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De: lore luc (Mensaje original) |
Enviado: 08/03/2010 09:22 |
Le donne italiane hanno la paga più "maschile"
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Nel nostro Paese siamo sotto la media europea per accesso
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Al primo posto in Europa nella "parità" dei salari
MARCO ZATTERIN
CORRISPONDENTE DA BRUXELLES La sorpresa è nel confronto. Se si osserva il salario orario lordo medio di un italiano, e lo si paragona con quello di una connazionale, si scopre che da noi le donne hanno la busta paga più «maschia» d’Europa. Non te lo aspetti in un Paese che gli stereotipi amano dipingere sessista e macho. Invece il risultato batte i luoghi comuni, signore e signorine guadagnano appena il 4,9 per cento in meno. Soprattutto, sono più vicine delle colleghe del continente dove, sempre nella media, il divario retributivo è del 18%. Un numero che, secondo la Commissione Ue, segnala un problema «intollerabile e difficile da sradicare». In molti Stati più che in Italia dove, per una volta, non siamo lontani dall’equilibrio virtuoso.
Sospiro di sollievo che non azzera i problemi. Ce ne sono a livello europeo per quanto riguarda la remunerazione del lavoro e la parità di genere, e a quello nazionale per un «gentil sesso» in recupero, ma ancora in ritardo rispetto al resto dell’Ue, per accesso all'occupazione o al semplice uso delle tecnologie informatiche. La Commissione spiega in parte il primato italiano col peso più basso di «lavoro rosa» sul totale: «Quelle che hanno un impiego - si nota - sono le più preparate».
è dunque una vittoria a metà in una gara in cui sono pochi a uscire col sorriso. «Sono molto preoccupata per il fatto che il divario salariale fra uomini e donne sia diminuito di poco negli ultimi 15 anni e in alcuni paesi sia addirittura in aumento», accusa Viviane Reding, responsabile Ue per la Giustizia. Consola che l’80% dei cittadini giura di essere favorevole a colmare il divario salariale. Consola, sebbene il 20% di contrari sia ancora un dato troppo grosso.
Il guaio è che i primi della classe non vanno bene. In Germania un uomo guadagna in media il 23% più di una donna, nel Regno Unito la differenza è del 21,4% e in Francia si va appena meglio (19,4%). La circostanza che Malta, Spagna, e Portogallo siano sotto la valore di riferimento Ue fa riflettere su quanto si racconta sul ruolo del maschio nel Mezzogiorno dell'Unione, ma anche sulla partecipazione al mercato del lavoro. Nelle economie del Nord, la scusa è che il part time più diffuso alleggerisce i cedolini. Vero.
I numeri di contorno chiariscono il quadro. In Europa, il calcolo della media rivela che ha un lavoro il 71% degli uomini e il 58,7 delle donne. In Italia i due numeri diventano il 68,9% e il 46,1, come dire che appena una signora su due è occupata; peggio si classificano solo le maltesi (37,9% per le donne). Un problema di ambiente e di attitudine? Il dubbio lo solletica il dato sulle italiane che usano l'e-mail (il 34% del totale); sono la metà di olandesi e inglesi. Quelle che gestiscono un conto corrente online (12%), arrivano a un terzo delle tedesche e un sesto delle estoni. Qui, per la verità, stanno male anche gli uomini.
