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Da poco usciti i dati del Viminale,affluenza oltre il 57%,Quorum raggiunto.Da un cittadino il suo grazie a tutti coloro che con il loro contributo,hanno dato fiducia,ancora una volta a questo grande strumento democratico.
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Veronesi: "Mi inchino ai cittadini,
ma così non si pensa al futuro"
L'uomo
dell'Agenzia per la sicurezza: il professor Umberto Veronesi è un
famoso esperto di prevenzione e cura dei tumori e un convinto
sostenitore del ritorno dell'Italia all'energia nucleare
EGLE SANTOLINI
MILANO Umberto Veronesi, oncologo insigne e
dall’ottobre 2010 presidente dell’Agenzia per la sicurezza nucleare, ha
sempre sostenuto che, senza le centrali, l’Italia sarebbe stato un Paese
morto, «perché tra cinquant’anni finirà il petrolio, fra 80-100 il
carbone e poi toccherà al gas». Il dato secco del 94 e rotti per cento
di sì suona come una risposta cocente alle sue prese di posizione. Sulle
attività future dell’Agenzia, al momento Veronesi preferisce non
commentare, anche se non pare probabile che venga bloccata solo per
l’esito del referendum.
Come giudica i risultati? «Sono
soddisfatto dell’affluenza al referendum che è un segnale di forte
partecipazione civile e dunque un buon segno per il Paese, mi inchino di
fronte alla volontà dei cittadini, ma ritengo sia grave per l’Italia
rinunciare alla possibilità di far fronte alla futura insufficienza
energetica anche con il nucleare. I Paesi avanzati del mondo, anche dopo
l’incidente giapponese, danno priorità assoluta al prossimo scenario
del dopo-petrolio e stanno studiando metodi di produzione di energia
nucleare più efficienti e più sicuri».
E allora che è successo secondo lei? Ha vinto la paura? Gli italiani sono più irrazionali degli altri? «Sicuramente
ha avuto un peso l’ondata emotiva di Fukushima, che ha impedito una
campagna informativa equilibrata sui rischi reali del nucleare. Per
esempio, nessuno ha riportato che l’incidente ha causato soltanto due
morti e non per irradiazione, e che molto probabilmente non ne causerà
altri in futuro… Viceversa il crollo della diga per la produzione di
energia elettrica ha provocato, sempre in Giappone, migliaia di
vittime».
Quali sono gli scenari futuri? «Preoccupanti,
perché l’Italia non possiede fonti proprie ed è già nella situazione di
dipendenza energetica che le altre nazioni si stanno impegnando ad
evitare con consapevolezza e impiego di risorse. Ho paura che la ricerca
italiana, già proiettata sulla fusione nucleare, si fermerà: e sappiamo
che senza ricerca non c’è futuro. Il mio timore è che l’Italia finisca
per essere un’appendice turistica del mondo avanzato».
Lei ha
sottolineato come i Paesi avanzati, nonostante la tragedia giapponese,
abbiano preso in questi mesi una posizione pro nucleare, fatto salvo il
caso della Germania. Come spiega che una nazione nel cuore dell’Europa
si sia pronunciata in questo modo, prima dell’Italia? «La
decisione tedesca non è stata presa né dalla popolazione né dal
parlamento. è un atto del governo, che ha dichiarato di voler chiudere
le centrali entro 12 anni. Ma bisogna ricordarsi che il governo di
allora aveva fatto lo stesso annuncio dopo Cernobil e poi non lo ha mai
attuato. E che la Merkel fino a qualche mese fa si è dichiarata
nuclearista».
Probabilmente ha contato nel risultato
elettorale il tema spinoso delle scorie. Come risponde a chi ha mostrato
inquietudine per questo aspetto del problema? «No, non credo sia
stato un aspetto fondamentale. Le scorie sono solo una parte, per
quanto significativa, del problema globale, che ha molte valenze.
Purtroppo anche politiche. In ogni caso, il progetto di eliminazione
delle scorie del passato è in atto».
Che cosa può fare in Italia, visti i risultati, un uomo di scienza fermamente convinto della necessità del nucleare? «Può
impegnarsi a mantenere i contatti con la ricerca mondiale, soprattutto
sul fronte della sicurezza. è evidente che se esiste un rischio di
incidente nucleare in Europa esiste anche in Italia, visto che ci sono
centrali appena al di là dei nostri confini».
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Message 3 of 7 on the subject |
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Ecco quanto ci costano le favole ambientaliste
di Nicola Porro
Per
rendere efficienti le reti idriche i Comuni aumenteranno le imposte. E gli
incentivi alle energie "pulite" ci costeranno cento miliardi in 20
anni
E adesso questo benedetto referendum ce lo paghiamo.
