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Nessuno più rispetta i nostri diritti, non vedo soluzioni, ci AMMAZZANO tutti per gli interessi di pochi, anche le forze dell'ordine (?) sono state esposte!!!
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La stessa che permette ai pochi di esporre cittadini e forze dell'ordine alle radiazioni ignorando, volutamente la legge...
"ai cittadini è negata l'informazione, con la scusa di minimizzare i rischi, gli abitanti delle aree interessate dal passaggio del treno NON sono stati messi al corrente dei piani di radioprotezione e delle misure sanitarie e comportamentali da adottare in caso di emergenza, come previsto dalla Legge Regionale 18 febbraio 2010 "Norme sulla protezione dai rischi da esposizione a radiazione ionizzante". L'art.4 recita: “La Regione ed i comuni interessati, senza che i cittadini ne debbano fare richiesta, assicurano preventivamente a tutti i gruppi di popolazione per i quali è stato stabilito un piano di emergenza radiologica, l'informazione sulle misure di protezione sanitaria ad essi applicabili nei vari casi di emergenza prevedibili, nonché sul comportamento da adottare in tali occasioni.”.
come sempre... l'esempio vien dall'alto
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a precisa domanda avrei gradito precisa risposta; no problem |
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Mi sembrava di avertela data, vorrei ora sapere io perchè chi "comanda" può non rispettare l'articolo 4 e noi dovremmo stare zitti e subire? Ci facciamo sentire nell'unico modo che ci è concesso, protestando pacificamente ed in cambio subendo violenza! |
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Non è "subire" rispettare la legge. Nessuna legge consente di occupare "pacificamente" i binari ed interrompere un pubblico servizio. In democrazia il potere appartiene al popolo che lo esercita attraverso il diritto-dovere del voto. Le urne sanciscono quale maggioranza deve governare e quale minoranza deve esercitare un'azione di conrollo e possibile miglioramento delle leggi proposte. Le "minoranze rumorose", depositarie del "Vero", accettano solo le idee condivise, per le altre strillano, urlano e violano le legge. E' la mia convinzione e non la impongo ad alcuno, nemmeno ai miei figli. Alla democrazia si arriva per evoluzione e non per imposizione rivoluzionaria.
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Avrai anche ragione, ma io non mi voglio evolvere sulla pelle delle persone... |
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QUESTO DOVREBBE ESSERE IL MANIFESTO ELETTORALE DEI Sì AL REFERENDUM CONTRO IL NUCLEARE IN ITALIA.
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Incredibile,agghiacciante...la polizia ha picchiato a sangue una donna...chi l'ha fatto meriti di non considerarsi più uomo. |
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Grazie Principe. Non so se hai letto il post "sondaggio" grazie agli italiani che cominciano a capire. Ed ora metto le foto di come ci siamo organizzati alla Maddalena! |
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Nucleare, errori e luoghi comuni di chi ne ha paura
Referendum, quello che gli attivisti del 'Sì' non dicono: le miniere sono più pericolose di Chernobyl e le rinnovabili ci costano caro / SCAGLIA
O
ra, al di là del dirsi pro o contro o viva o abbasso e la solita
impostazione da curva calcistica cui siamo ormai assuefatti, su questa
faccenda del nucleare sì/nucleare no varrebbe la pena di ricominciare a
discutere basandosi su qualche dato - che poi certo, anche l’emozione
pesa nelle decisioni, ma è un altro discorso. E comunque intendiamoci,
non si tratta necessariamente di sostenere tout-court il ritorno alle
centrali - ci sarebbe allora da discutere più che altro sulla
credibilità della classe politica eventualmente chiamata a gestirle, e
qui ce ne sarebbero anche troppe da dire -, ma perlomeno si potrebbe
ragionare. Vediamo di provarci.
Morti per la diga, non di radioattività Punto
di partenza è naturalmente il disastro di Fukushima. I morti accertati
dovuti al cataclisma in Giappone sono stati oltre 13mila (dispersi
esclusi). Ma - è bene ribadirlo - sono vittime provocate dal terremoto e
dal conseguente tsunami. Per quanto riguarda la centrale nucleare
investita dall’onda, si son contati tre decessi, riconducibili a
incidenti durante la rimessa in sicurezza dell’impianto. Tra l’altro, la
struttura - una delle più datate del Paese - ha ben resistito al
terribile urto: semplificando, i problemi sono stati provocati
dall’acqua che ha sommerso il motore d’emergenza, il quale non s’è
acceso così portando al surriscaldamento. Nel senso: se fosse stato
posizionato più in alto, non ci sarebbe stato alcun problema - e la
storia dell’uomo in effetti procede così, per prove ed errori e
successive previdenze, ma tant’è. In ogni caso, nessuna vittima ha a che
vedere con la radioattività fuoriuscita, i cui danni saranno verificati
nel tempo. Una cosa: il crollo della diga di Sukagawa ha provocato un
migliaio di morti, e nessuno s’è sognato di mettere in discussione
l’energia idroelettrica.
