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De: Amico Web di Francesca  (Mensaje original) Enviado: 14/01/2010 00:30
SI ACCETTANO COMMENTI!!!!

I finanziamenti: in Francia l'alta velocità costa un quarto rispetto all'Italia

di Andrea Malan

Sessantadue milioni a chilometro contro i 16,6 della Francia. Il ministro delle Infrastrutture Di Pietro, dicendo di recente che l'Alta velocità ferroviaria in Italia costa fino a 44 milioni di euro a chilometro, ha sbagliato per difetto. Come si arriva a questi numeri? Il Sole-24 Ore ha messo a confronto i costi di una linea italiana - la Milano-Torino - con quelli della tratta AV che da giugno collegherà Parigi con Lorena e Alsazia (Lgv-Est). In entrambi i casi i lavori sono partiti nel 2002; per la Milano-Torino termineranno nel 2009 (la tratta Torino-Novara è aperta al traffico dal febbraio 2006). Per la linea francese la più recente stima di costo a finire arriva a 5 miliardi per 300 chilometri (Rff, l'equivalente di Rfi, fornisce la ripartizione dettagliata dei costi sulla base di 4,1 miliardi). Per quanto riguarda l'Italia, Tav dichiara un costo complessivo dell'opera di 7,8 miliardi di euro per 125 chilometri; anche questa è una stima a finire, e l'importo potrebbe salire.

Il grosso dei lavori - 6,6 miliardi - è stato affidato al general contractor Fiat (la parte residua è sostenuta direttamente da Tav). Fiat li ha a sua volta affidati al consorzio CavToMi composto da Impregilo (75%) e altre società di costruzioni. I bilanci CavToMi riportano per gli anni 2001-2005 costi per complessivi 3,9 miliardi di euro su 6,35 totali, al netto del compenso al general contractor (il bilancio 2006 non è ancora depositato).

Milano-Novara, costi record
Sui costi complessivi, la differenza a chilometro è quella citata all'inizio: 62 milioni contro 16,6. Da dove viene? I costi in più per l'opera italiana sono giustificati, o sono sprechi, o peggio? Le Fs dicono di non poter fornire cifre dettagliate: con un'indagine parlamentare alle porte - fanno sapere - le comunicheranno in quella sede. Qualche ragionamento, sia tecnico che finanziario, si può però fare da subito. Innanzitutto, la Milano-Torino è una tratta "facile": 125 chilometri interamente piatti attraverso la pianura padana; la linea francese corre attraverso dolci colline, in zone per lo più poco urbanizzate. La differenza di costi non sembra dovuta alle caratteristiche del territorio, come sarebbe stato invece per la Bologna-Firenze (78,5 chilometri quasi interamente in galleria e con elevati oneri di ripristino ambientale); il paradosso è che quest'ultima, a 70 milioni al chilometro, costerà meno della Milano-Novara per la quale è attualmente previsto un costo a finire (stima Tav) di 2,9 miliardi per 39 chilometri, ovvero 74 milioni a chilometro.

Con i fondi indicati, i francesi hanno costruito tre stazioni sulla nuova linea ad alta velocità. In quelli della Mi-To è compresa una nuova stazione sulla linea "storica" (altre ne verranno rimodernate). Gli extra costi non sembrano neppure dovuti alle interconnessioni con le linee esistenti: 17 chilometri di raccordi in Italia, 44 in Francia - più o meno in proporzione alla lunghezza delle linee. Altrettanto proporzionati sembrano altri parametri relativi a opere civili, come gli sbancamenti, o ferroviarie, come la lunghezza delle rotaie. Un confronto monetario è però difficile. I francesi, infatti, forniscono i dettagli: poco più di 2 miliardi per le opere civili, poco più di uno per la parte puramente ferroviaria (massicciata, traversine, fili di rame, apparecchiature elettriche). La Tav non li fornisce, né è possibile ricavarli dai bilanci del consorzio, poiché il grosso dei lavori è in subappalto.

I bilanci del consorzio CavToMi sono esaurienti solo in teoria. Quasi metà dei costi (1,75 miliardi su 4) sono per «subappalti e forniture» e a fronte di voci dettagliate - dalla progettazione ai viaggi, dal monitoraggio ambientale alla pubblicità, dalla pulizia alle "spese funebri" - restano in cinque anni oltre 250 milioni di «prestazioni varie» che nel bilancio 2005 sono la terza voce di costo dopo subappalti e indennizzi per espropri.
Questi ultimi, relativi a terreni e fabbricati, sono tra i fattori di maggiore costo. La superficie acquistata è di 1.627 ettari: in proporzione alla lunghezza della linea, poco più dei 3.000 ettari dei francesi. Questi ultimi hanno speso circa 250 milioni di euro; la presenza in Italia, soprattutto in una tratta come la Milano-Novara, di zone più urbanizzate (e di un numero maggiore di fabbricati) e la necessità di agire in fretta (i lavori della Torino-Novara avevano la "scadenza" delle Olimpiadi 2006) ha fatto lievitare i costi a (minimo) 440 milioni, con un peso chilometrico oltre quadruplo. L'elevata urbanizzazione ha imposto un numero molto maggiore di barriere di insonorizzazione (210mila mq. contro 12mila).

