Un libro come "Una tragedia americana" difficilmente si dimentica: la sua forza e la sua suggestione suscitano intense emozioni e stimolano una profonda riflessione sull'uomo, sul suo ruolo e sulle sue responsabilità nel mondo.
È la storia del giovane Clyde Griffiths, drammatico simbolo della povertà e dell'ignoranza, che si affaccia alla turbolenta vita dell'America d'inizio secolo. Clyde è figlio di genitori ossessivamente devoti alla religione ed al culto di una ferrea morale cristiana, ma privi di mezzi e costretti all'elemosina. Giunto alle soglie dell'adolescenza, egli sente l'impulso di scappare dal suo ambiente scialbo e umiliante per realizzare il sogno della propria affermazione sociale. Guardando le luccicanti vetrine dei negozi, l'ostentazione dei ricchi abitanti di Kansas City, lo sfavillio degli alberghi di lusso e delle automobili eleganti, Clyde viene stregato da un'illusoria promessa di felicità e si sente spinto ad inseguire questo mondo seducente. Ma la sua cieca ambizione lo porta ad una serie di errori, ad azioni sempre più malvagie e prive di scrupoli, fino al concepimento del delitto. L'ultimo atto della sua "tragedia" si chiude con la condanna a morte e l'esecuzione.
Fin dall'inizio, il personaggio di Clyde appare dominato da passioni molto forti, che non riesce a controllare. Il suo tentativo di compiere una "scalata" sociale si rivela affannoso e disordinato perché nasce dalla frustrazione e dall'orgoglioso desiderio di un successo immediato; è destinato al fallimento perché si basa sull'ingenua visione che Clyde ha del mondo, sulla sua convinzione che nel lusso e nella ricchezza risieda ogni felicità. Clyde viene ingannato da una realtà priva di consistenza etica, contro la quale, nella sua ignoranza, non ha difese. È un individuo moralmente debole, che alla fine viene schiacciato dalle aspirazioni che la società stessa alimenta. La morte di Clyde è l'inevitabile conclusione delle passioni spinte oltre ogni limite, ma è anche il capolinea di un'ambizione sfrenata.
L'autore Theodore Dreiser, scrivendone la storia, ha voluto offrire un esempio che riassumesse i caratteri principali del "sogno americano", i fondamenti della politica del successo. Il libro, scritto nel 1925, introduce una serie di problemi rimasti tuttora attuali, a distanza di decine d'anni. Dreiser intitola la sua opera "Una tragedia americana", ma essa è anche una tragedia umana di portata universale: il meccanismo in cui Clyde rimane intrappolato rappresenta in un certo senso il comune denominatore di ogni società. Il tema dell'arrivismo e della conseguente scomparsa di umanità nei rapporti interpersonali riguarda non solo l'America, ma anche tutto il mondo. L'origine di questo male è spesso individuabile nella miseria e nell'assenza di cultura: laddove il concetto di "successo personale" non può contare su un solido sistema di valori atto a sostenerlo e dove non esistono ideali su cui fondarlo, esso prende il sopravvento nella forma di culto fanatico dell'individuo. È facile intuire che in un simile clima il traguardo finale equivalga esclusivamente alla piena realizzazione economica. Non di rado è proprio questa la molla che fa scattare la criminalità negli ambienti più poveri e degradati.
Questa realtà, però, diventa tipicamente "americana" in quanto l'America è il paese in cui il valore dell'uomo si misura da sempre in termini di ricchezza e potere. Una tale concezione di vita deriva essenzialmente dal fatto che la storia americana è relativamente recente: dal 1492 l'America accoglie uomini giunti per cercarvi fortuna ed un facile arricchimento, spesso privi di un adeguato bagaglio culturale e morale. È diventata un paese in cui si dà ampio spazio all'intraprendenza individuale: in essa già vigeva il pragmatismo quando in Europa il successo si raggiungeva ancora attraverso intrighi di corte o finanziari o attraverso l'intellettualismo o la superiorità ideologica. La filosofia americana si è diffusa poco alla volta anche in Europa contagiando molti aspetti della nostra vita. Ma, pur avendone assimilato molte caratteristiche, spesso rimaniamo increduli di fronte a certi fenomeni: la stessa società in cui domina l'assoluta liberalità in campo economico, dà l'impressione di abbandonare a se stesso l'individuo e di intervenire solo come giudice sommario e sbrigativo dei suoi errori. Per questo la fine di Clyde è crudele: egli muore nella solitudine e nel dubbio di non essere del tutto colpevole. Lo tormenta il pensiero della propria effettiva responsabilità negli sbagli della sua vita e nell'omicidio che ha commesso. Non ha infine delle scusanti? Non era povero e solo, ignorante e inerme contro le tentazioni?
Terminata la lettura, anch'io ho cercato di dare una risposta a questi interrogativi: forse bisogna scoprire l'importanza dei valori autentici che può dare l'istruzione o forse è necessaria una società che tuteli di più gli individui meno preparati alla lotta: certo è che a Clyde furono negate entrambe queste possibilità ed è proprio osservando la sua condizione che questo libro diventa la condanna di uno stile di vita meschino e alienante.
Il fattore che mi ha personalmente colpita, del libro, è il "bivio esistenziale" di fronte al quale si trova il protagonista, cioè la scelta.
In breve, Clyde, quando viene assunto nella fabbrica del ricco zio, sentendosi solo ed emarginato, si lega ad un'operaia nelle sue stesse condizioni: legame segreto, pena il licenziamento. Ma pian piano lo zio comincia ad apprezzarlo e ad invitarlo a piccoli ricevimenti nella sua sontuosa dimora. Qui conosce Sondra, cioè l'Ideale. La ragazza è ricca, bella, intelligente e vivace; si innamora di lui, peraltro ricambiatissima, e si rivela quindi anche un ottimo passe-partout per entrare finalmente a far parte dell'agognata Alta Società. Ma l'operaia Roberta è rimasta incinta, e ormai insospettita dagli eventi, disperata, pretende il matrimonio immediato minacciando di rivelare tutto allo zio e ai giornali, costi quel che costi. Così Clyde si rende conto che dovrà rinunciare a tutto: ai sogni di tutta la sua vita, ora a portata di mano, e al suo amore.... per avere in cambio un figlio non desiderato, la miseria, e una donna insignificante e ormai odiata, che per sempre sarebbe il simbolo del suo fallimento. Che fare?
Dopo indicibili tormenti, e ispirato da un fatto di cronaca, prende una fatale decisione: portare Roberta in gita su un lago malinconico e solitario, affittare una barca, e ucciderla, per poi raggiungere la riva opposta, e tornare nella vicina casa di campagna di Sondra per sancire il fidanzamento. Ma al momento clou, si rende conto di non avere il coraggio di uccidere, non la volontà ma il coraggio. Ma Roberta intuisce e, agitandosi, cade in acqua. Clyde la lascerà annegare. Il suo piano si rivelerà però debolissimo, e verrà identificato ben presto, processato e quindi condannato a morte. Per la prima volta prende coscienza di sè e di ciò che è stato. Sondra gli scrive una lettera in cui gli dice che lo capisce, e che lo amerà per sempre. Lui risponderà "amami ancora per qualche giorno, per la vita che mi rimane, e poi dimenticami".
PS: dal romanzo sono stati tratti un seguitissimo romanzo sceneggiato nella TV degli anni '60, e il film "Un posto al sole" : ve li ricordate?