Miniere mortali, più di Chernobyl E
allora possiamo confrontare i dati relativi all’incidente di Chernobyl,
quello dell’87 - ed è opinione comune che abbia portato a conseguenze
molto più gravi per via dell’atteggiamento omertoso delle autorità. Il
rapporto stilato dalle agenzie dell’Onu - fra cui Organizzazione
Mondiale della Sanità e Agenzia internazionale per l’energia atomica -
parla di 65 morti accertati, e altri 4mila presunti - cioè che non sarà
possibile associare direttamente al disastro - e nell’arco di
ottant’anni. E però allora c’è da confrontare: secondo dati governativi,
solo in Cina e fra 2009 e 2010 sono morti nelle miniere di carbone
5mila lavoratori - dunque, in un solo Paese e in due anni più di quelle
ipotizzate per Chernobyl in ottanta. Per non parlare dei decessi causati
da incidenti in impianti petroliferi, o nei gasdotti. Altra
considerazione: da decenni si discute di come diminuire l’inquinamento
provocato da petrolio e carbone e quant’altro, responsabile di
incalcolabili vittime causa tumori e malattie varie. In questo senso il
nucleare è a emissioni zero. Poi intendiamoci, non è che morire di una
cosa piuttosto che di un’altra sia consolatorio. Ma quando si tratta di
scelte strategiche, è importante considerare il minor danno possibile.
Italia a tutto gas. Rinnovabili di nicchia Veniamo
al discorso relativo all’approvvigionamento, magari restringendolo
all’Italia. Secondo i dati sul 2010 forniti da Terna, azienda che
distribuisce l’energia elettrica, il fabbisogno nazionale - 326.200
gigawattora - viene coperto per il 66,8 per cento dal termoelettrico -
energia prodotta per mezzo di combustibili fossili, gas e carbone e
petrolio -, per il 15,1 per cento dall’idroelettrico - le dighe - e per
il 4,6 per cento da geotermico, eolico e fotovoltaico. Infine, il 13,5
per cento della domanda è soddisfatta dall’importazione di energia
dall’estero - Francia soprattutto, che la produce con le centrali
nucleari. Incrociando questi dati con quelli di Legambiente, si evince
che l’eolico arriva al 2,5 per cento (8.374 GWh) e il fotovoltaico allo
0,5 (1.600 GWh). Peraltro, tornando ai combustibili fossili, c’è da
considerare che il 90 per cento del gas utilizzato in Italia (la materia
prima più diffusa, ne deriva il 40 per cento dell’energia complessiva)
viene importato, così come il 90 per cento di petrolio e carbone.
L’autosufficienza energetica, da noi, è una chimera.
Importiamo oltralpe pagando due volte Come
detto, dalla Francia importiamo energia, ma la situazione è
paradossale. Allora: dopo aver chiuso le centrali con il referendum del
1987, l’Italia ha nel 2007 stipulato un accordo proprio con la Francia
affinché si prendesse le scorie residue, versando a Parigi 250 milioni
di euro. Solo che in Francia possono contare su centrali nucleari in
grado di riprocessare queste scorie, ricavandone altra energia. Che poi
la stessa Francia ci rivende. Inoltre, quest’ultima lavorazione produce a
sua volta altre scorie: in base all’accordo, ci saranno restituite nel
2025. Per riassumere: l’Italia dà le scorie nucleari alla Francia
pagando 250 milioni, loro ci ricavano energia e ce la rivendono, e poi
ci restituiscono altre scorie che dovremo stoccare. Un affarone.
