E se tu sarai solo, tu sarai tutto tuo. (Leonardo da Vinci)
Chi vola alto è sempre solo. (Nurejev)
La mia esperienza è sempre consistita nel rimanere totalmente solo.
(F. Bacon, Conversazioni con David Archimbaud )
[Trarre sostentamento] nella comunicazione di uno spirito solitario con se stesso.
(N. Hawthorne)
Tutti coloro che prendono seriamente se stessi e la vita, vogliono stare soli, ogni tanto. La nostra civiltà ci ha così coinvolti negli aspetti esteriori della vita, che poco ci rendiamo conto di questo bisogno, eppure la possibilità che offre, per una completa realizzazione individuale, sono state messe in rilievo dalle filosofie e dalle religioni di tutti i tempi. Il desiderio di una solitudine significativa non è in alcun modo nevrotico; al contrario, la maggior parte dei nevrotici rifugge dalle proprie profondità interiori, ed anzi, l'incapacità di una solitudine costruttiva è per se stessa un segno di nevrosi. Il desiderio di star soli è un sintomo di distacco nevrotico soltanto quando l'associarsi alla gente richiede uno sforzo insopportabile, per evitare il quale la solitudine diviene l'unico mezzo valido.
(K. Horney, I nostri conflitti interni )
Si è soli con tutto ciò che si ama. (Novalis)
I legami fra una persona e noi esistono solamente nel pensiero. La memoria, nell'affievolirsi, li allenta; e, nonostante l'illusione di cui vorremmo essere le vittime, e con la quale, per amore, per amicizia, per cortesia, per rispetto umano, per dovere, inganniamo gli altri, noi viviamo soli. L'uomo è l'essere che non può uscire da sé, che non conosce gli altri se non in se medesimo, e che, se dice il contrario, mentisce.
(M. Proust, Alla ricerca del tempo perduto )
Non occorre che tu esca di casa. Resta al tuo tavolo e ascolta.
(F. Kafka)
Perché questo è l'ostacolo, la crosta da rompere: la solitudine dell'uomo - di noi e degli altri. (C. Pavese, Saggi letterari )
Temperamento piuttosto incline a solitudine, inetto a cicalare con brio, alieno dalla mondanità, io avvicino e frequento i miei simili con una certa fatica e una certa titubanza e con fatica i più virtuosi di essi. Davanti a chiunque rivivo gli attimi di uno scolaro all'esame. Mi diletto invece di chiare algebre alle ore di "loisir". Che non ti snervano quanto una conversazione da salotto; ove, a me, m'incorre l'obbligo di fingermi spiritoso e intelligente, non avendo né l'una né l'altra qualità.
(C.E. Gadda, Intervista al microfono ne I viaggi la morte )
La solitudine è l'elemento vitale dello scrittore. (S. Marai, Confessioni di un borghese )
Io sono una persona che sta molto sola; delle mie sedici ore di veglia quotidiane dieci almeno sono passate in solitudine. E non potendo, dopo tutto, leggere sempre, mi diverto a costruire teorie le quali, del resto, non reggono al minimo esame critico.
(G. Tomasi di Lampedusa, Letteratura inglese )
Ero abituato a essere indipendente, a star solo la maggior parte del mio tempo, detestavo la truppa, aborrivo la massa, e tutte quelle urla cento volte, mille volte ripetute dalla stessa bocca.
(T. Bernhard, Un bambino )
Noi viviamo come sogniamo, soli. (J. Conrad)
La nostra solitudine è la nostra nobiltà. La nostra solitudine è la nostra gioia.
(A. Savinio)
Ho conquistato la solitudine. Solo di quella sono fiero. è la socialità più vera.
(O. del Buono)
[...] Chi vive semplicemente la propria vita, non vive. [...] Non bisogna solo vivere la vita, bisogna costantemente inventarla,e questo significa raccontare. [...] Scrivere è un lavoro solitario. Leggere è un lavoro solitario. La letteratura è una forma di solidarietà fra solitari.
(P. Bichsel)
L'uomo nasce nudo e muore solo.
(G. Arosio, medico)
Il cuore nella solitudine e nella pace va a poco a poco obbliando i suoi affanni; perché la pace e la libertà si compiacciono della semplice e solitaria natura.
