigi con Lorena e Alsazia (Lgv-Est). In entrambi i casi i lavori sono
partiti nel 2002; per la Milano-Torino termineranno nel 2009 (la tratta
Torino-Novara è aperta al traffico dal febbraio 2006). Per la linea
francese la più recente stima di costo a finire arriva a 5 miliardi per
300 chilometri (Rff, l'equivalente di Rfi, fornisce la ripartizione
dettagliata dei costi sulla base di 4,1 miliardi). Per quanto riguarda
l'Italia, Tav dichiara un costo complessivo dell'opera di 7,8 miliardi
di euro per 125 chilometri; anche questa è una stima a finire, e
l'importo potrebbe salire.
Il grosso dei lavori - 6,6 miliardi - è stato affidato al general
contractor Fiat (la parte residua è sostenuta direttamente da Tav).
Fiat li ha a sua volta affidati al consorzio CavToMi composto da
Impregilo (75%) e altre società di costruzioni. I bilanci CavToMi
riportano per gli anni 2001-2005 costi per complessivi 3,9 miliardi di
euro su 6,35 totali, al netto del compenso al general contractor (il
bilancio 2006 non è ancora depositato).
Milano-Novara, costi record Sui costi complessivi, la differenza a chilometro è quella citata
all'inizio: 62 milioni contro 16,6. Da dove viene? I costi in più per
l'opera italiana sono giustificati, o sono sprechi, o peggio? Le Fs
dicono di non poter fornire cifre dettagliate: con un'indagine
parlamentare alle porte - fanno sapere - le comunicheranno in quella
sede. Qualche ragionamento, sia tecnico che finanziario, si può però
fare da subito. Innanzitutto, la Milano-Torino è una tratta "facile":
125 chilometri interamente piatti attraverso la pianura padana; la
linea francese corre attraverso dolci colline, in zone per lo più poco
urbanizzate. La differenza di costi non sembra dovuta alle
caratteristiche del territorio, come sarebbe stato invece per la
Bologna-Firenze (78,5 chilometri quasi interamente in galleria e con
elevati oneri di ripristino ambientale); il paradosso è che
quest'ultima, a 70 milioni al chilometro, costerà meno della
Milano-Novara per la quale è attualmente previsto un costo a finire
(stima Tav) di 2,9 miliardi per 39 chilometri, ovvero 74 milioni a
chilometro.
Con i fondi indicati, i francesi hanno costruito tre stazioni sulla
nuova linea ad alta velocità. In quelli della Mi-To è compresa una
nuova stazione sulla linea "storica" (altre ne verranno rimodernate).
Gli extra costi non sembrano neppure dovuti alle interconnessioni con
le linee esistenti: 17 chilometri di raccordi in Italia, 44 in Francia
- più o meno in proporzione alla lunghezza delle linee. Altrettanto
proporzionati sembrano altri parametri relativi a opere civili, come
gli sbancamenti, o ferroviarie, come la lunghezza delle rotaie. Un
confronto monetario è però difficile. I francesi, infatti, forniscono i
dettagli: poco più di 2 miliardi per le opere civili, poco più di uno
per la parte puramente ferroviaria (massicciata, traversine, fili di
rame, apparecchiature elettriche). La Tav non li fornisce, né è
possibile ricavarli dai bilanci del consorzio, poiché il grosso dei
lavori è in subappalto.
I bilanci del consorzio CavToMi sono esaurienti solo in teoria.
Quasi metà dei costi (1,75 miliardi su 4) sono per «subappalti e
forniture» e a fronte di voci dettagliate - dalla progettazione ai
viaggi, dal monitoraggio ambientale alla pubblicità, dalla pulizia alle
"spese funebri" - restano in cinque anni oltre 250 milioni di
«prestazioni varie» che nel bilancio 2005 sono la terza voce di costo
dopo subappalti e indennizzi per espropri. Questi ultimi, relativi a
terreni e fabbricati, sono tra i fattori di maggiore costo. La
superficie acquistata è di 1.627 ettari: in proporzione alla lunghezza
della linea, poco più dei 3.000 ettari dei francesi. Questi ultimi
hanno speso circa 250 milioni di euro; la presenza in Italia,
soprattutto in una tratta come la Milano-Novara, di zone più
urbanizzate (e di un numero maggiore di fabbricati) e la necessità di
agire in fretta (i lavori della Torino-Novara avevano la "scadenza"
delle Olimpiadi 2006) ha fatto lievitare i costi a (minimo) 440
milioni, con un peso chilometrico oltre quadruplo. L'elevata
urbanizzazione ha imposto un numero molto maggiore di barriere di
insonorizzazione (210mila mq. contro 12mila).