Qualche precisazione sul problema scorie E
a proposito di scorie nucleari: il problema indubitabilmente esiste, ma
va quantificato. Mediamente, un reattore nucleare ne produce ogni anno
circa 30 tonnellate ad alta attività (materiale irraggiato), che
corrispondono a 5 metri cubi. Poi ci sono quelle a media e bassa
intensità - scarti di lavorazione e rottami e fanghi e indumenti -,
derivanti oltre che dalle installazioni nucleari anche da ospedali,
industrie, laboratori. Ed è curioso come le scorie prodotte da attività
diverse rispetto alla produzione d’energia non preoccupino così tanto:
Stefano Monti, ingegnere nucleare e funzionario dell’Enea, ha stimato in
40mila metri cubi i rifiuti radioattivi prodotti ogni anno nell’Unione
Europea, di cui solo una parte derivante da centrali. Comunque: in
Europa esistono trenta depositi di stoccaggio, un centinaio nel mondo.
Bollette italiane più care d’Europa La
verità è che le scelte italiane in tema d’energia lasciano perplessi.
Massimo Mucchetti, sul Corriere della Sera, faceva notare come l’Italia
produrrà a regime 10 miliardi di chilowattora con il fotovoltaico
incentivato con 88 miliardi in vent’anni, mentre l’Enel a Porto Tolle
ricaverà 14 miliardi di chilowattora con il carbone, e senz’alcun
incentivo - per inciso, il costo iniziale d’un reattore di tipo Epr
francese è di 6 miliardi, anche se poi la spesa sempre lievita. E
comunque, le sciagurate politiche energetiche han fatto sì che le
bollette italiane siano le più care d’Europa. Stando a uno studio
Sole24Ore/Nomisma, l’industria italiana paga 0,12 euro per chilowattora
per consumi compresi fra 2 e 20 gigawattora l’anno: è più cara solo a
Cipro, mentre la media europea è di 0,09 euro per kwh. Per le famiglie,
considerando consumi fra 2.500 e 5.000 kwh l’anno, arriviamo in Italia a
0,2 euro a kwh: quinto posto in Europa per tariffa più costosa - dopo
Danimarca, Germania, Belgio e Norvegia.
Il mondo va a carbone poi gas e nucleare In
ordine al nucleare, c’è però da dire che nel mondo il suo utilizzo
diminuisce, così come per il petrolio. I dati dell’Agenzia
internazionale dell’energia di Vienna dicono che, negli ultimi dodici
anni, il contributo dell’energia atomica alla produzione mondiale
d’energia è diminuito dal 17,2 al 14 per cento, quello del petrolio
dall’8,9 al 4,7. Cresce l’incidenza del carbone (dal 38,4 al 40,3 per
cento) e del gas (dal 15,8 al 20,8). L’idroelettrico cala anch’esso,
mantenendosi al 16,6 per cento. Tutte le rinnovabili nel loro complesso
si fermano al 3,3 per cento: cresceranno, ma allo stato attuale - e
mantenendo questo modello sociale - non pare vi si possa impostare una
strategia energetica complessiva.
di Andrea Scaglia
04/06/2011
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NUCLEARE: APPELLO ONCOLOGI, AL REFERENDUM VOTARE SI'
18:41 04 GIU 2011
(AGI) Chicago - Gli oncologi italiani si schierano compatti contro il nucleare. Dal congresso Asco di Chicago, il piu' importante incontro mondiale di oncologia, arriva l'appello dell'Aiom, l'associazione italiana di oncologia medica, a votare si' al referendum del 12 e 13 giugno. "Il nucleare e' la cosa piu' cancerogena che esista - sottolinea il presidente dell'Aiom Carmelo Iacono - e non e' controllabile, come ha dimostrato Fukushima. Lasciamo stare le centrali, puntiamo sulle energie alternative, che sono poco inquinanti e non presentano i rischi enormi per la salute che ha il nucleare". .
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Faccio seguito al post precedente, per informare che Moretta (CN), dove la maggior parte degli abitanti ha installato impianti fotovoltaici, produce energia in surplus che vende all'ENEL, quindi non solo la loro bolletta ENEL è pari a zero, ma ci guadagnano pure! |
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E' abastanza istintiva la solidarietà del popolo verso sé stesso...quanti prenderebbero le parti di chi ha comunque le mani su grossi affari e prende tutto il guadagno,pretendendo un "consenso" automatico e in certi casi,come questo,anche malsano? |
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Eco-balle, Battaglia: "L'università mi
boicotta perché le smaschero"
di Gabriele Villa
Il
docente di Fisica nel mirino: "Dall’elettrosmog al nucleare, mi batto per
riportare su binari scientifici le convinzioni oscurantiste. Ma i furbetti ambientalisti mi boicottano"
Sotto il tiro delle
polemiche e degli insulti. Solo perché da sempre sta dalla parte della
razionalità e difende la scelta nucleare. Così, in quella palestra dell’offesa
facile che è diventata la Rete, è nato su Facebook un gruppo di 400 persone
(tra cui ci sarebbero anche Luigi Berlinguer e Marco Rizzo), che ha deciso di
prendere di mira il professor Franco Battaglia e ne chiedono a gran voce le
dimissioni da docente universitario. Secondo i suoi «contestatori», spesso dal
profilo rigorosamente anonimo, il professore, editorialista del Giornale, che
insegna Fisica chimica all’Università di Modena, con le sue
affermazioni-convinzioni metterebbe a «repentaglio la salute dell’intera
umanità».
