Se il lavoro non è all'altezza delle loro aspirazioni, i figli assunti a tempo indeterminato vanno mantenuti
I papà devono continuare a versare l’assegno di
mantenimento per i figli maggiorenni, che convivono con la moglie
separata o divorziata, anche nel caso i cui i loro ragazzi abbiano
trovato un lavoro con regolare contratto a tempo indeterminato. A
sancire il permanere dell’obbligo di versare l’assegno alla ex moglie,
basta la circostanza che l’occupazione reperita non sia adeguata
rispetto alle aspirazioni dei figli.
Il caso
Un artigiano pensionato è stufo di versare la
paghetta di 150 euro mensili per la figlia venticinquenne perchè la
ragazza, ormai da tempo, lavora, in regola, come commessa part-time
presso una azienda e ha uno stipendio di 600-650 euro al mese. Siccome
la figlia ha il diploma da ragioniera, per la Cassazione (sentenza
14123/11) l’impiego non è adeguato rispetto al titolo di studio, perciò
il padre deve continuare a mantenerla con la sua magra pensione. Le
ragioniere - nel mercato del lavoro, osservano i supremi giudici - non
sono più ambite come una volta, e lo stipendio è modesto, non
sufficiente a consentire l’autosufficienza della giovane, seppur
convivente con la madre.
La Suprema Corte ricorda che «l’obbligo di versare
il contributo per i figli maggiorenni al coniuge presso il quale vivono,
cessa solo quando il genitore obbligato provi che essi abbiano
raggiunto l’indipendenza economica, percependo un reddito corrispondente
alla professionalità acquisita in
relazione alle normali condizioni
di mercato». Per non pagare più, il genitore onerato deve provare che il
figlio che mantiene si sia «sottratto volontariamente allo svolgimento
di una attività lavorativa adeguata».
Il pensionato dovrà versare mille euro per aver perso la causa.