27/12/2011 - AFGHANISTAN- ITALIANI IN BATTAGLIA
Blitz e agguati segreti
La vera guerra a Kabul
Gli
Alpini della Taurinense sono stati tra i reparti più impiegati nelle
offensive contro i taleban nelle province di Farah ed Herat
Le medaglie al valore svelano
un conflitto duro e atti di eroismo
FRANCESCO GRIGNETTI
roma
Quando fu annunciato un parziale ritiro
dall’Afghanistan alla fine del 2011, qualcuno si era illuso che un
eccezionale sforzo militare, il cosiddetto «surge», avrebbe cambiato la
situazione sul campo. Il ritiro è ora rinviato al 2014. Eppure
l’offensiva c’è stata. è stata poderosa. Lo racconta il segreto
bollettino di guerra del ministero della Difesa. E sono tanti i feriti
di cui non s’è mai saputo nulla in Italia.
Il 23 luglio 2009, a
Parmakan, tra le montagne settentrionali dell’Afghanistan, si registra
un’imboscata a un convoglio italiano della Folgore. Il caporalmaggiore
Stefano La Mattina, è il mitragliere di bordo. Il suo compito è
pericolosissimo, in quanto deve stare con il busto fuori dal blindato, e
viene gravemente ferito a un braccio, ma non molla. «A rischio della
propria vita, sotto intenso fuoco, utilizzando il braccio ancora abile,
proseguiva il tiro riuscendo a respingere l’attacco». Ha meritato la
medaglia d’oro. Un mese prima, nell’area di Bala Murghab i paracadutisti
devono conquistare un’altura. Si combatte per 48 ore di fila. Il
tenente Lorenzo Ballin con la sua compagnia conquista l’area. «Nelle
ventiquattr’ore successive, a seguito di ulteriori attacchi, il suo
posto di osservazione veniva colpito e severamente danneggiato. Benché
gravemente ferito, proseguiva nell’azione di contrasto, continuando a
impartire disposizioni». Medaglia d’argento.
Sì, è stata una
guerra segreta. La scopriamo solo perché questi soldati hanno meritato
tante medaglie. E i documenti sono finiti necessariamente sulla Gazzetta
Ufficiale. Così va anche all’avamposto di Bala Baluk. Durante uno
scontro durissimo che dura cinque ore, il capitano Gianluca Simonelli
accorre a soccorso di un gruppo di commilitoni. «Benché ferito, in
condizioni di estrema difficoltà ed esponendo la propria vita a
manifesto rischio, continuava in prima persona a impartire le
disposizioni che consentivano d’infliggere gravi perdite
all’avversario». Medaglia d’argento.
Preziosi si rivelano gli
elicotteristi. A bordo dei «Mangusta», che sono terribili cannoniere
volanti, vengono chiamati a soccorso delle forze di terra. Il colonnello
Marco Centritto merita una medaglia d’oro a Bala Murghab. «Alla guida
dell’aeromobile, benché colpito dal fuoco avversario, con manifesto
rischio della propria vita completava le missioni». E’ il suo continuo
supporto di fuoco che permette ai paracadutisti di uscire vivi da
quattro giorni ininterrotti di guerriglia, tra il 10 e il 14 giugno
2009. Medaglia d’argento anche al tenente colonnello Andrea Ascani che
accorre a salvare un posto di polizia. Questo il freddo resoconto dello
Stato maggiore: «Manovrava a bassa quota per identificare con certezza
la minaccia, evitando di coinvolgere nell’azione truppe amiche e civili
presenti nell’area. A rischio della propria vita, benché fatto segno a
fuoco e con il proprio elicottero colpito, proseguiva nell’azione
riuscendo a neutralizzare gli elementi ostili». Una medaglia anche al
maggiore elicotterista Stefano Salvadori che anch’esso «con sprezzo del
pericolo manovrava a bassa quota per identificare la minaccia. Benché
l’aeromobile fosse stato colpito, proseguiva con efficacia l’azione».
Accade a Tshin e Afghani il 28 agosto 2009. E’ una guerra moderna, ma
antichissima, quella che si combatte in Afghanistan. Gli italiani
arrivano con gli elicotteri, ma poi devono battersi tra le pietre. Il
colonnello Marco Tuzzolino, comandante del 183˚ reggimento
paracadutisti, ha avuto la medaglia d’argento per la riconquista di un
posto di frontiera a Morichak. «Conduceva personalmente un elisbarco ad
altissimo rischio». Ne veniva un combattimento durato 48 ore.
Innegabili
i tanti quotidiani gesti di coraggio. Il maresciallo incursore Marco
Sponziello si muove assieme alle forze afghane per catturare un capo
taleban. Fanno irruzione in una base nemica. Sponziello si muove come
una pantera. «Agiva in modo rapido e risoluto disarmando e,
successivamente, immobilizzando un individuo sospetto, senza ricorrere
all’uso delle armi». Il caporalmaggiore Floro Guarna, coinvolto in un
ennesimo scontro a fuoco a Bala Baluk, «gravemente ferito, incurante del
dolore, organizzava con perizia e coraggio il ripiegamento della
squadra... e solo dopo aver assolto il compito, stremato, si
accasciava». Un altro caporalmaggiore, Andrea Mancino, si trova in
servizio di scorta a un’autocolonna. Vengono attaccati dalle parti di
Akazai. Sulla strada c’è un camion messo di traverso. «Scendeva con
esemplare sprezzo del pericolo dall’automezzo protetto e si poneva alla
guida di un camion civile».
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