Professor Battaglia, per aver difeso le ragioni del nucleare ora sono arrivati
a minacciarla...
«Da circa dodici anni cerco di riportare entro i binari della conoscenza
scientifica alcune convinzioni consolidate che sono invece vere e proprie
frottole: i cambiamenti climatici indotti dall’uomo, l’elettrosmog, le energie
alternative, la pericolosità del nucleare, per citarne alcune...».
Pare che Beppe Grillo abbia incitato la gente a prenderla a calci, e adesso
addirittura un gruppo su Facebook, chiede le sue dimissioni da
docente universitario. Perché fango e veleni contro di lei?
«Sono tutte questioni su cui, evidentemente, alcuni, soprattutto le
associazioni ambientaliste, seminando terrore, hanno costruito la propria
fortuna, economica e di potere. Ricordo che anche 11 anni fa, quando - grazie
anche all’aiuto del Giornale e di alcuni più illustri colleghi - smontai la
frottola elettrosmog, coloro che stavano confidando nella lucrosa torta
dell’interramento dei cavi di trasmissione elettrica (30 miliardi) chiesero al
Rettore dell’università di Roma le mie dimissioni. Diciamo che oramai ci sono
abituato».
Sulla scorta di dati scientifici lei sostiene che le radiazioni di Chernobyl
hanno fatto zero morti...
«Certo. Zero, tra la popolazione civile. Ma non lo dico io. Lo dice l’Unscear,
il Comitato scientifico dell’Onu, fondato nel 1954 e di cui fanno parte 100
scienziati di 20 Paesi diversi, che ha avuto l’incarico di studiare gli effetti
sanitari delle radiazioni atomiche. Ha studiato anche Chernobyl, e ha concluso
– il Rapporto è reperibile in rete – che le radiazioni fuoriuscite da Chernobyl
non hanno avuto alcuna conseguenza sanitaria nel corso di questi 25 anni. “Non
leucemie, non tumori solidi, non effetti genotossici, non malformazioni”, dice
il Rapporto. Niente di niente. Ma con una eccezione: è stato osservato, in questi
25 anni, nelle aree di Ucraina, Bielorussia e Russia, un notevole aumento di
neoformazioni alla tiroide, con 6mila casi riportati, di cui 15 con decorso
fatale. Ma anche questi non sono attribuibili alle radiazioni».
In questo caso ci aiuti a capire, perché?
«La ragione è semplice. In molti concludono la loro vita con un tumore alla
tiroide senza averlo mai saputo. Si chiamano tumori occulti, sono per lo più
benigni, e la loro incidenza, nota dalle autopsie, è anche 100 volte superiore
all’incidenza dei tumori manifesti. Dopo Chernobyl, la tiroide della
popolazione dell’area detta è stata fatta passare sotto l’ecografo, ed è
successo che sono emersi i tumori occulti. Ci sono tre prove che le cose stiano
così. Innanzitutto, questi tumori hanno cominciato ad emergere dopo 3-4 anni
dall’esposizione, e non dopo 5-10 anni, come da letteratura. Poi, il tumore
alla tiroide ha un decorso fatale nel 4 per cento dei casi, e il 4 per cento di
6mila fa 240 e non 15. Infine, dei 6mila casi se ne sono osservati più in
Russia, meno in Bielorussia, e meno ancora in Ucraina, ma l’esposizione allo
iodio-131 fu maggiore in Ucraina, minore in Bielorussia, e minore ancora in
Russia».
Quindi, ricapitolando...
«Insomma, i 6mila casi sono la conseguenza della capillare diagnostica, mentre
i 15 decessi per tumore alla tiroide in 25 anni in un’area vasta come quella
detta rientrano entro le attese, e si sarebbero osservati con o senza
Chernobyl. Ecco perché Chernobyl ha causato, alla popolazione civile, in 25
anni, zero morti. Tra gli addetti e soccorritori ha invece causato, in questi
25 anni, meno di 50 morti; numero deplorevole quanto si vuole, ma ricordo che
la diga del Vajont fece 2mila morti in una notte: ecco perché Chernobyl, il più
grave incidente nucleare mai occorso, è la prova provata della sicurezza del
nucleare».