(U. Foscolo, Ultime lettere di Jacopo Ortis)
Nelle arti, nella musica, nella filosofia e in quasi tutta la letteratura seria, la solitudine e la singolarità sono essenziali [...] Testimoniano della ricchezza estatica della solitudine. Affermano che soltanto nella solitudine austera si può percepire la pulsazione della vita nella sua vibrazione più intensa. Identificano la soledad con la possibilità stessa di travagli speculativi e costruttivi di prim'ordine. Come vedremo, è questa la convinzione, spesso ribadita, di Montaigne nella sua torre; ed è quella dello Zarathustra di Nietzsche nella solitudine accecante del sole di mezzogiorno.
(G. Steiner, Grammatiche della creazione )
Nei luoghi solitari sii una folla per te stesso.
(Tibullo)
Bisogna riservarsi un retrobottega tutto nostro, del tutto indipendente, nel quale stabilire la nostra vera libertà, il nostro principale ritiro e la nostra solitudine. Là noi dobbiamo trattenerci abitualmente con noi stessi, e tanto privatamente che nessuna conversazione o comunicazione con altri vi trovi luogo; ivi discorrere e ridere come se fossimo senza moglie, senza figli e senza sostanza, senza seguito e senza servitori, affinché, quando verrà il momento di perderli, non ci riesca nuovo il farne a meno. Noi abbiamo un'anima capace di ripiegarsi in sé stessa; essa può farsi compagnia; ha i mezzi per assalire e per difendere; per ricevere e per donare; non dobbiamo temere di marcire d'ozio noioso in questa solitudine.
(Montaigne, Essais , Libro I, capitolo XXXIX)
Quando sono lontano da casa e mi è impossibile tornare nella mia stanza e rimanere solo, l'unica mia consolazione è addormentarmi in pieno giorno. [...] Per diventare scrittore pazienza e fatica non bastano: si deve anzitutto provare l'impulso irresistibile a fuggire la gente, la compagnia, la quotidianità, e a chiudersi in una stanza.
(O. Pamuk, premio Nobel per la letteratura)
Questa è infine la solitudine: avvolgersi nella seta dell'anima, farsi crisalide e attendere la metamorfosi, che non può mancare. Si vive intanto delle proprie esperienze e telepaticamente si vive la vita altrui [...].
Finalmente possiedi solo te stesso. I pensieri altrui non controllano più i miei; opinioni, capricci altrui non m'angustiano più. Ora l'anima comincia a maturarsi nella riconquistata libertà e provo un'immensa pace interiore, un piacere sereno, un senso di certezza e di responsabilità.
Se rifletto sulla vita sociale che dovrebbe essere una specie di palestra, non posso ora che giudicarla altro che una scuola di vizi. Se rechi in te un senso di bellezza, essere costretto a vedere bruttezza è una vera tortura, che ti spinge ingannevolmente a ritenerti un martire. Chiudere gli occhi di fronte all'ingiustizia solo per riguardo t'insegna a poco a poco a diventare un ipocrita. Abituarti a sopprimere continuamente le tue opinioni e sempre per riguardo, ti rende vile.
(A. Strindberg, Solo )
Il gelo del sospetto e dell'incomprensione si levò tra me e gli uomini quando avevo sedici anni, al tempo della licenza ginnasiale.
(R. Bilenchi, Il gelo )
L'isolamento è per lunghi periodi un isolamento totale del corpo e dello spirito, e solo assoggettandomi ai miei bisogni in modo totale e con irrevocabile fermezza io riesco a venire a capo di me stesso.
(T. Bernhard, La cantina )
Io mi sento me stesso solamente quando sono solo. Il rapporto con gli altri non mi viene naturale: mi richiede uno sforzo.
(P. Cameron, Un giorno questo dolore ti sarà utile )
La necessità di isolarsi per dedicarsi al proprio lavoro scientifico è la prima di tutte le necessità di un uomo di scienza.
(T. Bernhard, Ja )
Il talento lo si sviluppa nella solitudine, mentre il carattere si consolida nella corrente della vita.
(J.W. Goethe)
Per vivere soli bisogna essere un animale o un dio. (F. Nietzsche)
Tutte le forme di privazione sono grandiose, perché sono terribili: il Vuoto, l'Oscurità, la Solitudine, il Silenzio.
