Quando nacque sua figlia Sabina, Paolo Guzzanti sperava fosse femmina. Era il luglio del 1963 e l'attuale vicesegretario del Partito liberale credeva in un futuro anche per le donne. «Invece tutto è stato cancellato, polverizzato, distrutto. Oggi non so quante ragazze, 600 mila o 1 milione, sono pronte a prostituirsi fisicamente, è la merce di scambio più corrente e desiderabile». È il regno della «mignottocrazia». È il tema del giorno. Dopo i casi Noemi, D'Addario, le veline, le candidate e le ministre, è la minorenne Ruby a riaccendere le polemiche su compravendita, prostituzione, baratto tra corpi e gioielli, sesso e seggi. Un sistema politico che Paolo Guzzanti, giornalista, vicesegretario del Pli, ex senatore ed ex deputato del Pdl, ha ribattezzato appunto Mignottocrazia, raccogliendo storie e analisi nell'omonimo pamphlet che uscirà a dicembre per Aliberti editore. Per lui la colpa è tutta della televisione. «Gli italiani sono ciò che è la televisione. Lì si formano i gusti, i valori, tutto. E un politico astuto come Berlusconi sponsorizza una televisione che «immignottisce, instupidisce», e trasforma tutto in favori, anche sessuali: se non è sesso è denaro, se non è denaro è potere. Sono le tre vecchie carte, i tre motori canonici».
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