Le folle festanti che gioiscono per l’acqua pubblica e l’energia finalmente
verde hanno inconsapevolmente scelto per tutti noi: più tasse. Non penseranno
mica che il conto sia gratis. Destra e sinistra qua c’entrano poco: Zaia, il
governatore veneto, come Bonelli, il leader verde, pari sono. «Il buon senso
c’era, ma se ne è stato nascosto per paura del senso comune»; è l’atteggiamento
bipartisan che in molti hanno avuto. Il trucchetto grazie al quale i costi
della scellerata scelta sono stati nascosti sotto il tappeto si chiama
illusione finanziaria, come la definì un grandissimo economista italiano di
inizio Novecento, Amilcare Puviani. Semplificando, si tratta di quella trappola
che tendono con abilità i politici quando un costo per la collettività - invece
di cancellarlo - lo spostano in un anfratto ben poco visibile. Il referendum
appena passato sull’acqua è un caso di scuola. Vediamo. I nostri tubi perdono
come un colapasta: più si scende e peggio è. Nei prossimi trent’anni sarà
necessario investire 60miliardi di euro per ridurre decisamente le perdite. Da
oggi in poi il costo di questi investimenti non sarà più possibile comprenderlo
nelle tariffe dell’acqua stessa.
Ma siccome Babbo Natale da queste parti non si è fatto
vedere, da qualche parte questi quattrini toccherà tirarli fuori. La procedura
è semplice: con le tariffe ci paghiamo, se va bene, la gestione ordinaria
dell’acqua e gli investimenti verranno invece scaricati nelle casse comunali.
Et voilà l’illusione è fatta: il coniglio è uscito fuori dal cappello. Poi però
non lamentiamoci quando i nostri amministratori locali alzeranno al massimo
l’Irap e l’addizionale Irpef (lo ha appena fatto Nichi Vendola in Puglia). Sarà
interessante assistere tra qualche anno ai favolosi vincitori referendari
quando in piazza sfileranno per la riduzione della pressione fiscale arrivata
ormai a livelli insopportabili o quando urleranno contro i tagli dello Stato
centrale, che ovviamente non ha alcuna intenzione di coprire a piè di lista i
costi dei propri enti locali. Certo un’alternativa c’è. Non fare investimenti e
piano piano aumentare le tariffe locali. Esattamente quanto è avvenuto fino ad
oggi. Chissà perché nessuno ha messo in rilievo come quest’anno le tariffe
dell’acqua siano aumentate del 10 per cento, contro un’inflazione del 2,5 per
cento? E anche sugli investimenti basta fare come si è fatto sino ad oggi: cioè
poco o nulla. Disperdiamo il 40 per cento dell’acqua e un italiano su tre si
trova in zone non trattate da depuratori.
Continuiamo così: tutti felici. I cittadini festanti
votano per la loro condanna fiscale e i politici altrettanto festanti brindano
per il mantenimento delle loro 24mila poltrone nei consigli di amministrazione
delle società pubbliche locali (fonte Corte dei conti). Quello che non vedremo
nelle tariffe, lo troveremo in maggiori imposte e affideremo il tutto ai nostri
abilissimi politici locali. Bell’affare. Sul nucleare Puviani avrebbe potuto
scrivere un trattato. Al suo posto, si parva licet , lo ha fatto l’Authority
per l’energia. Il discorso in questo caso, limitandosi solo all’aspetto
economico, è ancora più semplice. A gran voce si reclamano, come alternativa al
nucleare, il sole e il vento. Purtroppo vento e sole non sono efficienti quanto
i combustibili fossili e l’atomo, e dunque tocca dare loro un incentivo. Niente
da fare: anche in questo caso Babbo Natale non si è fatto vedere. L’Authority
ha calcolato per il 2011 tale incentivo in circa 5 miliardi di euro. Ma chi ha
messo per terra una pala o un pannello ne ha diritto (a tariffa costante senza
riduzioni) per i prossimi 20 anni.
A casa nostra la somma fa
cento miliardi di euro. Già quest’anno le nostre bollette della elettricità
sono aumentate del 3,9 per cento, di cui il 3 per cento per i sussidi a vento e
sole (fonte Authority per l’Energia). Gli italiani hanno votato per aumentare
il loro «debito pubblico elettrico» per cento miliardi di euro. E si trovano le
centrali alle porte di casa. Questa più che un’illusione finanziaria,
sembrerebbe una truffa. I referendum sono passati. Siamo tutti più verdi. Siamo
tutti più pubblici. Siamo tutti meno efficienti. Siamo tutti più politici.