Anche l'attività di «coordinamento ed organizzazione» del general contractor Fiat è costata cara: l'azienda torinese incasserà per questo ruolo, non comprensivo della direzione lavori, il «3,6% circa». Sui 6,6 miliardi per la tratta Mi-To fa un totale di 240 milioni. In Francia la percentuale della maitrise d'ouvrage è del 2%, poco più della metà di quella italiana. Nel caso francese il compito è svolto direttamente da Rff e la parcella, su 5 miliardi di euro, è di circa 100 milioni, ovvero 330mila euro a chilometro contro 2 milioni in Italia.

Il salasso per l'autostrada
Un fattore che ha avuto un peso indubbio sui costi è l'affiancamento della linea Milano-Torino all'autostrada A4; decisione presa per limitare l'impatto sul territorio ma che ha comportato spese addizionali - in particolare il rifacimento di tutti i sovrappassi, di 15 caselli e tre aree di servizio - tutte a carico della ferrovia. Tali costi non hanno nulla a che fare con il rifacimento dell'autostrada stessa, che è in corso su metà del tracciato e pianificato sul resto.

Quanto ha pesato la necessità di ottenere l'assenso delle comunità locali in sede di Conferenza dei servizi? Ciascuno dei Comuni ha avuto qualcosa. Carlo Borghetti, assessore all'Urbanistica e Mobilità del comune lombardo di Rho, spiega per esempio che «abbiamo ottenuto che alcune strade di cantiere venissero asfaltate e rese definitive, oltre che l'illuminazione di una via periferica; in tutto, opere per una decina di milioni». A S.Stefano Ticino, l'assessore Angelo Gini valuta in «qualche milione di euro» il valore delle opere legate alla Tav. Se queste stime sono vere, sommando i 41 Comuni interessati al percorso dell'intera Milano-Torino si arriva al massimo a due-trecento milioni di euro.

Su quest'ultimo punto, però, la vera differenza con la Francia è un'altra. Perché Oltralpe per la prima volta proprio con la linea di Tgv Est le comunità locali, a partire dalle Regioni, partecipano al finanziamento del progetto in misura significativa: 730 milioni, pari a circa un quarto del totale. Questa partecipazione deriva da un decreto del 1997 che vieta alle ferrovie statali di finanziare un progetto chiesto dalle comunità locali se questo non raggiunge un livello minimo di redditività, a meno che le comunità stesse non partecipino al finanziamento. E forse proprio questa partecipazione degli Enti locali in veste di finanziatori contribuisce alla moderazione delle spese. Qui da noi, invece, i costruttori continuano a muoversi con i parametri italiani e non francesi. Il piano di Impregilo-Intesa per la tratta Milano-Genova, per ora bocciato da Di Pietro, prevede un costo di 6,5 miliardi di euro per 70 chilometri: 93 milioni a chilometro, record assoluto.

Tav e Ferrovie forniranno sicuramente in Parlamento molte spiegazioni in più sui costi delle linee AV. Certo, a prezzi francesi la Milano-Torino sarebbe costata poco più di 2 miliardi di euro. Vogliamo raddoppiare per tener conto dei fattori oggettivi di maggior costo? Si arriva a 4 miliardi. Ne sono stati spesi 7,8. Con i 3,8 miliardi rimasti si potrebbe costruire - a prezzi francesi - l'intera Milano-Venezia. Oppure comprare dei treni: perché una delle conseguenze degli sprechi del progetto Tav è che avremo fra tre anni una rete ad Alta velocità ma non abbastanza treni, né per questa né per i pendolari.