(E. Burke)
Isolamento significa libertà e scoperta. Un'isola deserta può essere più eccitante di una metropoli.
(V. Nabokov, Intransigenze )
Solo i fortunati sociali possono ambire alla solitudine con arie d'idiota superiorità.
(A. Cohen, Bella del signore )
Nessuno sopporta più la solitudine, né l'immobilità.
(P. Morand, Elogio del riposo )
Si vive bene, tutti soli, si lavora splendidamente, si perde tempo regalmente.
(T. Scarpa, Kamikaze d'Occidente )
L'uomo per bene è nella società [...] soltanto il malvagio è solo.
(D. Diderot, Figlio naturale )
La tristezza e la malinconia sono legate alla solitudine, la contentezza e il piacere al rapporto tra gli uomini.
(A. Ferguson, Saggio sulla storia della società civile )
Non è parlando degli altri, ma curvandosi su di sé, che ci è possibile incontrare la Verità. Perché ogni cammino che non conduce alla nostra solitudine o non ne proceda, è deviazione, errore, perdita di tempo.
(E.M. Cioran, Quaderni )
La paura della solitudine può essere considerata in due aspetti differenti.
C'è la paura della solitudine come sentimento comune ad ogni essere umano e che affonda le sue origini nell'uomo come animale sociale. Nonostante tante profonde considerazioni sul significato di stare soli, consciamente o inconsciamente ognuno rifuggia l'essere solo. Disagio normale ed accettabile che può però presentarsi in maniera fpiù o meno forte, a seconda delle proprie primarie esperienze sociali, fino ad arrivare ad una vera e propria patologia come la monofobia, la paura di rimanere soli.
C'è anche una paura di rimanere soli, intesa senza un partner, tipica di donne che hanno superato i trenta anni. In questo caso la paura della solitudine diventa la sindrome di Bridget Jones (dal famoso libro) ed è la paura specifica di non sposarsi, tipicamente femminile.
E' evidente che si tratta di due paure completamente diverse fra loro nelle cause e nelle modalità, anche se a volte il terreno di confine fra le due non è netto. Può capitare che la ricerca spasmodica di un compagno non sia legato solo a fattori affettivi, ma anche a fattori sociali.
Dott. Roberto Cavaliere
Libro consigliato: Uscire dalla Solitudine
TESTIMONIANZE
mariate Età: 52 Sono una donna di 52 anni vivo sola dopo la rottura di una penosa convivenza durata ben sei anni anni in cui mi sono occupata principalmente di mia madre malata di Alzheimer, ho incontrato ahimè un altra persona, ma da quando lo conosco la mia già non buona situazione condizionata da un gran senso di solitudine che io ho comunque gestito bene creandomi molte occasioni per uscire di casa e qualche nuova amicizia, è molto peggiorata. Premetto che svolgo un lavoro di responsabilità sono un avvocato e dirigo un settore di un certo rielivo all'interno della struttura dove lavoro. Sono sempre stata instabile nei miei rapporti affettivi e penso anche questa volta di essere arrivata alla conclusione della mia storia dalla quale ne uscirò sicuramente umiliata e soprattutto molto sola. Ho tanta paura ed ho bisogno di aiuto. Il mio attuale "fidanzato" così lui si definisce secondo me mi aggredisce psicologicamente con continue critiche alla mia persona ed al mio carattere. Non saprei da dove inziare ma alcune amiche che a causa di questa storia hanno poi deciso di tagliare i ponti con me mi hanno messo sull'avviso che secondo loro aveva un carattere psicologicamente disturbato.Mi sento circondata dalle continue critiche di tutti o sono io che esagero? Non mi sento amata ed ho una grande paura di essere sola e abbandonata e rifiutatada tutti. Sono stata in analisi anni fa e certe problematiche si erano risolte ma ora sono nella merda a cinquanta anni una donna sola non può e non sa più come vivere.Non so se è giusto e se devo trovare la forza di troncare questo rapporto soprattutto perchè da un momento all'altro potrebbe farlo lui con ulteriore senso di fallimento per me, e soprattutto perchè si apre un baratro di solitudine immensa in cui ho paura di sprofondare. Se provo a cercare qualche amica ricevo rifiuti incomprensioni o aggressività, un'aggressività che non so esprimere con nessuno tranne che al lavoro dove ho imparato a gestire ben 30 persone senza problemi così nella vita ma quando si tratta di amici parenti e fidanzati la paura di non essere amata o di perdere l'amore e la stima delle persone che mi circondano combino dei disastri bestiali. Ho paura che lui mi voglia lasciare sono disperata.