E Fukushima?
«Rafforza quella prova. Recita il Rapporto dell’Agenzia di sicurezza nucleare
giapponese, testualmente: “Le fuoriuscite di radiazioni dall’impianto di
Fukushima non hanno causato alcun effetto sanitario in alcuna persona”».
Allora perché, secondo lei, gli italiani hanno bocciato col referendum la
scelta nucleare?
«Perché si sono lasciati terrorizzare dai mercanti di terrore. Mi chiedo se
costoro pagheranno mai dazio».
Andrebbe ad abitare con la sua famiglia vicino ad una centrale nucleare?
«I francesi vivono accanto a 58 reattori nucleari. E ce ne sono 26 nel raggio
di 200 chilometri da Milano».
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Non mi esprimo perchè non ho informazioni, penso comunque che mai chi vuole il nucleare (e prima ero d'accordo) dirà la verità che va a scalfire i suoi interessi
Quanti morti ha fatto davvero il disastro nucleare di Chernobyl?
pubblicato: martedì 26 aprile 2011
A 25 anni dall’esplosione del reattore nucleare della centrale di Chernobyl, anniversario che cade proprio oggi, ci si continua a chiedere quanti siano stati realmente i morti. La generazione Chernobyl ha più di 40 anni e ricorda ancora la paura per la nube radioattiva, sa che si è sempre parlato di conseguenze devastanti per l’ambiente e la salute umana a causa delle radiazioni, ma le cifre e le conseguenze sono ancora oggetto di discussione: da allora si continuano a contare i morti e i conti non tornano mai. C’è chi conta i morti diretti, immediati e lo fanno le fonti ufficiali, quelle dell’Onu. Poi, c’è chi conta i morti che ne sono stata la conseguenza di quella prima esplosione, ossia di tutti quelli che poi si sono ammalati, a causa delle radiazioni di tumori e delle leucemie. Ma, a proposito di questi ultimi, che sono la parte più consistente rispetto ai primi, non c’è accordo. Come si dice tecnicamente e anche un po’ ipocritamente: non ci sono evidenze, ossia prove, scientifiche del costo umano.
Le conseguenze delle radiazioni dovute all’esplosione del reattore nucleare a Chernobyl hanno riguardato non solo l’Ucraina, ma anche la Russia e la Bielorussia. Le autorità ucraine hanno stimato che un totale di 5 milioni di persone abbiano sofferto per la castastrofe nucleare. Una buona parte di questi vive ancora nelle regioni contaminate. Secondo Greenpeace la conseguenza della contaminazione radioattiva sono state malattie al sistema immunitario, malattie cardiache, cancro che potrebbero causare ancora tra i 100mila e i 400mila morti nelle tre ex repubbliche sovietiche.
L’Onu riferisce che nel 2005 sono state 4000 le persone morte a causa delle radiazioni. L’UNSCEAR, il comitato scientifico dell’Onu, riconosce solo 31 morti dovute alle radiazioni, avvenute tra tecnici e vigili del fuoco e altre 19 che hanno riguardato i “liquidatori” morti dopo il 2006 per cause diverse.
Quando si saprà la verità sugli effetti di Fukushima forse vorremo cambiare pianeta. Siamo arrivati al livello 7. Il massimo possibile. Il livello 8 nessuno sarà in grado di raccontarcelo. Uno studio commissionato da Greenpeace Germania a un esperto tedesco di sicurezza nucleare, rivela da giorni che l'incidente di Fukushima "ha già rilasciato un tale livello di radioattività da essere classificato di livello 7, secondo l'International Nuclear Event Scale (INES)". È il livello massimo di gravità per gli incidenti nucleari, raggiunto solo da Chernobyl. Secondo Greenpeace, la quantità totale di radionuclidi di iodio-131 e cesio-137, rilasciata a Fukushima tra l'11 e il 13 marzo 2011, equivale al "triplo del valore minimo per classificare un incidente come livello 7 nella scala INES". Ps: Le "Facce da nucleare" dell'opposizione che si sono assentate alla votazione per l'accorpamento del referendum con le elezioni amministrative sono: Capano, Cimadoro, Ciriello, D'Antona, Farina, Fassino, Fedi, Gozi, Madia, Mastromauro, Porcino, Samperi |
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ecco cosa scrivevano del ritorno al nucleare i più grandi scienziati italiani due anni fa
Illustre Signor Presidente,
noi sottoscritti, fondatori dell’Associazione Galileo 2001, per la libertà e dignità della Scienza, sentiamo il dovere di sottoporre alla Sua attenzione la difficile situazione energetica che penalizza il nostro Paese; una situazione figlia di alcune scelte irresponsabili e di lunghi anni di scarso interesse politico e di disinformazione mass-mediatica. Circostanza ancora più grave è il fatto che si prospettano oggi ai cittadini soluzioni immaginifiche e in aperto contrasto con le conoscenze economiche, scientifiche e tecnologiche, allontanando così le scelte dotate di prospettive concrete.
