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De: lore luc (Mensaje original) |
Enviado: 26/07/2011 03:03 |
Quei giovani norvegesi
incapaci di reagire
Cinquanta persone se si lanciano insieme sul killer hanno la possibilità di farlo a pezzi con le nude mani
Tutto quello che
sappiamo della mattanza sull’isola di Utoya, in Norvegia, compiuta da
Anders Behring Breivik, 32 anni, il cervello fulminato
dall’esaltazione ultranazionalista, lo abbiamo letto increduli sui
giornali. Abbiamo compulsato decine di articoli nella speranza di
capire non tanto il movente, impossibile da cogliere per chi non abbia
nozioni approfondite di psichiatria, quanto il fatto che il pazzo sia
riuscito a uccidere una novantina di ragazzi in mezz’ora senza
incontrare la benché minima resistenza. Sidirà che c’è poco da
resistere in certe situazioni: se un uomo è armato fino ai denti, e
le sue vittime, invece, non dispongono nemmeno di una fionda, la
carneficina è scontata. Giusto. Ma in questo caso, stando alle notizie
in nostro possesso, sull’isola (un chilometro quadrato, quindi
piccola) si trovavano circa 500 partecipanti a un meeting annuale di
laburisti. Un numero considerevole. Quando Breivik ha dato fuori da
matto e ha cominciato a sparare, immagino che lo stupore e il terrore
si siano impadroniti del gruppo intero. E si sa che lo sconcerto
(accresciuto in questa circostanza dal particolare che il folle era
vestito da poliziotto) e la paura possono azzerare la lucidità
necessaria per organizzare qualsiasi difesa che non sia la fuga
precipitosa e disordinata, contro un pericolo di morte.
Ciononostante, poiché la strage si è consumata in 30 minuti, c’è da
chiedersi comunque perché il pluriomicida non sia stato minimamente
contrastato dal gruppo destinato allo sterminio. Ragioniamo. Cinque,
sei, sette, dieci, quindici persone, e tutte disarmate, non sono in
grado di annientare un nemico, per quanto agisca da solo, se questo
impugna armi da fuoco. Ma 50 - e sull’isola ce n’erano dieci volte
tante-se si lanciano insieme su di lui, alcune di sicuro vengono
abbattute, ma solo alcune, e quelle che, viceversa, rimangono illese
(mettiamo 30 o 40) hanno la possibilità di farlo a pezzi con le nude
mani.
Ci rendiamo conto. Cose così sono facili da scrivere, standosene qui
seduti alla scrivania, e molto più difficili da praticare sul campo
mentre echeggiano gli spari e decine di corpi cadono a terra senza
vita. Ma è incredibile come, in determinate circostanze, ciascuno
pensi soltanto a salvare se stesso, illudendosi di spuntarla, anziché
adottare la teoria più vecchia (ed efficace)del mondo:l’unione fa la
forza.
Varie specie di animali quando attaccano lo fanno in massa e nello
stesso modo si comportano quando si difendono. Attenzione però: gli
animali istintivamente antepongono l’interesse del branco a quello del
singolo. Uno per tutti, tutti per uno. Evidentemente l’uomo non ha, o
forse ha perso nei secoli, l’abitudine e l’attitudine a combattere in
favore della comunità della quale pure fa parte. In lui prevalgono
l’egoismo e l’egotismo. Non è più capace di identificarsi con gli altri e
di sacrificarsi per loro, probabilmente convinto che loro non si
sacrificherebbero per lui.
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De: haiku04 |
Enviado: 26/07/2011 12:30 |
Un tempo si diceva 'armiamoci, e partite'.... è sempre stato così. Però non condivido l'articolo di Feltri-Rambo: mi immagino questi ragazzi, lontanissimi dall'essere marines addestrati o veterani di guerra, ma bensì giovani in preda al panico puro, senza avere neppure il tempo di realizzare quanto stesse accadendo e per compagno solo l'istinto che spinge a fuggire urlando, come in un incubo. Come si fa a parlare di egoismo quando di fronte si ha un pazzo dotato di un'arma automatica che spara a raffica, e contro una tale potenza di fuoco non c'è folla che tenga! Per attuare una sorta di difesa in casi come questi |
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Come te Haiku penso anch'io. Ho cercato di immedesimarmi e pensare cosa avrei fatto. Sicuramente sarei solo stata capace di fuggire il più velocemente possibile a cercare un riparo. Unico motivo per cui avrei agito diversamente, se avessi visto l'aggressore girarsi verso mia figlia, ma li genitori non ce n'erano. |
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E' proprio certo che il Breivik ha "dato fuori di matto"?Ci credo poco,troppe coincidenze e la certezza di una condanna abbastanza mite completano il cerchio.Per ciò che concerne la strage sull'isola,é evidente che é una fotografia del segno dei tempi,cui nemmeno la gioventù sfugge..."Io penso per me,s'arrangino gli altri".Panico a parte sarebbe stato uno scherzetto per un piccolo gruppo aggirarlo alle spalle e bloccarlo,ma era un atto d'altruismo...un sentimento ormai scomparso,anche sotto la corona,dato che nell'emergenza del pericolo,anche il monarca di quel paese ha pensato solo a nascondersi.
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Decisamente mite la condanna anche se anzichè di 21 anni la pena fosse di 30 anni. Ma... non so Voi, personalmente a 32 anni, nel pieno della vita, non mi avrebbe nemmeno sfiorata l'idea di commettere qualcosa per cui sarei rimasta via dal mondo e dalla vita per anni |
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Se la
mia memoria è ancora attendibile negli anni ’50 nei paesi scandinavi fece
proseliti un movimento che attuava l’ideologia della nonviolenza di Gandhi. Non
chiedevano di porgere l’altra guancia, ma di non reagire ad alcun tipo di
violenza convinti che la non reazione disarmava l’aggressore. Di utopie se ne possono costruire a volontà,
gestire la realtà è un altro discorso.
La realtà scandinava parla di prigioni migliori di tanti nostri
alberghi, dove si entra solo se c’è il posto altrimenti si resta in attesa che
se ne liberi uno. Per capire i norvegesi
dovrei cercare di essere norvegese mentre sono siciliano anche dopo 49 anni di
domicilio torinese. Per me è assurdo che in 500, in una azione durata 30’, non
siano riusciti ad accerchiare e neutralizzare un solo individuo.
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