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Alice Età: 33 Da nove mesi ho una relazione con un mio coetaneo, con il quale, in precedenza, esisteva un rapporto di amicizia e confidenza. Alle spalle avevo trascorsi di relazioni con uomini assolutamente problematici.. per un motivo o per un altro io mi auto assumevo il ruolo di salvatrice, o di colei che... ce l'avrebbe fatta. E' stato così con X, il quale era arrivato ai quarant'anni senza aver mai costruito una relazione, dedicandosi ai piaceri della conquista e seduzione, e cerdando negli occhi delle sue donne.. uno specchio per compiacere il suo narcisismo. Arrivai io, nella sua vita... e mi chiese di vivere con lui. Durò tre anni... poi lui cambiò città, lavoro.. e fidanzata..Dopo un anno scoprii che mi aveva ripetutamente tradita con una sua studentessa (lui era insegnante universitario).. io lo avveo intuito, e, quando accennav oalla questione, mi dava addosso, accusandomi di essere una pazza paranoica.. Successivamente, iniziai una relazione con Y, il quale aveva una situazione familiare dolorosa alle spalle, e mai superata. GLi sono stata accanto un anno.. amandolo più di me stessa, contenendo le sue paure e la sua fragilità..e gioendo della sua sensibilità e profondità.. poi me ne staccai - ancora mi chiedo come ci sono riuscita - perchè lui non voleva una relazione con me.. non mi amava, nonostante sostenesse che ero la persona più importante per lui, in quel momento. Poi è arrivato Z, o meglio.. già c'era.. e io mi sono accorta della sua presenza, delle sue attenzioni.. ed abbiamo iniziato a frequentarci al di là del rapporto di amicizia. LUi è una persona semplice, molto chiusa, poco incline alle questioni dell'anima, molto pragmatico e molto proiettato sulle sue personali esigenze. Il periodo iniziale è stato bellissimo.. non ero abituata a ricevere attenzioni.. ne avevo sempre elargite.. abbiamo passato quasi ogni giorno insieme, cercando l'uno il contatto fisico dell'altro, le carezze, le coccole, la dolcezza.. stavo, cioè, assaporando tutta una serie d imomenti che per tanto, tanto tempo non avevo più vissuto.. Poi, lui si è, piano piano... seduto. Ha dimostrato, in più occasioni, di privilegiare le proprie esigenze, i propri tempi, relegandomi in un angolo molto scomodo e decentrato. Ho iniziato a notare una certa insofferenza nei miei confronti, che si accentuava ogni qualvolta cercavo di manifestargli il mio crescente disagio, i miei stati d'animo. Ci sono stati un paio di episodi in cui ho davvero avuto bisogno della sua vicinanza, del suo contatto..per rendere l'idea ne racconterò uno. Tempo fa scoprii un nodulo al seno, cosa che mi gettò nel panico, anche perchè ho una storia di predisposizione familiare. Gliene parlai.. era sera.. mi aspettavo che sarebbe rimasto a dormire da me (abitiamo a cento metri l'uno dall'altra).. e lui mi abbracciò, salvo poi dirmi che, essendosi fatto tardi, sarebbe andato a casa a dormire, perchè molto stanco. Mi recai fuori città per fare un'esame (negativo, per fortuna).. non mi accompagnò neppure all'aeroporto.. mi chiamò il giorno seguente, la sera tardi.. Questo non è l'unico episodio che mi ha dato da pensare, ma sicuramente uno dei più eclatanti. Il fatto è che, con lui, sento uscir fuori la parte peggiore di me.. nonostante io abbia preso coscienza del fatto che lui non è la persona giusta, per me,continuo a persevarere in questa relazione.. continuo a cercarlo.. sono estremamente gelosa e penso ossessivamente all'idea che lui mi possa tradire. Tuttavia, al tempo stesso, sono profondamente infelice, e avverto una solitudine che non ho mai conosciuto, neppure nei periodi in cui non avevo relazioni. L'unica cosa che riesco a fare è manifestargli il mio disagio, la mia infelicità.. ma lui non si sente tirato in ballo, sostiene che lui è così, che io lo sapevo, e che la relazione gli va bene così.. Io non riesco a prendere alcuna decisione.. e questo mi addolora ancor di più, perchè mi sento debole, vigliacca, inutile. Che sia paura di restare sola? Possibile.. ho 33 anni ed una patologia che, con gli anni, potrebbe pregiudicare la mia fertilità. MI sento arida.. vuota.. mi sento come s fossi in mezzo a una palude, incapace di ogni movimento.. mentre, lentamente, vi affondo..Grazie per avermi letta Alice