Non crediamo di fare retorica nel sostenere che l’energia è il nutrimento della civiltà e che senza energia e senza un suo impiego oculato una civiltà può solo scomparire: più precisamente, non la produzione d’energia, ma la disponibilità di energia, abbondante, economica, sicura e amministrata con competenza, è una condizione essenziale per il benessere e lo sviluppo di un Paese, ed è ciò che genera competitività e occupazione e, conseguentemente, progresso civile.
A causa dell’elevata dipendenza energetica (importa oltre l’80% dell’energia primaria che consuma) e del conseguente elevato costo dell’energia (quella elettrica, al netto delle imposte, costa agli italiani quasi il 40% in più rispetto alla media europea), l’Italia sta perdendo terreno nel confronto economico con i partners europei, assieme ai quali dovrebbe invece perseguire una più armonica strategia energetica comune:
1. Oggi, il cittadino spagnolo usufruisce del 10% in più d’energia primaria rispetto al cittadino italiano, l’inglese del 25% in più, il francese del 40% in più e il tedesco arriva al 65% in più. Simili percentuali valgono anche per la sola energia elettrica: rispetto al cittadino italiano, si va dal 10% in più utilizzati dal cittadino spagnolo al 55% in più utilizzati dal tedesco.
2. L’Italia è il Paese europeo con la maggiore produzione d’energia elettrica da gas naturale e petrolio – fonti costose e inquinanti – e con la maggiore importazione diretta d’energia elettrica (51 miliardi di chilowattora nel 2003, contro i 2 miliardi di kWh che importò il Regno Unito, 1 miliardo di kWh che importò la Spagna, e i 10 e 66 miliardi di kWh che esportarono, rispettivamente, la Germania e la Francia); circostanza, questa, che crea anche rischi alla sicurezza dell’approvvigionamento, come i black-out del recente passato hanno evidenziato.
3. La totalità dell’energia elettrica importata in Italia proviene dalle centrali nucleari d’Oltralpe. Mentre – giova ricordare – nel 2003, Francia, Germania, Regno Unito e Spagna produssero, rispettivamente, 420, 157, 85 e 60 miliardi di KWh elettrici dagli oltre 100 reattori nucleari in esercizio in quei Paesi.
A fronte di questa situazione oggettiva e dell’urgenza di un’azione, vi sono responsabili politici e organi d’informazione che vanno diffondendo l’illusione che sia seriamente possibile affrontare il dissesto energetico facendo ricorso alle varie nuove forme di sfruttamento dell’energia solare rinnovabile: l’eolica, la solare termica o fotovoltaica, e i biocombustibili (che sono, tutte, forme dirette o indirette d’energia dal sole). Oppure, facendo ricorso a tecnologie futuribili, oggi prive di prospettive di concreta realizzabilità sia nel breve che nel medio termine.
Noi riteniamo che i cittadini debbano ricevere piena informazione, fornita con onestà e senza pregiudizi ideologici: essi devono conoscere le conseguenze, per sé e per i propri figli, delle scelte adottate in tema di politica energetica e, soprattutto, non devono essere illusi con promesse che la scienza più accreditata e la tecnologia più avanzata non possono contribuire a sostenere.