Siamo tutti più giovani e colorati. Siamo tutti più
poveri. Evviva.
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Message 4 of 7 on the subject |
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From: haiku04 |
Sent: 14/06/2011 11:39 |
Sono felice per il superamento del quorum, sono felice perchè gli italiani non hanno aderito all'assenteismo e hanno invece, in piena coscienza individuale, reso valido questo importante strumento democratico! |
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Message 5 of 7 on the subject |
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Referendum, finita l’euforia è svelato il bluff
Ecco la verità: l’acqua pubblica costerà di più
Come
previsto dal fronte del no, i gestori rinunciano agli investimenti
sulla rete idrica E il Pd D’Antoni avverte: "Una legge da concordare col
centrodestra o sarà caos"
Per capire la portata del problema che ora si pone agli amministratori
(e ai cittadini che aprono i rubinetti), si prenda il caso Hera, la
holding bolognese quotata in Borsa che gestisce i servizi idrici,
ambientali ed energetici in Emilia Romagna. Un colosso, il secondo
gestore delle acque in Italia, e legato a doppio filo ai governi locali
della regione più «rossa» d’Italia: per Hera, il referendum è stato un
terremoto, e sono i cittadini che rischiano di pagarne il conto salato.
Il 13 giugno la società ha annunciato che non firmerà più la convenzione
con gli enti locali che prevedeva investimenti per 70 milioni di euro
sulla rete idrica. In Borsa ha perso circa il 10 per cento del suo
valore, bruciando circa 187 milioni di capitalizzazione: per il Comune
di Bologna (appena riconquistato dal Pd), che ha il 13% delle quote, si
tratta di una perdita secca di 25 milioni e mezzo; 35 i milioni persi
dai comuni della provincia. Le conseguenze catastrofiche del sì ai due
quesiti vengono spiegate, in una intervista al Corriere di Bologna,
dall’assessore provinciale all’Ambiente della Provincia di Bologna,
Emanuele Burgin, che non a caso era schierato per il no: «Serve una
nuova legge nazionale, perché siamo in una situazione di stallo. Se a
Bologna si fermano 70 milioni di investimenti, con tutte le conseguenze
che si possono immaginare anche in termini economici e di occupazione,
il dato nazionale è pari a 6 miliardi». Difficile però pensare che
governo e Parlamento rispondano a questa esigenza in tempi brevi.
Quindi? «Quindi — dice Burgin — non sappiamo come fare. I soldi per fare
investimenti gli enti locali non li hanno. Rispettiamo la volontà
espressa dal referendum, che ha abrogato una norma introdotta dal
governo Prodi, ma bisogna dire con altrettanta onestà che il ricorso ai
privati era l’unico modo per finanziare gli investimenti».
Erasmo D’Angelis, ex consigliere regionale toscano del Pd e oggi
presidente di Publiacqua, la società idrica locale, solleva un altro
problema potenzialmente esplosivo: «Da oggi, dopo l’abrogazione del 7%,
che bollette mandiamo ai nostri cittadini? Formalmente dovrebbero valere
le vecchie tariffe, ma mi aspetto che se non le riducessimo saremmo
presto sommersi da una valanga di ricorsi dei consumatori». E infatti il
Codacons già minaccia: «Le bollette devono scendere immediatamente del
sette per cento. Siamo pronti ad una class action nel caso i gestori non
applichino immediatamente l’esito referendario». Incalza De Angelis:
«Dove li prendiamo adesso i soldi per le infrastrutture? Ce li daranno i
sindaci? Publiacqua ha aperto un cantiere da 71 milioni di euro a
Firenze, per dare una fogna a mezza città. In totale abbiamo programmato
investimenti per 740 milioni nei prossimi dieci anni. Quelli di Milano
mi hanno detto che loro hanno in cantiere opere per 800 milioni. Come
facciamo? Tremonti ci mette a disposizione la Cassa depositi e prestiti
per finanziarci?».
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Message 6 of 7 on the subject |
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Se invece di fare referendum e proposte di legge inamissibili, si impegnassero a sanare la rete idrica che perde quotidianamente milioni di metri cubi di acqua, sarebbero costretti a diminuirla!! |
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Message 7 of 7 on the subject |
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Ancora una volta torna la secolare questione...come i governi non hanno alcun interesse a risolvere i problemi dei cittadini ma solo quello di mantenere il potere,così le gestioni sull'acqua siano esse private o pubbliche non affronteranno con profondità il problema delle perdite....tanto verranno,come sempre,caricate sugli utenti. |
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