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De: MOTHERSIXTEN (Mensaje original) |
Enviado: 27/09/2011 04:32 |
Non c'e' momento piu' rilassante come quello di avere un libro fra le mani e poter scorrere le sue pagine coinvolgendo la nostra mente a la nostra psiche....... Spesso le pagine di un libro parlano per noi, dicono ciò che avremo voluto dire ma che non sapevamo esprimere; altre volte dicono ciò che vorremo sentirci dire; altre ancora ci aprono gli occhi verso qualcosa che fino ad allora ignoravamo, forse anche intenzionalmente...
Se vi fa piacere potremmo riportare brani che ci hanno coinvolto durante la lettura di un libro..........
Distesa sul divano, con le mani tra le ginocchia, Mariam fissava i mulinelli di neve che turbinavano fuori dalla finestra. Una volta Nana le aveva detto che ogni fiocco di neve era il sospiro di una donna infelice da qualche parte del mondo. Che tutti i sospiri che si elevano al cielo, si raccoglievano a formare le nubi e poi si spezzavano in minuti frantumi, cadendo silenziosamente sulla gente. "A ricordo di come soffrono le donne come noi" aveva detto. "Di come sopportiamo in silenzio tutto ciò che ci cade addosso".
(Da Mille splendidi soli, Khaled Hoesseini)
Annamaria
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QUESTA STRADA HA UN CUORE?
“Per me c’è solo il viaggio su strade che hanno un cuore, qualsiasi strada abbia un cuore. Là io viaggio, e l’unica sfida che valga è attraversarla in tutta la sua lunghezza. Là io viaggio guardando, guardando, senza fiato”.
DON JUAN: “Tutto è solo una strada tra tantissime possibili. Devi sempre tenere a mente che una strada è solo una strada; se senti che non dovresti seguirla, non devi restare con essa a nessuna condizione. Per raggiungere una chiarezza del genere devi condurre una vita disciplinata. Solo allora saprai che qualsiasi strada è solo una strada e che non c’è nessun affronto, a se stessi o agli altri, nel lasciarla andare se questo è ciò che il tuo cuore ti dice di fare. Ma il tuo desiderio di insistere sulla strada o di abbandonarla deve essere libero dalla paura o dall’ambizione”.
“Ti avverto. Guarda ogni strada attentamente e deliberatamente. Mettila alla prova tutte le volte che lo ritieni necessario. Quindi poni a te stesso, e a te stesso soltanto, una domanda. Questa è una domanda posta solo da un uomo molto vecchio. Il mio benefattore me l’ha detta una volta quando ero giovane, e il mio sangue era troppo vigoroso perché la comprendessi. Ora la comprendo. Ti dirò che cosa è: Questa strada ha un cuore? Tutte le strade sono uguali; non portano da alcuna parte. Sono strade che passano attraverso la boscaglia o che vanno nella boscaglia. Nella mia vita posso dire di aver percorso strade lunghe, molto lunghe, ma io non sono da nessuna parte. La domanda del mio benefattore ha adesso un significato.”Questa strada ha un cuore? Se lo ha la strada è buona. Se non lo ha non serve a niente. Entrambe le strade non portano da alcuna parte, ma una ha un cuore e l’altra no. Una porta un viaggio lieto; finché la segui sei una sola cosa con essa. L’altra ti farà maledire la tua vita. Una ti rende forte; l’altra ti indebolisce”.
CARLOS CASTANEDA: “Ma come si fa a sapere quando un sentiero non ha un cuore, don Juan?”
DON JUAN: “Prima di inoltrarti in esso poniti la seguente domanda: Questa strada ha un cuore? Se la risposta è no, lo saprai, e allora dovrai scegliere un altro sentiero.”
CARLOS CASTANEDA: “Ma come faccio a capirlo?”
DON JUAN: “E’ una cosa che si sente. Il problema è che nessuno si pone questa domanda, e quando un uomo si accorge di aver intrapreso una strada senza cuore, essa è pronta per ucciderlo. Arrivati a quel punto, sono pochi quelli che si fermano a riflettere e abbandonano la strada.”
CARLOS CASTANEDA: “Cosa devo fare per formulare la domanda nel modo giusto, don Juan?”
DON JUAN: “Fallo e basta”.
CARLOS CASTANEDA: “Quello che vorrei sapere è se esiste un metodo per non mentire a se stessi credendo che la risposta sia positiva quando in realtà non lo è.”
DON JUAN: “Perché dovresti mentire?”
CARLOS CASTANEDA: “Forse perché in quel momento la strada sembra piacevole e divertente”.
DON JUAN: “Sciocchezze. Una strada senza cuore non è mai piacevole. Devi lavorare duramente anche per intraprenderla. D’altra parte è facile seguire una strada che ha un cuore, perché amarla non ti costa fatica.”