Ferma restando la sua capitale importanza in tutti i processi vitali, per i bisogni energetici dell’umanità l’energia solare rinnovabile, in tutte le sue varie forme, non è certamente l’energia del presente: essa ha soddisfatto il 100% del fabbisogno umano dalla notte dei tempi fino a un paio di secoli fa, mentre oggi il contributo energetico dal sole, se si esclude la fonte idroelettrica, è – in Italia come nel mondo – inferiore all’1%. Né si vedono ragioni per ritenere che nel futuro l’energia solare possa dare contributi sostanziali: in particolare, è improbabile, se non illusorio, che le forme d’energia solare diverse da quella idroelettrica possano offrire contributi veramente significativi al fabbisogno energetico del nostro Paese. La fonte eolica lo ha già dimostrato nel Paese – la Germania – che più d’ogni altro v’ha investito: assai modesto è infatti il contributo elettrico che proviene dalle più di 15.000 turbine eoliche ivi installate: circa 3% dall’eolico contro il 30% da nucleare (la cui potenza installata è, in Germania, quasi uguale a quella eolica). Il solare termico produce solo aria o acqua calda, e a questo scopo il mondo usa meno del 10% dell’energia che consuma, di cui la porzione maggiore è consumata dalle zone che meno possono servirsi del solare termico; e, infatti, esso contribuisce nel mondo per meno dello 0,001%, anche perché è molto più conveniente utilizzare l’energia dalla rete del gas o elettrica cui ogni edificio deve comunque essere connesso. Quanto al solare fotovoltaico, per produrre con questa tecnologia meno dell’1% dell’energia elettrica consumata dagli italiani, i soli pannelli fotovoltaici (senza installazione, trasformatori, ed eventuali accumulatori) costerebbero la proibitiva cifra di più di 10 miliardi di euro, e vi sono valide ragioni tecniche per dubitare che questi costi possano significativamente abbattersi. Il Paese va anche chiaramente informato sulle reali prospettive dei biocombustibili: quando si tenga conto dell’energia necessaria nei processi agricolo e industriale per produrli, l’energia netta da essi ottenuta è di modesto rilievo. In ogni caso, assumendo le più favorevoli condizioni, per risparmiare meno del 5% del solo petrolio che consumiamo, bisognerebbe coltivare a biomassa l’intera superficie della pianura padana (oltre 45.000 kmq).
Il mondo produce oggi da tutte le nuove fonti rinnovabili messe insieme – geotermia, rifiuti, biomassa, eolico, e solare termoelettrico e fotovoltaico – meno del 2% dell’energia elettrica che consuma. Quanto a produzione da queste fonti, l’Italia è già al terzo posto in Europa con 11 miliardi di kWh prodotti nel 2003 (il 10% dell’intera produzione europea da queste fonti); nonostante ciò, l’energia elettrica così prodotta copre meno del 4% dell’energia elettrica consumata dal Paese.
La fusione nucleare e l’idrogeno, spesso citate come tecnologie a portata di mano, sono ancora allo stato potenziale. La prima è tuttora limitata allo stadio di ricerca con prospettive a lungo termine. Quanto all’idrogeno – che non è una fonte d’energia perché esso non esiste sulla Terra nella forma utilizzabile come combustibile – la sua produzione richiede una quantità d’energia molto superiore a quella da esso ricavabile, e per questa ragione il suo utilizzo su larga scala è vincolato anche alla disponibilità di energia abbondante, economica e sicura.
Oggi, quella disponibilità alternativa alle fonti fossili – inquinanti e sempre più costose – è offerta solo dalla tecnologia nucleare da fissione. Una tecnologia ormai ben collaudata, che trova largo e sicuro impiego nella maggior parte del mondo industrializzato, e che non può pertanto continuare ad essere esclusa dalle strategie energetiche del nostro Paese.
Teniamo a precisare che con questa nostra critica noi non proponiamo di sospendere, fermare o rallentare le ricerche sulle energie rinnovabili; ricerche che potrebbero portare, in un futuro pur lontano, alla scoperta, che nessuno può naturalmente escludere, di nuovi metodi d’impiego di queste forme d’energia. Questa nostra critica invita solo a non alimentare speranze, vicine o illusorie, sulla soluzione di quel grande problema che è la situazione energetica del Paese e che ha bisogno di essere responsabilmente affrontato.
Le chiediamo pertanto, Signor Presidente, di farsi promotore – nei modi che vorrà considerare più adeguati – di azioni che consentano la diffusione di quella informazione franca e trasparente che è condizione necessaria perché un Paese possa dirsi veramente democratico.
Certi della Sua considerazione, porgiamo i nostri più cordiali saluti e, con l’occasione, anche i migliori auguri per le imminenti festività e il nuovo anno.
