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Attualità: Referendum
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Reply  Message 1 of 7 on the subject 
From: Principe Errante  (Original message) Sent: 13/06/2011 15:41
Da poco usciti i dati del Viminale,affluenza oltre il 57%,Quorum raggiunto.Da un cittadino il suo grazie a tutti coloro che con il loro contributo,hanno dato fiducia,ancora una volta a questo grande strumento democratico.
 


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Reply  Message 2 of 7 on the subject 
From: lore luc Sent: 14/06/2011 08:55

Veronesi: "Mi inchino ai cittadini,
ma così non si pensa al futuro"

L'uomo dell'Agenzia per la sicurezza: il professor Umberto Veronesi è un famoso esperto di prevenzione e cura dei tumori e un convinto sostenitore del ritorno dell'Italia all'energia nucleare



EGLE SANTOLINI

MILANO
Umberto Veronesi, oncologo insigne e dall’ottobre 2010 presidente dell’Agenzia per la sicurezza nucleare, ha sempre sostenuto che, senza le centrali, l’Italia sarebbe stato un Paese morto, «perché tra cinquant’anni finirà il petrolio, fra 80-100 il carbone e poi toccherà al gas». Il dato secco del 94 e rotti per cento di sì suona come una risposta cocente alle sue prese di posizione. Sulle attività future dell’Agenzia, al momento Veronesi preferisce non commentare, anche se non pare probabile che venga bloccata solo per l’esito del referendum.

Come giudica i risultati?
«Sono soddisfatto dell’affluenza al referendum che è un segnale di forte partecipazione civile e dunque un buon segno per il Paese, mi inchino di fronte alla volontà dei cittadini, ma ritengo sia grave per l’Italia rinunciare alla possibilità di far fronte alla futura insufficienza energetica anche con il nucleare. I Paesi avanzati del mondo, anche dopo l’incidente giapponese, danno priorità assoluta al prossimo scenario del dopo-petrolio e stanno studiando metodi di produzione di energia nucleare più efficienti e più sicuri».

E allora che è successo secondo lei? Ha vinto la paura? Gli italiani sono più irrazionali degli altri?
«Sicuramente ha avuto un peso l’ondata emotiva di Fukushima, che ha impedito una campagna informativa equilibrata sui rischi reali del nucleare. Per esempio, nessuno ha riportato che l’incidente ha causato soltanto due morti e non per irradiazione, e che molto probabilmente non ne causerà altri in futuro… Viceversa il crollo della diga per la produzione di energia elettrica ha provocato, sempre in Giappone, migliaia di vittime».

Quali sono gli scenari futuri?
«Preoccupanti, perché l’Italia non possiede fonti proprie ed è già nella situazione di dipendenza energetica che le altre nazioni si stanno impegnando ad evitare con consapevolezza e impiego di risorse. Ho paura che la ricerca italiana, già proiettata sulla fusione nucleare, si fermerà: e sappiamo che senza ricerca non c’è futuro. Il mio timore è che l’Italia finisca per essere un’appendice turistica del mondo avanzato».

Lei ha sottolineato come i Paesi avanzati, nonostante la tragedia giapponese, abbiano preso in questi mesi una posizione pro nucleare, fatto salvo il caso della Germania. Come spiega che una nazione nel cuore dell’Europa si sia pronunciata in questo modo, prima dell’Italia?
«La decisione tedesca non è stata presa né dalla popolazione né dal parlamento. è un atto del governo, che ha dichiarato di voler chiudere le centrali entro 12 anni. Ma bisogna ricordarsi che il governo di allora aveva fatto lo stesso annuncio dopo Cernobil e poi non lo ha mai attuato. E che la Merkel fino a qualche mese fa si è dichiarata nuclearista».

Probabilmente ha contato nel risultato elettorale il tema spinoso delle scorie. Come risponde a chi ha mostrato inquietudine per questo aspetto del problema?
«No, non credo sia stato un aspetto fondamentale. Le scorie sono solo una parte, per quanto significativa, del problema globale, che ha molte valenze. Purtroppo anche politiche. In ogni caso, il progetto di eliminazione delle scorie del passato è in atto».

Che cosa può fare in Italia, visti i risultati, un uomo di scienza fermamente convinto della necessità del nucleare?
«Può impegnarsi a mantenere i contatti con la ricerca mondiale, soprattutto sul fronte della sicurezza. è evidente che se esiste un rischio di incidente nucleare in Europa esiste anche in Italia, visto che ci sono centrali appena al di là dei nostri confini».