Anche l'attività di «coordinamento ed organizzazione» del general
contractor Fiat è costata cara: l'azienda torinese incasserà per questo
ruolo, non comprensivo della direzione lavori, il «3,6% circa». Sui 6,6
miliardi per la tratta Mi-To fa un totale di 240 milioni. In Francia la
percentuale della maitrise d'ouvrage
è del 2%, poco più della metà di quella italiana. Nel caso francese il
compito è svolto direttamente da Rff e la parcella, su 5 miliardi di
euro, è di circa 100 milioni, ovvero 330mila euro a chilometro contro 2
milioni in Italia.
Il salasso per l'autostrada Un fattore che ha avuto un peso indubbio sui costi è
l'affiancamento della linea Milano-Torino all'autostrada A4; decisione
presa per limitare l'impatto sul territorio ma che ha comportato spese
addizionali - in particolare il rifacimento di tutti i sovrappassi, di
15 caselli e tre aree di servizio - tutte a carico della ferrovia. Tali
costi non hanno nulla a che fare con il rifacimento dell'autostrada
stessa, che è in corso su metà del tracciato e pianificato sul resto.
Quanto ha pesato la necessità di ottenere l'assenso delle comunità
locali in sede di Conferenza dei servizi? Ciascuno dei Comuni ha avuto
qualcosa. Carlo Borghetti, assessore all'Urbanistica e Mobilità del
comune lombardo di Rho, spiega per esempio che «abbiamo ottenuto che
alcune strade di cantiere venissero asfaltate e rese definitive, oltre
che l'illuminazione di una via periferica; in tutto, opere per una
decina di milioni». A S.Stefano Ticino, l'assessore Angelo Gini valuta
in «qualche milione di euro» il valore delle opere legate alla Tav. Se
queste stime sono vere, sommando i 41 Comuni interessati al percorso
dell'intera Milano-Torino si arriva al massimo a due-trecento milioni
di euro.
Su quest'ultimo punto, però, la vera differenza con la Francia è
un'altra. Perché Oltralpe per la prima volta proprio con la linea di
Tgv Est le comunità locali, a partire dalle Regioni, partecipano al
finanziamento del progetto in misura significativa: 730 milioni, pari a
circa un quarto del totale. Questa partecipazione deriva da un decreto
del 1997 che vieta alle ferrovie statali di finanziare un progetto
chiesto dalle comunità locali se questo non raggiunge un livello minimo
di redditività, a meno che le comunità stesse non partecipino al
finanziamento. E forse proprio questa partecipazione degli Enti locali
in veste di finanziatori contribuisce alla moderazione delle spese. Qui
da noi, invece, i costruttori continuano a muoversi con i parametri
italiani e non francesi. Il piano di Impregilo-Intesa per la tratta
Milano-Genova, per ora bocciato da Di Pietro, prevede un costo di 6,5
miliardi di euro per 70 chilometri: 93 milioni a chilometro, record
assoluto.
Tav e Ferrovie forniranno sicuramente in Parlamento molte
spiegazioni in più sui costi delle linee AV. Certo, a prezzi francesi
la Milano-Torino sarebbe costata poco più di 2 miliardi di euro.
Vogliamo raddoppiare per tener conto dei fattori oggettivi di maggior
costo? Si arriva a 4 miliardi. Ne sono stati spesi 7,8. Con i 3,8
miliardi rimasti si potrebbe costruire - a prezzi francesi - l'intera
Milano-Venezia. Oppure comprare dei treni: perché una delle conseguenze
degli sprechi del progetto Tav è che avremo fra tre anni una rete ad
Alta velocità ma non abbastanza treni, né per questa né per i pendolari.
