Contro Cavour si scatena il pool
di Mani Pulite
Gherardo Colombo, ex pm, e Ruggero Cara, che interpreta Cavour
L'ex pm Gherardo Colombo
attore al Colosseo
TIZIANA PLATZER
torino
Si va a processo. E’ un’arringa di quelle feroci
che attende l’imputato, inchiodato alla sbarra su un’accusa grande
quanto il mondo, quanto l’Italia almeno: l’Unità aveva i requisiti
politici, storici e culturali per essere fatta? E la nazione è poi stata
costruita realmente? Il conte Camillo Benso di Cavour rinuncia alla
difesa e si batte da solo per e salvare il suo ruolo di padre del
Risorgimento. Sa che che dopo la requisitoria, l’assoluzione non sarà
affatto scontata.
Finzione teatrale nel pieno rispetto delle
regole del dibattimento: questa sera e domani alle 21 al Teatro Colosseo
si assiste al «Processo a Cavour», lo spettacolo che giunge a Torino,
in collaborazione con Biennale Democrazia (tant’è che l’ingresso è unico
a 16,50 euro), dopo una quarantina di date in giro per i teatri
italiani e con sottotitolo da non tralasciare: «Autobiografia di una
nazione o “Addio, mia bella addio”». Ma l’aspetto più realista del testo
di Corrado Augias e Giorgio Ruffolo è che nella veste togata del
pubblico ministero c’è l’ex magistrato Gherardo Colombo, è lui a puntare
dritto su un Cavour interpretato dall’attore, e regista in questa
occasione, Ruggero Cara: «Non c’è niente di più drammatico di un
processo».
Ha deciso con Augias la messa in scena e la scelta di Gherardo Colombo? «Io
avevo già lavorato con Augias alla regia del suo spettacolo su Giordano
Bruno, e per me è diventata quasi un’abitudine collaborare con i
giornalisti che dirottano sul palcoscenico, ho seguito anche il
penultimo lavoro di Marco Travaglio. Così quando con Corrado abbiamo
cominciato a pensare a un’idea legata alle celebrazioni per i 150 anni,
la figura di Cavour ci è sembrata perfetta per essere messa sotto un
fuoco di domande. Chi meglio di un magistrato vero del peso di Colombo
avrebbe potuto renderle incalzanti, aggressive. E lui ha accettato
subito».
E’ stato facile dirigerlo come attore? «Ho
dovuto spingerlo a essere cattivo, il palco un po’ lo intimidisce.
Colombo è una delle persone più miti che io abbia mai conosciuto, mi è
capitato di accompagnarlo nei suo incontri nelle scuole, ne fa
tantissimi, e davanti al suo spiegare una società che ha bisogno delle
regole per vivere, i ragazzi restano rapiti. Per lo spettacolo il fatto
di lavorare su un testo non suo non gli ha facilitato il compito,
addirittura avevo pensato di farlo improvvisare, ma diventava davvero
complesso».
Su cosa si basa la sua requisitoria? «Partendo
dall’accusa che Cavour da una parte non ha fatto l’Italia, e dall’altra
non l’ha fatta abbastanza, il pm, seduto tra il pubblico trasformato a
tutti gli effetti nella giuria, lo infila con una serie di domande: ma
non ci sono risposte. E’ il far riflettere su un mosaico della storia
italiana attraverso uno scontro processuale. In un’ora e mezza cerchiamo
di toccare molti dei punti importanti, i rapporti conflittuali di
Cavour con Garibaldi, la sua tessitura europea, e anche la sua vita
privata, le sue amanti, fatti come il far arrivare la contessa di
Castiglione nel letto di Napoleone III ».
Lei come si è preparato per essere un credibile Cavour? «Non
è stato semplice. Si sa fosse un uomo collerico, per difendersi
racconta anche la verità, ma non c’è mai una descrizione netta degli
eventi da parte sua. Ho dovuto prendere il ritmo con Gherardo Colombo,
lui ce l’ha d’istinto quello dell’accusatore».
Spezzato ogni tanto da un’Italia sbarazzina. «E’
un’Italia vestita nel tricolore, la giovane attrice Marta Iagatti:
interpreta una nazione adolescente, ha appena 150 anni e dunque può
permettersi anche l’impertinenza. Vuole essere amata ma non sa cosa deve
fare per ottenere l’affetto degli italiani. In questo spettacolo parte
in causa e parte lesa».
Allora, il conte è assolto o colpevole? «Ci
rimettiamo al giudizio del pubblico, nessun verdetto. Attraverso la
struttura teatrale la storia del Risorgimento si amplia e va un po’
oltre il riconoscimento di eroi e martiri e qualche battaglia. Questo
perché a spiegarne le regole storiche è un ex magistrato e il pubblico
ne rimane colpito, vive il processo dall’interno».
Teatro Colosseo, via Madama Cristina 71 tel.011/669.80.34
da "La Stampa"
|