Reply  Message 3 of 7 on the subject 
From: lore luc Sent: 14/06/2011 09:31

Ecco quanto ci costano le favole ambientaliste

di Nicola Porro

Per rendere efficienti le reti idriche i Comuni aumenteranno le imposte. E gli incentivi alle energie "pulite" ci costeranno cento miliardi in 20 anni


E adesso questo benedet­to referendum ce lo paghia­mo. Le folle festanti che gioi­scono per l’acqua pubblica e l’energia finalmente verde hanno inconsapevolmente scelto per tutti noi: più tasse. Non penseranno mica che il conto sia gratis. Destra e sini­stra qua c’entrano poco: Za­ia, il governatore veneto, co­me Bonelli, il leader verde, pa­ri sono. «Il buon senso c’era, ma se ne è stato nascosto per paura del senso comune»; è l’atteggiamento bipartisan che in molti hanno avuto. Il trucchetto grazie al quale i costi della scellerata scelta sono stati nascosti sotto il tappeto si chiama illusione finanziaria, come la definì un grandissimo economista italiano di inizio Novecento, Amilcare Puviani. Semplificando, si tratta di quella trappola che tendono con abilità i politici quando un costo per la collettività - invece di cancellarlo - lo spostano in un anfratto ben poco visibile. Il referendum appena passato sull’acqua è un caso di scuola. Vediamo. I nostri tubi perdono come un colapasta: più si scende e peggio è. Nei prossimi trent’anni sarà necessario investire 60miliardi di euro per ridurre decisamente le perdite. Da oggi in poi il costo di questi investimenti non sarà più possibile comprenderlo nelle tariffe dell’acqua stessa.

Ma siccome Babbo Natale da queste parti non si è fatto vedere, da qualche parte questi quattrini toccherà tirarli fuori. La procedura è semplice: con le tariffe ci paghiamo, se va bene, la gestione ordinaria dell’acqua e gli investimenti verranno invece scaricati nelle casse comunali. Et voilà l’illusione è fatta: il coniglio è uscito fuori dal cappello. Poi però non lamentiamoci quando i nostri amministratori locali alzeranno al massimo l’Irap e l’addizionale Irpef (lo ha appena fatto Nichi Vendola in Puglia). Sarà interessante assistere tra qualche anno ai favolosi vincitori referendari quando in piazza sfileranno per la riduzione della pressione fiscale arrivata ormai a livelli insopportabili o quando urleranno contro i tagli dello Stato centrale, che ovviamente non ha alcuna intenzione di coprire a piè di lista i costi dei propri enti locali. Certo un’alternativa c’è. Non fare investimenti e piano piano aumentare le tariffe locali. Esattamente quanto è avvenuto fino ad oggi. Chissà perché nessuno ha messo in rilievo come quest’anno le tariffe dell’acqua siano aumentate del 10 per cento, contro un’inflazione del 2,5 per cento? E anche sugli investimenti basta fare come si è fatto sino ad oggi: cioè poco o nulla. Disperdiamo il 40 per cento dell’acqua e un italiano su tre si trova in zone non trattate da depuratori.

Continuiamo così: tutti felici. I cittadini festanti votano per la loro condanna fiscale e i politici altrettanto festanti brindano per il mantenimento delle loro 24mila poltrone nei consigli di amministrazione delle società pubbliche locali (fonte Corte dei conti). Quello che non vedremo nelle tariffe, lo troveremo in maggiori imposte e affideremo il tutto ai nostri abilissimi politici locali. Bell’affare. Sul nucleare Puviani avrebbe potuto scrivere un trattato. Al suo posto, si parva licet , lo ha fatto l’Authority per l’energia. Il discorso in questo caso, limitandosi solo all’aspetto economico, è ancora più semplice. A gran voce si reclamano, come alternativa al nucleare, il sole e il vento. Purtroppo vento e sole non sono efficienti quanto i combustibili fossili e l’atomo, e dunque tocca dare loro un incentivo. Niente da fare: anche in questo caso Babbo Natale non si è fatto vedere. L’Authority ha calcolato per il 2011 tale incentivo in circa 5 miliardi di euro. Ma chi ha messo per terra una pala o un pannello ne ha diritto (a tariffa costante senza riduzioni) per i prossimi 20 anni.

A casa nostra la somma fa cento miliardi di euro. Già quest’anno le nostre bollette della elettricità sono aumentate del 3,9 per cento, di cui il 3 per cento per i sussidi a vento e sole (fonte Authority per l’Energia). Gli italiani hanno votato per aumentare il loro «debito pubblico elettrico» per cento miliardi di euro. E si trovano le centrali alle porte di casa. Questa più che un’illusione finanziaria, sembrerebbe una truffa. I referendum sono passati. Siamo tutti più verdi. Siamo tutti più pubblici. Siamo tutti meno efficienti. Siamo tutti più politici. Siamo tutti più giovani e colorati. Siamo tutti più poveri. Evviva.


Reply  Message 4 of 7 on the subject 
From: haiku04 Sent: 14/06/2011 11:39
Sono felice per il superamento del quorum, sono felice perchè gli italiani non hanno aderito all'assenteismo e hanno invece, in piena coscienza individuale, reso valido questo importante strumento democratico!  