Bruxelles sottolinea che di questi tempi «il divario salariale tra i sessi è un costo che non ci si può permettere». L’eliminazione di ogni disparità di genere, secondo uno studio del governo svedese, potrebbe «condurre a un incremento potenziale del Pil fra il 15% e il 45%». Senza contare che il fenomeno potrebbe trasformarsi in piaga sociale: il 22% delle donne di oltre 65 anni rischia la povertà, contro il 16% degli uomini. Chiaro che bisogna agire. In due, e alla pari, si fa meglio che da soli. |
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L'armata delle mogli che guadagnano di più
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Gioie e dolori di un nuovo schema di vita
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Sorpresa: una su dieci supera il reddito del marito
LUIGI GRASSIA
TORINO Tra i fenomeni da segnalare l’8 marzo c’è anche una bilancia economica che cambia equilibrio: in famiglia sempre più spesso il reddito della moglie supera quello del marito. Lo dice una ricerca dell’Istat, secondo cui in Italia le mogli che lavorano e guadagnano più dei mariti sono salite all’8,9% nel 2007 (il dato aggregato più recente disponibile). Poche? Niente affatto, perché se a quella quota si somma il 37,1% di coppie lavoratrici in cui i redditi sono «quasi uguali» (una modalità prevista dalla ricerca Istat) si arriva allo strepitoso 46% di famiglie in Italia in cui sia il marito sia la moglie lavorano e la donna è economicamente pari o superiore. Un cambiamento epocale.
L’autrice della ricerca italiana, Linda Laura Sabbadini (che è direttore centrale dell’Istat per le indagini sulle condizioni e la qualità della vita) prova a gettare un po’ d’acqua sul fuoco dell’entusiasmo: «Alcune delle mogli che incassano più dei mariti sono semplicemente le spose dei cassintegrati e dei precari». Quindi, in certi casi fra i sessi c’è un sorpasso in retromarcia. D’altra parte, dai dati dell’Istat risulta che anche nella fascia di popolazione italiana con il reddito più alto si trovano molte donne che guadagnano più dei mariti: sono il 9,3%, e aggiungendo il 37,6% di «quasi uguali» si arriva a un totale del 46,9% di più danarose o altrettanto danarose dei compagni. E queste sono benestanti davvero.
Ma la crescita del reddito femminile non spiega tutto. Una donna può anche moltiplicare i guadagni, ma se punta comunque a sposare un uomo più danaroso di lei, oppure se non riesce a trovarne uno che guadagna di meno e che sia disposto a sposarla, la coppia con la donna che guadagna di più non si forma. Quindi, c’è sotto un fenomeno sociale più complesso: da un lato le donne puntano meno a sistemarsi col matrimonio, e dall’altro gli uomini hanno meno falso orgoglio nel rifiutare le nozze donne più ricche di loro. Insomma si manifesta un nuovo tipo di mobilità sociale, che si affianca a quello più tradizionale (per schematizzare fino alla caricatura) della segretaria che sposa il capufficio. Ora con una certa frequenza capita anche il contrario.
Ma sono stabili, queste nuove coppie? La psicologa Alessandra Graziottin spiega che il rapporto fra amore, sesso e soldi laddove la moglie guadagna di più «dipende molto dal perché la coppia si forma. Se non c’è un progetto di famiglia, di figli, ma soltanto il desiderio di stare bene insieme, non si creano tensioni, anzi l’uomo si sente sollevato dalla necessità di provvedere. Diverso è il caso se l’asimmetria non è di partenza ma si forma col tempo; per esempio, se c’è una giovane moglie che all’inizio guadagnava poco, ma poi ha avuto un’idea imprenditoriale brillante, o ha fatto successo come professionista. In questi casi possono nascere problemi per l’uomo. Non solo e non tanto per il denaro, quanto per la vita di relazione di lei che diventa molto più ricca, per le cose che fa e le persone che incontra. Il marito può subire la carriera di lei come esempio di quello che lui non è riuscito a fare nella vita».
Ma i soldi, questi benedetti soldi, una volta che vengono messi in un mucchietto sul tavolo dal marito e dalla moglie, come sono gestiti? Più da lui o più da lei? Qui non è possibile dare una risposta numerica precisa come si fa riguardo alle variabili economiche o demografiche, ma da una serie di questionari in America l’istituto di ricerche Pew ha tratto questo responso: se l’uomo guadagna più della donna, le decisioni vengono condivise al 50%; mentre se la moglie guadagna più del marito, il peso decisionale di lei conta per i due terzi e quello del marito solo per un terzo. è il potere rosa, bellezza. |
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