Carlos Castaneda – Gli Insegnamenti di don Juan – pagg. 145 e 211; A Scuola dallo Stregone – pagg. 86 e 129
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Annamaria
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-"Buon giorno", disse il piccolo principe. "Buon giorno", disse il mercante. Era un mercante di pillole perfezionate che calmavano la sete. Se ne inghiottiva una alla settimana e non si sentiva più il bisogno di bere. "Perché vendi questa roba?" disse il piccolo principe. "E' una grossa economia di tempo" disse il mercante. "Gli esperti hanno fatto dei calcoli. Si risparmiano cinquantetrè minuti alla settimana". "E che cosa se ne fanno di questi cinquantatrè minuti?". "Se ne fa quel che si vuole..." "Io", disse il picco principe, "se avessi cinquantatrè minuti da spendere, camminerei adagio adagio verso una fontana...".
(A. de Saint Exupery) |
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Fai come il lanciatore di coltelli, che tira intorno al corpo. Scrivi di amore senza nominarlo, la precisione sta nell’evitare. Distraiti dal vocabolo solenne, già abbuffato, punta al bordo, costeggia, il lanciatore di coltelli tocca da lontano, l’errore è di raggiungere il bersaglio, la grazia è di mancarlo.
Erri De Luca
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Il monastero sulla sponda del fiume Piedra è circondato da una splendida vegetazione, è una vera oasi all'interno dei campi sterili di quella parte della Spagna. Là, il piccolo fiume diventa una magnifica corrente, e si divide in dozzine di cascate. L'errante sta camminando nei dintorni, ascoltando la musica dell'acqua. Improvvisamente, una grotta - dietro una cascata - cattura la sua attenzione. Studia le rocce, consumate dal tempo, e guarda attentamente le amabili forme create pazientemente dalla natura. E trova un verso di R. Tagore scritto su una placca: "Non è stato un martello a rendere le rocce così perfette, ma l'acqua, con la sua dolcezza, la sua danza e il suo suono". Dove la forza può solo distruggere, la gentilezza può scolpire.
(P. Coelho)
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Voi amate la Natura... Amate la sua bellezza e nelle sue frequenze avvertite una speciale energia che entra in risonanza con le vibrazioni del vostro cuore e che vi dona quiete... Nella quiete dell'anima ritrovate gli equilibri interiori, la chiarezza mentale, la fluida onda di calma nei vostri stati emozionali... Vi raccordate con la la vita e con voi stessi.
La Natura non fa rumore: ogni sua manifestazione risuona della vibrazione del Silenzio; il Silenzio che percepite e che ascoltate con l'orecchio dell'anima come una sacra Presenza che permea tutte le cose e che, allo stesso tempo, le sovrasta.
I suoni della Natura sembrano un quieto respiro di gratitudine in risposta alla sua emanazione, da cui si lascia pervadere senza alcuna resistenza... Pur nel canto dell'acqua che scorre in un ruscello, nel suono del vento e nello stormire delle fronde; pur nel guizzo di un pesce che interrompe la placidità del lago, o nel frinire di insetti, nell'improvviso richiamo di un animale voi percepite il Silenzio...
Ecco il Potere che vi dona la quiete, che riarmonizza il disordine delle vostre emozioni, che fluidifica l'attrito stridente dei vostri ordinari pensieri che corrono sfrenati. Allora ritrovate lucidità e chiarezza, i sentimenti più veri e profondi... Quando ogni cellula del vostro corpo assorbe le vibrazioni del Silenzio ed entra in contatto con esso, la vostra anima, il vostro diapason Divino, emette un suono di ineffabile grazia e divenite pura armonia e pura bellezza... Il vostro cuore la riceve e la rimanda verso ogni cosa in onde d'amore, perché questa è la sua natura, e la vostra mente produce allora splendidi pensieri elevati che abbracciano il Creato..."
Tratto da "Le Carte Delle Driadi" di T. Mattera
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Il SENTIERO Ecco il sentiero che, dopo aver attraversato il bosco e superato il prato, è giunto sino alla riva del fiume, per interrompersi vicino quell'albero di bot che ombreggia il traghetto in rovina. Al di là del fiume ricomincia tortuoso verso un villaggio, costeggiando campi di lino, e lo stagno coperto da fiori di loto. Molte persone ho incontrato lungo questo sentiero! Alcune mi hanno accompagnato, altre preceduto, altre le ho solo vedute da lontano. Con la sera è calato il buio. Un tempo pensavo che questo sentiero fosse a mia disposizione per sempre, ed ora mi accorgo che mi è concesso percorrerlo una sola volta. Dopo aver attraversato il giardino dei limoni, la riva dello stagno, il traghetto, la piccola isola del fiume, la capanna del venditore del latte, non posso più tornare indietro non posso illudermi di far ritorno in quella casa dove pensieri, parole e visi mi sono noti.