Reply  Message 5 of 7 on the subject 
From: lore luc Sent: 21/06/2011 11:55

Referendum, finita l’euforia è svelato il bluff Ecco la verità: l’acqua pubblica costerà di più



Come previsto dal fronte del no, i gestori rinunciano agli investimenti sulla rete idrica E il Pd D’Antoni avverte: "Una legge da concordare col centrodestra o sarà caos"

 

Roma Passata la sbornia di entusiasmo per la «spallata» affibbiata a Berlusconi con la vittoria referendaria, in casa Pd si iniziano a fare i conti con le conseguenze concrete della consultazione. E sull’acqua «bene pubblico» per gli amministratori locali del Pd son già dolori. Tanto che si vuol cercare una soluzione legislativa che rimetta ordine nel caos creato dai due quesiti idrici: «è necessario mettere riparo in fretta ai vuoti normativi che si sono aperti», dice Sergio D’Antoni, responsabile dell’organizzazione e delle politiche del Pd sul territorio. E per farlo, ammette, occorre trovare un’intesa con la maggioranza di centrodestra, senza i cui voti nessuna legge può passare. Dal Pdl però si reagisce con cautela: «Certo bisognerà trattare, ma come facciamo a fidarci di un Bersani che fino ad un anno fa propagandava le privatizzazioni dei servizi locali e poi si è buttato sul carro referendario?».
Per capire la portata del problema che ora si pone agli amministratori (e ai cittadini che aprono i rubinetti), si prenda il caso Hera, la holding bolognese quotata in Borsa che gestisce i servizi idrici, ambientali ed energetici in Emilia Romagna. Un colosso, il secondo gestore delle acque in Italia, e legato a doppio filo ai governi locali della regione più «rossa» d’Italia: per Hera, il referendum è stato un terremoto, e sono i cittadini che rischiano di pagarne il conto salato. Il 13 giugno la società ha annunciato che non firmerà più la convenzione con gli enti locali che prevedeva investimenti per 70 milioni di euro sulla rete idrica. In Borsa ha perso circa il 10 per cento del suo valore, bruciando circa 187 milioni di capitalizzazione: per il Comune di Bologna (appena riconquistato dal Pd), che ha il 13% delle quote, si tratta di una perdita secca di 25 milioni e mezzo; 35 i milioni persi dai comuni della provincia. Le conseguenze catastrofiche del sì ai due quesiti vengono spiegate, in una intervista al Corriere di Bologna, dall’assessore provinciale all’Ambiente della Provincia di Bologna, Emanuele Burgin, che non a caso era schierato per il no: «Serve una nuova legge nazionale, perché siamo in una situazione di stallo. Se a Bologna si fermano 70 milioni di investimenti, con tutte le conseguenze che si possono immaginare anche in termini economici e di occupazione, il dato nazionale è pari a 6 miliardi». Difficile però pensare che governo e Parlamento rispondano a questa esigenza in tempi brevi. Quindi? «Quindi — dice Burgin — non sappiamo come fare. I soldi per fare investimenti gli enti locali non li hanno. Rispettiamo la volontà espressa dal referendum, che ha abrogato una norma introdotta dal governo Prodi, ma bisogna dire con altrettanta onestà che il ricorso ai privati era l’unico modo per finanziare gli investimenti».
Erasmo D’Angelis, ex consigliere regionale toscano del Pd e oggi presidente di Publiacqua, la società idrica locale, solleva un altro problema potenzialmente esplosivo: «Da oggi, dopo l’abrogazione del 7%, che bollette mandiamo ai nostri cittadini? Formalmente dovrebbero valere le vecchie tariffe, ma mi aspetto che se non le riducessimo saremmo presto sommersi da una valanga di ricorsi dei consumatori». E infatti il Codacons già minaccia: «Le bollette devono scendere immediatamente del sette per cento. Siamo pronti ad una class action nel caso i gestori non applichino immediatamente l’esito referendario». Incalza De Angelis: «Dove li prendiamo adesso i soldi per le infrastrutture? Ce li daranno i sindaci? Publiacqua ha aperto un cantiere da 71 milioni di euro a Firenze, per dare una fogna a mezza città. In totale abbiamo programmato investimenti per 740 milioni nei prossimi dieci anni. Quelli di Milano mi hanno detto che loro hanno in cantiere opere per 800 milioni. Come facciamo? Tremonti ci mette a disposizione la Cassa depositi e prestiti per finanziarci?».

Reply  Message 6 of 7 on the subject 
From: primaveraestate Sent: 21/06/2011 17:09
Se invece di fare referendum e proposte di legge inamissibili, si impegnassero a sanare la rete idrica che perde quotidianamente milioni di metri cubi di acqua, sarebbero costretti a diminuirla!!

Reply  Message 7 of 7 on the subject 
From: Principe Errante Sent: 24/06/2011 13:40
Ancora una volta torna la secolare questione...come i governi non hanno alcun interesse a risolvere i problemi dei cittadini ma solo quello di mantenere il potere,così le gestioni sull'acqua siano esse private o pubbliche non affronteranno con profondità il problema delle perdite....tanto verranno,come sempre,caricate sugli utenti.


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