Renato Angelo RICCI, Presidente
Giorgio SALVINI, Presidente Onorario Umberto VERONESI, Presidente Onorario
Franco BATTAGLIA, Vice Presidente Vicario Carlo BERNARDINI, Vice Presidente Tullio REGGE, Vice Presidente Umberto TIRELLI, Vice Presidente
Angela ROSATI, Segretario Generale
Silvio GARATTINI, Direttore Istituto Ricerche Farmacologiche “Mario Negri” Gian Tommaso SCARASCIA MUGNOZZA, Professore Emerito di Genetica Agraria, Comitato Nazionale Biotecnologie Giorgio TRENTA, Presidente Associazione Italiana di Radioprotezione Medica Paolo VECCHIA, Presidente ICNIRP
Stefano AGOSTEO, Ordinario di Strumentazioni nucleari, Politecnico di Milano Alessandro BAILINI, Ingegnere Nucleare, Politecnico di Milano Claudia BALDINI, Vice Presidente Associazione Bioetica di Ravenna Lanfranco BELLONI, Ricercatore di Fisica, Università di Milano Argeo BENCO, Fisico, già Presidente Associazione Italiana di Radioprotezione Alessandro BETTINI, Ordinario di Fisica Generale, Università di Padova Giuseppe BLASI, Architetto, Presidente Associazione ProgettAmbiente Mirko BRESSANELLI, Ingegneria Nucleare, Politecnico di Milano Tullio BRESSANI, Ordinario di Fisica Sperimentale, Università di Torino Giovanni CARBONI, Ordinario di Fisica Generale, Università di Roma-Tor Vergata Diego CATTANEO, Ingegnere Elettronico, Politecnico di Milano Arrigo CIGNA, già ricercatore ENEA Leopoldo CONTE, Ordinario di Fisica Medica, già Presidente Associazione Italiana di Fisica Medica Leone CORRADI DELL’ACQUA, Ordinario di Scienza delle Costruzioni, Politecnico di Milano Guido FANO, già Ordinario di Metodi Matematici della Fisica, Università di Bologna Rodolfo FEDERICO, Ordinario di Fisiologia Vegetale, Università di Roma-Tre Gianni FOCHI, Professore di Chimica, Scuola Normale Superiore di Pisa Paolo FORNACIARI, Ingegnere, Presidente Comitato Italiano Rilancio del Nucleare Renato GIUSSANI, Ingegnere, Direttore MIND Roberto HABEL, Comitato di Presidenza, Società Italiana di Fisica Alberto LANZAVECCHIA, Economista, Università di Parma Carlo LOMBARDI, Membro del Comitato Scientifico ENEA Lelio LUZZI, Ricercatore Impianti Nucleari, Politecnico di Milano Giorgio MOLINARI, Ordinario di Elettrotecnica, Università di Genova Stefano MONTI, Ingegnere nucleare, ENEA Giovanni V. PALLOTTINO, Ordinario di Elettronica, Università di Roma-La Sapienza Matteo PASSONI, Ingegnere Nucleare, Politecnico di Milano Ernesto PEDROCCHI, Ordinario di Energetica, Politecnico di Milano Carlo PELANDA, Docente di Politica ed Economia Internazionale, University of Georgia, Athens GA, USA Aulo PERINI, Medico Radioprotezionista Guido PIZZELLA, Ordinario di Fisica, Università di Roma-Tor Vergata Norberto POGNA, Dirigente di ricerca, CRA-Istituto Sperimentale per la Cerealicoltura Francesca QUERCIA, Geologo, Agenzia per la Protezione dell’Ambiente Niccolò RIGHETTI, Ingegnere Nucleare Alceste RILLI, Ingegnere nucleare, AIN Roberto ROSA, Fisico Nucleare Valeria RUSSO, Ingegnere Nucleare, Politecnico di Milano Francesco SALA, Ordinario di Botanica e Direttore Orti Botanici, Università di Milano Sandro SANDRI, Fisico Alberto SILVESTRI, Ingegnere nucleare, ENEA Giorgio SIMEOLI, CNR Elena SOETJE BALDINI, Segretario Associazione Bioetica di Ravenna Ugo SPEZIA, Ingegnere nucleare, Segretario Generale AIN Carlo STAGNARO, Direttore Ecologia di Mercato, Istituto “Bruno Leoni” Francesco TROIANI, Fisico, ENEA Roberto VACCA, Ingegnere, Scrittore Giulio VALLI, Ingegnere nucleare, ENEA Vincenzo VAROLI, Ordinario di Elettronica Industriale, Politecnico di Milano Franco VELONà, Ingegnere nucleare, Politecnico di Bari
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