Il sentiero che percorro mi porta in avanti e ritornare sui propri passi è impossibile: quando oggi alla fine del giorno mi sono voltato per guardare il tratto che avevo percorso, mi è parso segnato da impronte perse nella polvere e dal canto del distacco dei viandanti-musicisti che da sempre lo percorrono. Quell'intrico di tracce da oriente a occidente procede verso l'infinito... Curvo sulla polvere del sentiero per ascoltare le infinite storie lì imprigionate da tempo immemorabile, non sento nulla: il sentiero rimane silenzioso nelle ombre della sera. E anche se chiedo dove sono mai i tormenti e i desideri dei viandanti che passarono, il sentiero rimane silenzioso: solo lo vedo serpeggiare da oriente a occidente. E anche se domando dove si diressero i passi degli sconosciuti che lo percorsero, il sentiero resta muto: forse non conosce neppure la sua fine, e non sa dove si sono persi i fiori che caddero, i canti che morirono nè dove, al di là delle strade, si celebra perennemente la festa del dolore incessante. Rabindranath Tagore "LIPIKA" Biglietti dall'India
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De: haiku04 |
Enviado: 25/11/2011 00:35 |
"Ogni libro, ogni volume che vedi possiede un'anima, l'anima di chi l'ha scritto e di coloro che l'hanno letto,
di chi ha vissuto e di chi ha sognato grazie ad esso. Ogni volta che un libro cambia proprietario,
ogni volta che un nuovo sguardo ne sfiora le pagine, il suo spirito acquista forza."
"Il mondo non verrà distrutto da una bomba atomica, come dicono i giornali, ma da una risata,
da un eccesso di banalità che trasformerà la realtà in una barzelletta di pessimo gusto."
"Viviamo in un mondo di ombre, Daniel, e la fantasia è un bene raro.
Quel libro mi ha insegnato che la lettura può farmi vivere con maggiore intensità, che può restituirmi la vista."
da "L'ombra del vento" di Carlos Ruiz Zafón
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Due vite, quella di un camoscio e del suo cacciatore, si affrontano: l'una contro l'altra, in un unico destino esistenziale, intrecciato in un dialogo emotivo, i cui messaggi passano per odori, movimenti, stagioni e sensazioni.Quando la comunicazione riesce a superare gli sterili confini del linguaggio verbale, due esseri, seppure appartenenti a specie diverse, riescono a entrare in contatto. L'elemento comune che accompagna i due protagonisti per l'intera storia è la natura, descritta con magistrale linguaggio poetico, fino ad assumere i caratteri dell'assoluto.La lettura rallenta la percezione del tempo, rende rarefatta i confini del tangibile, facilitando la capacità di accogliere l'infinito.Il sapore meditativo del racconto riempie l'anima con risposte concrete ad interrogtivi esistenziali: se solo sviluppiamo la capacità di accogliere le informazioni di tutti i nostri sensi percettivi, ci sentiamo più vicini a chi riteniamo diverso da noi.Ho appena finito di leggere l'opera e il mio universo mi sembra più vasto e più popolato.Il dialogo con l'infinto appare come una fonte di vita, dove la morte è solo una transizione temporanea. L'alternarsi delle stagioni è garante di un'eredità che riceviamo in dono, per regalarla alle generazioni future.
"Il peso della farfalla" di Erri de Luca (2009)
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Gli indiani con le "piume in testa" Di Giovanna Di Filippo
Pochi giorni fa un mio amico è venuto a trovarmi in ufficio. Aveva in braccio sua figlia di 4 anni, mi ha salutato e mi ha presentato a sua figlia dicendole: “sai che lei conosce gli indiani?”. La bimba molto timidamente dopo aver guardato suo padre ha detto: “Chi?” e il mio amico, per farsi capire meglio e convinto di ciò che diceva le ha risposto: “sì gli indiani, quelli con le piume in testa!” …. gli indiani con le piume in testa…. Non posso biasimare il mio amico, lui, l’unica cosa che conosce degli Indiani d’America sono i film western che ci hanno fatto vedere per anni. La cosa che mi preoccupa di più è pensare che quando questa bimba crescerà continuerà a cercare questi strani “uomini con le piume in testa”. Ho sempre, però, la speranza che questa bimba ne vorrà sapere di più e allora cercherà di conoscerli e di conseguenza capirà. Capirà che nella storia e nella cultura dei Nativi i copricapo di piume hanno un’importanza fondamentale. Il valore e l’onore del guerriero era proprio rappresentata dal numero di penne d’aquila presenti nel suo copricapo, che era riservato solo a coloro che avevano compiuto azioni di particolare rilievo sociale e perciò era un valoroso guerriero. Le penne d’aquila rappresentavano le preghiere, i raggi del sole e l’energia