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Ho 35 anni e sono una ‘donna che ama troppo'.Ho letto il libro della Norwood ( http://www.maldamore.it/Donne%20che%20amano%20troppo.htm ) due volte, una a 30 e una a 35. La prima volta per consiglio di un'amica (e non capivo perché me l'avesse consigliato) e la reazione è stata quella di cui parla l'autrice nei primi capitoli: non mi sono ritrovata, pensavo che le storie fossero troppo esagerate e non collegabili al malessere che provavo in quel momento, che avrei persino potuto consigliarlo ad altre donne in situazioni ben peggiori della mia, l'ho letto velocemente, senza notare quasi nulla se non un piccolo particolare che sembrava avvicinarsi alla descrizione del partner con cui avevo chiuso allora: il mio ex si dedicava ossessivamente agli sport. Il libro all'epoca ha avuto insomma poco impatto sulla mia persona, non mi sono ritenuta una donna che ama troppo. Eppure a 30 è cominciato una lenta autoanalisi, forse dovuta al troppo dolore, forse per il desiderio di non provarlo più, o semplicemente per sopravvivenza, non so forse solo un tentativo di comprendere perché le mie storie finissero sempre in modo così repentino e drammatico, perché alla fine mi ritrovassi quasi sempre conuomini che in realtà non corrispondevano all'idea di uomo ideale, che anzi in alcuni casi erano uomini con poca stima di sé, con problemi personali, uomini spesso emotivamente chiusi, poco interessati alla mia persona. Ho compreso con il tempo che erano uomini di cui mi ero accontentata per il terrore della solitudine, per paura di non trovare nessun altro uomo a cui potessi piacere.Proprio così ‘trovare' e non incontrare. Una ricerca affannosa di un compagno che non mi facesse sentire più sola, poco amata, per dimostrare e dimostrarmi che sono degna di amore. Non comprendevo all'epoca quanto poco mi amassi io per prima. Eppure i sintomi c'erano tutti. Innanzitutto poca cura della mia persona, fortemente in sovrappeso eppure testardamente decisa a non mettermi a dieta perché mi dicevo io mi vado bene così. Ovvero mentivo persino a me stessa. Il cibo ora lo so riempiva il baratro d'amore che sentivo dentro. Gli anni successivi non sono stati più felici dei 30. Ho proseguito a rincorrere uomini impossibili, poco interessati e interessanti, anche con problemi personali non da poco, ad accontentarmi di quelli che mi corteggiavano invece che interessarmi a quelli che a cui veramente piacevo o che mi piacevano, perché questi ultimi sicuramente non potevano essere interessati ad una come me, carina forse ma in sovrappeso. Una delle ultime storie, se così posso chiamare una frequentazione di pochi mesi, è stata con un uomo più grande di me di dieci anni, che si trascinava un esaurimento nervoso giovanile che a suodire lo rendeva depresso, insonne, solitario, incapace di poter lavorare (per sua fortuna viveva di rendita), di poter vivere una vita normale, sposarsi o fare dei figli in primo luogo. Eppure pur di far funzionare la storia ho accettato l'insonnia come scusa per non dormire insieme e per non viaggiare (non dormiva in un letto che non fosse suo), il carattere chiuso e gli anni in più come scusante per non conoscere e frequentare i miei amici, e ho smesso non solo di vedere i miei amici e i miei familiari, ma anche di avere interessi miei per poter stare con lui tutto il mio tempo libero. E ritrovarmi poi lo stesso a non essere