Recentemente
su “La Stampa” sono stati pubblicati vari interventi di esponenti
politici a favore della linea TAV Torino-Lione e negli ultimi giorni
quelli dell’editorialista Luigi La Spina e del presidente dell’Unione
industriale di Torino, Gianfranco Carbonato.Per una corretta
informazione riteniamo si debba anche sentire la voce di chi, come Pro
Natura Piemonte, approfondisce quotidianamente, da circa vent’anni,
questa delicata questione e ha una serie di motivazioni che
richiederebbero pagine di questo giornale per spiegare i motivi che ci
vedono contrari. Solo dopo che si sarà fornita un’informazione completa
i cittadini potranno decidere con piena conoscenza. Oggi non è così.Nel
commento alla vicenda della Torino Lione di Gianfranco Carbonato siamo
d’accordo sul titolo: “Prigionieri di una piccola minoranza”. Ed è
proprio così una piccola, anzi piccolissima minoranza di finanzieri
tiene prigioniera l’economia reale, imponendo che un patrimonio
pubblico, come sono le risorse dello Stato, create dal contributo e dal
lavoro di tutti, sia sperperato a vantaggio di privatissimi guadagni
connessi al momento della costruzione, slegati dai costi e dalle
necessità reali, nonchè dai dati tecnici che dovrebbero giustificare
l’opera. Siamo di fronte all’unica proposta di grande infrastruttura
che nei venti anni dalla sua presentazione non si è mai confrontata con
i dati reali di traffico che dovrebbero dimostrarne la necessità. Ed
anzi, continua a promuoversi anche quando questi dati, da anni, vanno
in controtendenza rispetto alle mirabolanti promesse fatte a suo tempo.
In 15 anni, dal 1994 al 2008, l’insieme del traffico
merci autostradale dei tunnels del Frejus e del Monte Bianco (che vanno
considerati insieme perché sono interdipendenti) è sceso da 26,5
milioni di tonnellate a 20,8 milioni di tonnellate, con un calo del 21%
anche senza considerare la crisi del 2009. Oggi i due tunnels insieme
hanno il traffico che avevano nel 1989! La ferrovia del Frejus è andata
anche peggio e nel 2008 è diminuita del 40% rispetto al 1994. Da notare
che si tratta di una linea ferroviaria che per metà stata inaugurata
alla fine degli anni ’80, e comunque che si colloca allo stesso livello
delle ferrovie del Brennero, che nello steso periodo è cresciuta del
70%, e del San Gottardo, che si è accontenta di un aumento del 17%. La
realtà è che i valichi alpini italo francesi mettono in comunicazione
delle economie mature che ormai hanno meno prodotti da scambiarsi
rispetto a venti anni fa, nel quadro globale che ha visto la crescita
degli scambi commerciali con l’oltremare. Nonostante
questo, Carbonato dice che senza infrastrutture come la Torino Lione
“non siamo in grado di attrarre investimenti produttivi da altre aree”.
Ci stupisce che il presidente dell’Unione Industriale non veda il
drammatico fenomeno della delocalizzazione industriale a vantaggio di
paesi come Romania e Polonia, tanto per citarne due, che hanno una rete
di infrastrutture poverissima in confronto alla nostra, ma che attirano
perché possono offrire un costo umano sensibilmente più basso. E
l’unico modo per vincere questa drammatica sfida occupazionale è quello
di sostenere l’innovazione e la ricerca industriale, non sperperare
almeno 15 miliardi di euro in un progetto vuoto come la Torino Lione.
Sulle pagine dello stesso quotidiano, il parlamentare europeo Paolo
Costa, presidente del gruppo di lavoro incaricato dall'Unione Europea
di seguire i grandi progetti infrastrutturali, gli fa eco sostenendo
che bisogna sostenere la Torino Lione per difendere gli interessi del
paese, e sogna il porto di Venezia come posto di ingresso delle merci
per la Francia, provenienti da Suez, e quello di Genova per le merci
destinate al Centro Europa. Anche qui sembra che parlino persone fuori
dal mondo, perlomeno fuori dalle carte geografiche. è possibile che non
abbiano notato che chi viene da Suez e naviga per Gibilterra, per
raggiungere Genova e tanto più Venezia, deve deviare a Nord, e pertanto
che una portacontainer, per andare a Rotterdam impiega solo 4 giorni in
più, e che questo viene ad incidere solo per 100 dollari a container? E
loro pensano di poter caricare un container su camion, pagare il
camion, la ferrovia veloce, il tunnel di base ed il trasporto oltralpi
per 100 dollari?La gente della Val di Susa non è gente fuori dal mondo:
da venti anni si oppone a questa linea, e continuerà ad opporsi perché
è una valle che vive da sempre la realtà dei trasporti e dei
collegamenti, e quindi, su questo tema, è impossibile ingannarla. E
l’unico confronto possibile, che è quello di discutere dei dati reali
di traffico, non è mai stato fatto, neppure dall’Osservatorio. 13 gennaio 2010