Pechino si conquista
con un Colosseo finto
Espulso
da cinque licei torinesi per indisciplina, spedito dal padre a fare
l’operaio a Marsiglia a 17 anni, tornato a casa per diplomarsi al
Gioberti, Poma sta lanciando in Cina una catena di outlet milionari che
riproducono piazze e monumenti italiani
Il manager torinese che ha lanciato una catena di outlet in Cina
MARZIA DE GIULI
TORINO
Cacciato da cinque licei torinesi «perché troppo
birichino», spedito dal padre a fare l’operaio a Marsiglia a 17 anni
«così avrei capito che cosa vuol dire guadagnarsi da vivere», tornato a
casa per diplomarsi al Gioberti e poi iscriversi a Giurisprudenza, per
lasciarla a metà e finire all’Isef visto che «amavo l’arrampicata
libera». Eppure Ivano Poma, in questi giorni «in vacanza a Torino», la
città dove è nato e vissuto fino a 28 anni, sta lanciando in Cina una
catena di outlet milionari che riproducono piazze e monumenti italiani a
grandezza naturale, è amico dei miliardari cinesi (in euro) e, per i
politici di Pechino, è ormai uno di casa. Sul suo biglietto da visita
il nome in mandarino «Bao Yifang» è seguito dalla scritta
«amministratore delegato di Rdm Asia», braccio immobiliare cinese di
Rdm Fingen.
Poma è la testa in Cina del gruppo italiano che lo
scorso maggio ha aperto, vicino alla stazione del treno ad alta
velocità che collega Pechino a Tianjin, il primo «Florentia Village»,
catena di outlet che riproducono l’Italia in «piccolo», se di piccolo si
può parlare di fronte a un’area di 60 mila metri quadrati che ospita
duecento negozi di lusso tra un Colosseo alto trenta metri, colonne
«romane» in travertino, scorci di Firenze e una Venezia ricreata su
veri canali d’acqua con tanto di ponti e gondole, il tutto progettato
da disegnatori italiani.
Il progetto Altri tre centri
apriranno, nei prossimi quattro anni, nelle città del cosiddetto primo
«tier», ovvero Shanghai, Canton e Chongqing, per un investimento
complessivo stimato di oltre 600 milioni di euro. Gli affari del resto
vanno più che bene, e la media di 9–20 mila visitatori al giorno
nell’outlet di Pechino conferma che la scelta è quella giusta. Semplice.
Questo modello di business, per quanto alla sensibilità europea possa
apparire un poco kitsch, «corona le aspirazioni dei ricchi cinesi che
possiedono più di un milione di euro, i cosiddetti Hnwi (High Net Worth
Individuals)». Che sono stimati in 875 mila, di cui 55 mila possiedono
l’equivalente di 10 milioni di euro.
Giovani ricchissimi Se poi
si considera che l’età media degli ultramilionari è di 43 anni
(quindici in meno degli equivalenti americani ed europei), che da
turisti amano spendere in shopping un terzo del budget di viaggio, e
che per molti di loro il marchio conta sopra ogni altra cosa, al punto
da essere «convinti di possedere una Lamborghini quando in realtà hanno
acquistato una Ferrari, come capitato di recente a una giovane signora»
il gioco è fatto. «Vestiti, accessori, tutto quanto è moda e immagine,
e rigorosamente autentico, viene concentrato in un contesto
architettonico di alta qualità, un pezzo d’Italia trasportato in Cina
senza bisogno del visto, che il protagonista, ovvero il compratore,
imparerà con il tempo ad apprezzare». E cioè, il vero ristorante
italiano, il travertino semilucido «che i cinesi per ora non capiscono,
abituati come sono a notare solo quello iperlucido», i dettagli
semplici ma ricercati del made in Italy.
I modelli da seguire Del
resto, Poma sa bene che in Cina è d’obbligo ragionare per obiettivi di
lungo raggio. Degli emozionanti primi anni a 10 mila chilometri da
Torino, ricorda la scuola di vita dei suoi due grandi maestri. «Marco
Boglione, imprenditore illuminato che mi propose di partire per la Cina
come buyer dell’azienda cinese sua partner, la Li & Fung». E
William Fung, patron appunto della Li & Fung, colosso mondiale del
trading, dove Poma fu assunto e ha lavorato per dodici anni fino a
diventare senior vice president, unico occidentale fra ottomila
colleghi cinesi. Oggi William Fung, miliardario nelle classifiche della
rivista Forbes, che «insegna l’apertura mentale e il valore, per
un’azienda di afflato internazionale ma fondata sulla tradizione
cinese, del rispettare i cicli umani di ogni dipendente», è per Poma
«come un padre adottivo». Politici e personaggi del calibro di Bo
Xilai, governatore della megalopoli industriale Chongqing, e Li Ning,
ginnasta di fama mondiale che ha acceso la fiamma olimpica di Pechino
2008, sono «vecchi amici».
La fama I giornali cinesi
descrivono Poma come «il maestro che ci fa conoscere il lifestyle
italiano». Lui viaggia in continuazione dall’uno all’altro capo del
mondo, sua moglie italo-canadese Helena e i suoi figli William (in
onore di Fung) e Matteo parlano tre lingue e hanno la carta di identità
di Hong Kong. Poma, però, tutte le estati torna a Torino, dove vivono
ancora sua madre e i suoi ricordi. Scende a bere un caffè al bar Luna’s
Storta, a San Salvario, sotto casa di sua suocera. E rivede i vecchi
amici con i quali purtroppo spesso non si trova più in sintonia. «Forse
ho rotto gli schemi, ho fatto scelte che non si aspettavano». Ma se gli
si chiede che cosa rimanga di Torino nella sua Cina, in quell’outlet a
forma di Italia e in quella vita così internazionale, non ha
esitazioni: «La serietà, e la forza di non darmi mai per vinto».
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