irradiata dal Grande Spirito, la protezione dell’Aquila, e più se ne aveva, più un copricapo era adorno di penne, più era grande il valore e l’onore di quel guerriero che lo portava. L’onore faceva del guerriero un leader e di conseguenza un Capo. Era un leader chi dava prova di avere capacità di realizzare gli obiettivi comuni. Infatti i Capi divenivano tali solo dopo aver dimostrato di avere le doti necessarie alla sopravvivenza e alla protezione del proprio gruppo. La parola Capo non esisteva come la intendiamo noi, furono i bianchi a portarla per descrivere un soggetto che aveva una certa importanza tra la sua gente. I Capi Lakota guidavano coloro che “desideravano” seguirli, ma se non c’era questo desiderio ognuno era libero di fare ciò che credeva senza giudizio alcuno. Il Capo rimaneva tale solo fino a quando il suo carisma faceva di lui un Capo seguito e ascoltato, ma se perdeva la stima della sua gente, non veniva più seguito. Mi fa riflettere molto questa cosa, soprattutto in questi giorni (Ndr riferimento all'Egitto e alla Libia, febbraio 2011) in cui siamo bombardati da continue notizie sui problemi che si stanno verificando in molti Stati con i Popoli che si ribellano ai propri Capi, o meglio, a coloro che dovrebbero guidarli e proteggerli. Ammetto che il rispetto di una certa gerarchia, nel contesto in cui viviamo è necessaria altrimenti regnerebbe il caos, ma mi viene da pensare ad un episodio della scorsa estate quando un Capo Lakota che era seduto su una sedia, si è alzato per far sedere me, e non essendoci altre sedie, si è seduto per terra. Io ero molto imbarazzata e non volevo accettare di sedermi sulla sedia mentre lui avrebbe dovuto sedersi per terra, ma lui molto tranquillamente e con un ampio sorriso ha detto rivolgendosi a tutti gli amici che erano presenti: “proprio perché sono un Capo devo sedermi per terra e voi che siete miei ospiti dovete sedervi sulle sedie”. E’ stato inevitabile per me, in quel momento, non riuscire a fermare la mia mente che continuava a cercare inutilmente episodi simili dove qualche nostro “capo” era seduto per terra o semplicemente in piedi mentre gli ospiti erano seduti sulle sedie o poltrone. Ringrazio molto i miei fratelli Lakota, perché dalle mie piccole esperienze ho imparato grandi cose, e ritengo che la più grande sia stata quella di aver avuto la conferma che l’Umiltà è quella cosa che fa grande l’uomo e soprattutto fa di un Capo un vero Capo, quella persona, cioè, che si mette a “servizio” delle persone che lo hanno seguito e gli hanno dato fiducia. Il mio pensiero torna alla bimba, alla figlia del mio amico, mi piacerebbe cantarle una canzone se ne conoscessi la melodia. La canzone che fu eseguita per il grande guerriero Cavallo Pazzo all’età di 17 anni, dopo che in una battaglia dimostrò il suo coraggio e il suo valore, le cui parole sono queste:
“Mio figlio si è battuto contro un Popolo Di lingua sconosciuta E’ stato coraggioso Per questo un nuovo nome gli do Il nome di suo padre E di molti padri prima Una grande nome Cavallo Pazzo si chiami”. (Dal libro di Mary Sandoz)
Giovanna Di Filippo
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De: haiku04 |
Enviado: 30/11/2011 14:17 |
10 righe da pagina 355:
Si sentì così vecchia, così sfinita, così distante dalle ore migliori della sua vita, che dimenticò perfino quelle che ricordava come le peggiori, e soltanto allora scoprì quanto le mancavano le folate di origano nel porticato, e il vapore dei rosai al crepuscolo, e perfino la natura bestiale degli avventizi. Il suo cuore di cenere compressa, che aveva resistito senza vacillare ai colpi più pungenti della realtà quotidiana, crollò ai primi assalti della nostalgia. La necessità di sentirsi triste si andava trasformando in lei in un vizio mano a mano che la devastavano gli anni. Si umanizzò nella solitudine.
Finale
...Allora saltò oltre per precorrere le predizioni e appurare la data e le circostanze della sua morte. Tuttavia, prima di arrivare al verso finale, aveva già compreso che non sarebbe mai più uscito da quella stanza, perché era previsto che la città degli specchi (o degli specchietti) sarebbe stata spianata dal vento e bandita dalla memoria degli uomini nell'istante in cui Aureliano Babilonia avesse terminato di decifrare le pergamene, e che tutto quello che vi era scritto era irripetibile da sempre e per sempre, perché le stirpi condannate a cent'anni di solitudine non avevano una seconda opportunità sulla terra.
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Brava Haiku, lo vado a rileggere, mi era piaciuto molto! |
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