abbastanza per lui. Ne sono uscita a pezzi. Sono passati due anni da quest'ultima storia. Due anni alla ricerca di un uomo che potesse subito sostituire l'ultimo in modo da non rimanere sola, senza badare veramente a quel che mi piaceva. Ho provato persino le associazioni e serate per singles, la chat, tutto alla disperata ricerca di un uomo che mi desse per prima la certezza di valere qualcosa. L'anno scorso poi guardandomi in una foto mi sono trovata orrenda, in me è scattata una molla, finalmente un po' di amor proprio e così mi sono decisa ad andare da un bravo dietologo. I kili in meno mi hanno portato una sferzata di ottimismo e sicurezza, finalmente un po' di autostima.Anche se ho capito che devo amarmi io per prima e non aspettare una conferma dall'esterno, la necessità di trovare conferma negli occhi degli altri rimane ancora. Dicono che sono una donna sempre allegra, ottimista, sicura di me.Eppure mi sono ritrovata ancora una volta a essere ‘legata' ad un uomo sbagliato, che non fa per me, già impegnato e quindi poco disponibile emotivamente e fisicamente, un uomo che non mi chiama nemmeno al telefono, che si complimenta con me perché non esigo questo e altre attenzioni, ma che a letto però mi trova eccezionale. E io mi sono chiesta: ma perché sono ancora a questo punto? Perché mi sono lasciata coinvolgere in una situazione del genere?Ho ricercato in libreria il libro della Norwood e l'ho riletto. Non è stato facile, ma è stato un bene averlo letto, perché stavolta ero veramente interessata a leggerlo e a capire cosa l'autrice volesse comunicarmi: paura di rimanere sola, poca stima del proprio valore, falsa credenza di dover meritare l'amore. Ho un problema e ho bisogno di aiuto. Ho disperatamente bisogno d'aiuto. In internet ho cominciato a cercare informazioni sui gruppi di auto aiuto perché l'autrice dice che sono persino più importanti di una terapia singola, perché ascoltare le storie delle altre donne, comunicare la propria senza giudizi o consigli aiuta a comprendersi, a non sentirsi sole, a migliorare la propria autostima. Il gruppo ancora non l'ho trovato ma spero di trovarlo presto, nel frattempo però ho trovato questo sito. Ed è già stato un sollievo. E come altre già prima di me, ringrazio il dott. Cavaliere. Ho letto le storie delle donne che sono come me donne che amano troppo, e mi sono ritrovata in loro. Leggendo le loro storie mi sono detta anch'io ho fatto così, anch'io pensavo così, anch'io credevo questo e mi sono sentita confortata. Non sono la sola mi sono detta. La testimonianza poi sull'inizio di una dipendenza amorosa in particolare è stata catartica ( http://www.maldamore.it/origini_di_una_dipendenza_amorosa.htm ). Ho subito anch'io delle attenzioni particolari da un adulto, quando avevo meno di 4 anni, e in seguito ho ripetuto questi ‘giochi' coinvolgendo un'altra bambina e questo è stato per molto tempo il ricordo più doloroso e vergognoso che mi sono sempre portata dietro. Leggere questa storia mi ha in parte risollevata.Ieri per la prima volta ho agito per me stessa, per il diritto e la difesa dei miei sentimenti. Ho chiuso la frequentazione con l'uomo sbagliato, gli ho parlato con serenità e detto cosa non andava bene per me e che per me stessa non potevo proseguire così e non per cercare di manipolarlo ed ottenere da lui che cambiasse. E mi sono sentita serena. E oggi sono ancora serena. E' un gran traguardo per me sentirmi serena invece che vuota dentro per aver detto addio ad un uomo del genere. Spero di rimanere abbastanza sola, invece di aver paura della solitudine, per ottenere come dice la Norwood di diventare una donna che ha sufficiente stima di se stessa da amare prima se stessa di un uomo. So che ancora ho tanta strada da fare e sarà dura, ma voglio farcela. Grazie dott. Cavaliere per avermi dato l'opportunità di esprimerlo su questo sito.