Case gratis ai rom Proposta choc di Riccardi Ma agli italiani chi pensa?
Il ministro per la Cooperazione
internazionale Andrea Riccardi non ha dubbi su come evitare in futuro
episodi di intolleranza nei confronti dei nomadi: dare loro una casa.
Ora, a parte che ci sono migliaia a migliaia di italiani per i quali la
casa resta un miraggio, cosa c'entra tutto questo con un governo
tecnico? IL RITRATTO Riccardi, il prete laico che s'improvvisa tecnico / Giancarlo Perna
Il ministro (hi-tech) per la Cooperazione internazionale e
l’integrazione, Andrea Riccardi, fondatore della comunità di Sant’Egidio
e Cavaliere di III classe dell’Ordine di Radonez, non ha dubbi.
Per favorire sviluppo e crescita bisogna investire sui
figli dei rom (comunemente chiamati zingarelli e zingarelle), sulla loro
scolarizzazione. Né ha dubbi su come evitare in futuro episodi di
intolleranza nei confronti dei nomadi - episodi che «mettono a rischio
l’integrazione», e su questo non ci piove, ma anche «la tenuta del
Paese», e su questo concetto, invece, non cade una goccia: dar loro una
casa, «perché la vita in una casa favorisce l’integrazione e il
superamento della provvisorietà».
Ora, va bene l’emergenza, va bene fare a casa i compiti dettati dalla
Merkel, va bene il martellante disprezzo per la classe politica e per
chi l’ha eletta, va bene un Napolitano che calza, ma alla ventitré, il
kepì di De Gaulle: ma questo Riccardi, che ci azzecca col governo
tecnico? Questo Riccardi che ripete, da ministro in carica, con le
responsabilità di un ministro in carica, i luoghi comuni buonisti,
roridi, multiculturali, multietnici e multi tutto in uso nei salotti
buoni (tutti siti a grande distanza dagli insediamenti rom) dove si
pratica a chiacchiere, tra un frizzantino e un teuccio, l’«impegno nel
sociale»? Questo Riccardi che a chi gli obiettava che gli zingari non
vogliono essere «stabilizzati», non ci vanno nelle case, non mandano i
loro figli a scuola, risponde, giulivo, che ci vuole più «dialogo», col
quale nei salotti buonisti, sempre fra un frizzantino e un teuccio coi
Pavesini, s’è certi che tutto s’ottiene, tutto s’aggiusta.
Ammettiamo pure che fino a ieri Andrea Riccardi vivesse tra le nuvole
della sua comunità, dividendosi tra i sospiri per la pace nel mondo e i
dialoghi con i suoi beneamati zingari. Ma ora, membro di un governo
sobrio quanto si vuole ma stangatore cieco come pochi altri, dovrebbe
saperlo. Dovrebbe sapere che ci sono migliaia a migliaia di italiani per
i quali la casa resta un miraggio.
Altrettanti se non di più che
non sanno più come seguitare a pagare il mutuo per quelle che dopo mille
calcoli, riflessioni e patemi d’animo erano diventate le loro
agognatissime quattro mura. Dovrebbe sapere che si mette male e si mette
male per tutti: che non c’è più una lira. E lui, il Cavaliere di III
classe dell’Ordine di Radonez, cosa ti va a proporre? Di offrire a
titolo grazioso una casa ai 130-150mila nomadi temporaneamente stanziati
in Italia.
O, in via alternativa, dar loro una consistente buonuscita in
contanti - si chiama, in gergo santegistese, «rimpatrio assistito» -
perché se ne tornino da dove son venuti. Oltre tutto, se se la
passassero davvero male qui da noi, gli zingari se ne sarebbero già
tornati, chi pedibus calcantibus chi a bordo della propria Mercedes
(esente da bollo e assicurazione, eh, son nomadi...) alle loro regioni,
alle loro pustze.
Se restano, vuol dire che si trovano a proprio agio avendo trovato
terreno fertile per l’accattonaggio, lettura della mano, furti e
furtarelli, recupero forzoso d’ogni pezzo di rame in circolazione e
altre attività che appartengono, come ci è stato insegnato, alla loro
grande cultura. Non che manchino gli zingari dediti a lavori leciti, per
carità.
Ma caso vuole, quelli coi quali si ha a che fare, quelli che
incontriamo per strada nei pittoreschi costumi della loro grande,
grandissima cultura, sono i primi. Andrea Riccardi vorrebbe tanto
farceli piacere, ma quello di privilegiarli regalando loro case e soldi -
negate le une e negati gli altri al cittadino italiano in bolletta -
non par proprio essere la strada giusta. Ci manca solo, oltre a quelle
che già ci ammorbano, la casta dei Rom da mantenere a pane, burro e
marmellata.