I numeri dei bambini
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La povertà non viene dal nulla; la guerra non è un evento spontaneo; l’AIDS non si diffonde per cause intrinseche: questi fenomeni sono conseguenza delle nostre scelte. Se la metà dei bambini del mondo cresce afflitta da fame e malattie, se le scuole sono divenute un bersaglio deliberato, se interi villaggi vengono spopolati dall’HIV/AIDS ciò significa che non abbiamo mantenuto le promesse fatte per l’infanzia
Carol Bellamy, direttrice generale dell'UNICEF
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50 milioni
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Bambini nati ogni anno e non registrati: senza nome, senza cittadinanza, senza diritti
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11 milioni
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Bambini che muoiono ogni anno per malattie curabili
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90 milioni
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Bambini orfani di uno o entrambi i genitori in tutto il mondo
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15 milioni
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Bambini orfani a causa del'AIDS
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121 milioni
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Bambini cui è negata l'istruzione
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2 milioni
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Bambini uccisi in guerra negli ultimi dieci anni
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6 milioni
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Bambini feriti e/o invalidi per guerra negli ultimi dieci anni
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1 milione
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Bambini orfani a causa delle guerre
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10 milioni
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Bambini con disturbi psichici a causa delle guerre
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300.000
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Bambini soldato impiegati in guerra
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oltre 1 milione
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Bambini e adolescenti privati della libertà per provvedimenti di polizia o magistratura
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8,7 milioni
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Bambini e adolescenti sfruttati, schiavizzati, prostituiti
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oltre 1 milione
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Bambini vittime del traffico di esseri umani
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211 milioni
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Bambini costretti a lavorare
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100 milioni
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Bambini senza casa
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Dietro ognuno di questi numeri, contenuti nei rapporti annuali , ci sono l'angoscia, la disperazione, la miseria, la solitudine, l'abbandono di una moltitudine di bambini e di bambine di ogni parte del mondo, ma soprattutto dell'Africa subsahariana e di quella meridionale e del Sud-Est asiatico.
L'adozione internazionale non è certo, da sola, una risposta a queste tragedie. È un modo per salvare qualche migliaio di bambini ogni anno, qualche goccia nel mare dell'abbandono e del degrado economico e sociale. Altre forme di solidarietà concreta sono il sostegno a distanza, singolo o associato, e la realizzazione di progetti ― come la costruzione di case-famiglia, di strutture sanitarie e assistenziali, o la realizzazione di centri d'orientamento per la pianificazione familiare e per l'istruzione professionale, in primo luogo per le donne ― nei paesi più poveri. Progetti, insomma, per prevenire l'abbandono e combattere il perpetuarsi di quelle condizioni di miseria ― economica, ma anche e soprattutto culturale ― che sono una delle principali cause della situazione attuale in molti paesi.
Quel che possono fare i singoli e le associazioni è qualcosa. Ma quel che occorrerebbe davvero per mutare la situazione sarebbe un intervento dei governi per rimuovere almeno i fardelli più pesanti che opprimono interi popoli, a partire dalla diseguaglianza degli scambi commerciali. E invece di pensare a dottrine imperialistiche e foriere di ulteriori tragedie come quella della "guerra preventiva", mettere mano a politiche d'incentivazione della trasformazione in senso democratico dei gruppi dirigenti di quei paesi.
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