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De: Amico Web di Francesca Enviado: 14/01/2010 00:36
NO TAV "L'INFORMAZIONE NEGATA"
di Mario Cavargna, Presidente Pro Natura Piemonte

Recentemente su “La Stampa” sono stati pubblicati vari interventi di esponenti politici a favore della linea TAV Torino-Lione e negli ultimi giorni quelli dell’editorialista Luigi La Spina e del presidente dell’Unione industriale di Torino, Gianfranco Carbonato.Per una corretta informazione riteniamo si debba anche sentire la voce di chi, come Pro Natura Piemonte, approfondisce quotidianamente, da circa vent’anni, questa delicata questione e ha una serie di motivazioni che richiederebbero pagine di questo giornale per spiegare i motivi che ci vedono contrari. Solo dopo che si sarà fornita un’informazione completa i cittadini potranno decidere con piena conoscenza. Oggi non è così.Nel commento alla vicenda della Torino Lione di Gianfranco Carbonato siamo d’accordo sul titolo: “Prigionieri di una piccola minoranza”. Ed è proprio così una piccola, anzi piccolissima minoranza di finanzieri tiene prigioniera l’economia reale, imponendo che un patrimonio pubblico, come sono le risorse dello Stato, create dal contributo e dal lavoro di tutti, sia sperperato a vantaggio di privatissimi guadagni connessi al momento della costruzione, slegati dai costi e dalle necessità reali, nonchè dai dati tecnici che dovrebbero giustificare l’opera. Siamo di fronte all’unica proposta di grande infrastruttura che nei venti anni dalla sua presentazione non si è mai confrontata con i dati reali di traffico che dovrebbero dimostrarne la necessità. Ed anzi, continua a promuoversi anche quando questi dati, da anni, vanno in controtendenza rispetto alle mirabolanti promesse fatte a suo tempo.

In 15 anni, dal 1994 al 2008, l’insieme del traffico merci autostradale dei tunnels del Frejus e del Monte Bianco (che vanno considerati insieme perché sono interdipendenti) è sceso da 26,5 milioni di tonnellate a 20,8 milioni di tonnellate, con un calo del 21% anche senza considerare la crisi del 2009. Oggi i due tunnels insieme hanno il traffico che avevano nel 1989! La ferrovia del Frejus è andata anche peggio e nel 2008 è diminuita del 40% rispetto al 1994. Da notare che si tratta di una linea ferroviaria che per metà stata inaugurata alla fine degli anni ’80, e comunque che si colloca allo stesso livello delle ferrovie del Brennero, che nello steso periodo è cresciuta del 70%, e del San Gottardo, che si è accontenta di un aumento del 17%. La realtà è che i valichi alpini italo francesi mettono in comunicazione delle economie mature che ormai hanno meno prodotti da scambiarsi rispetto a venti anni fa, nel quadro globale che ha visto la crescita degli scambi commerciali con l’oltremare.

Nonostante questo, Carbonato dice che senza infrastrutture come la Torino Lione “non siamo in grado di attrarre investimenti produttivi da altre aree”.
Ci stupisce che il presidente dell’Unione Industriale non veda il drammatico fenomeno della delocalizzazione industriale a vantaggio di paesi come Romania e Polonia, tanto per citarne due, che hanno una rete di infrastrutture poverissima in confronto alla nostra, ma che attirano perché possono offrire un costo umano sensibilmente più basso. E l’unico modo per vincere questa drammatica sfida occupazionale è quello di sostenere l’innovazione e la ricerca industriale, non sperperare almeno 15 miliardi di euro in un progetto vuoto come la Torino Lione. Sulle pagine dello stesso quotidiano, il parlamentare europeo Paolo Costa, presidente del gruppo di lavoro incaricato dall'Unione Europea di seguire i grandi progetti infrastrutturali, gli fa eco sostenendo che bisogna sostenere la Torino Lione per difendere gli interessi del paese, e sogna il porto di Venezia come posto di ingresso delle merci per la Francia, provenienti da Suez, e quello di Genova per le merci destinate al Centro Europa. Anche qui sembra che parlino persone fuori dal mondo, perlomeno fuori dalle carte geografiche. è possibile che non abbiano notato che chi viene da Suez e naviga per Gibilterra, per raggiungere Genova e tanto più Venezia, deve deviare a Nord, e pertanto che una portacontainer, per andare a Rotterdam impiega solo 4 giorni in più, e che questo viene ad incidere solo per 100 dollari a container? E loro pensano di poter caricare un container su camion, pagare il camion, la ferrovia veloce, il tunnel di base ed il trasporto oltralpi per 100 dollari?La gente della Val di Susa non è gente fuori dal mondo: da venti anni si oppone a questa linea, e continuerà ad opporsi perché è una valle che vive da sempre la realtà dei trasporti e dei collegamenti, e quindi, su questo tema, è impossibile ingannarla. E l’unico confronto possibile, che è quello di discutere dei dati reali di traffico, non è mai stato fatto, neppure dall’Osservatorio. 13 gennaio 2010


 
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