Sul Corriere della Sera è pubblicata oggi una lettera di Lisa
Esclapon, che racconta di un bell’episodio accadutole meno di un mese
fa:
Caro Direttore,
le scrivo per raccontarle un episodio in cui alcuni soldati del
186˚Reggimento Paracadutisti di Siena, hanno svolto in maniera
straordinaria, per professionalità, efficienza e anche umanità,
un’azione di soccorso per me e mia figlia Costanza di due anni. Il 4
luglio scorso, mentre ero in vacanza in provincia di Siena, ho il
sospetto che mia figlia avesse ingerito del veleno per topi e, senza
conoscere le strade, mi precipito in macchina verso l’ospedale di Siena.
Mentre guidavo in emergenza con le doppie frecce ho avuto la fortuna di
incontrare una camionetta di paracadutisti che tornava da un
addestramento. Allertati dalle doppie frecce e dalle mie segnalazioni
hanno subito accostato e con grande agitazione ho comunicato loro la mia
situazione di emergenza e la necessita di raggiungere al più presto
l’ospedale. Non conoscevo la strada e la cosa mi angosciava, temevo di
perdere tempo prezioso. I militari si sono offerti di farmi strada, e
uno di loro è salito in macchina per vigilare su mia figlia mentre
guidavo. Il militare è riuscito a tranquillizzare mia figlia che aveva
dolori addominali. Mentre guidavo mi rassicurava dicendo che andava
tutto bene. La camionetta nel frattempo mi aiutava a districarmi per
strade sconosciute e mi faceva da apripista. Arrivati al pronto
soccorso, mi sono ritrovata in un’organizzazione perfetta: un militare
mi ha preso le chiavi dell’auto per parcheggiarla e permettermi di
correre in urgenza. Mia figlia è stata presa in braccio dal militare che
era in auto con me e che è corso all’accettazione. Gli hanno aperto la
porta subito e lui, che nel frattempo in auto si era appuntato tutte le
informazioni da dare ai medici, ha iniziato a esporre in maniera rapida e
dettagliata il caso di mia figlia: età, tempistica dei fatti, allergie,
medicine… Tutto. Praticamente aveva preso in mano la situazione e,
avendo capito il mio stato di stanchezza ed emozione, si è interfacciato
al mio posto con l’ospedale, sollevandomi da questo pensiero. Mentre la
persona alla reception svolgeva con me le pratiche burocratiche, il
paracadutista, sempre con mia figlia in braccio è riuscito a trovare un
medico. A tempo di record mia figlia è stata portata in una stanza per
iniziare la profilassi. Il militare, rimasto al lato del letto, una
volta assicuratosi che tutto si fosse ben avviato ci ha salutati ed è
andato via. Nel frattempo un suo commilitone mi aveva riportato le
chiavi dell’auto. E io non so i loro nomi, nell’agitazione del momento
non li ho chiesti, so solo che, come ha detto il soldato che ha pure
risposto al mio cellulare per rassicurare mia sorella che chiamava
mentre guidavo, «sono un militare dell’esercito». Sono stata fiera di
essere italiana. Vorrei poter esprimere a quei soldati la mia
gratitudine per quello che hanno fatto e per l’orgoglio che ho provato.
Distinti saluti, Lisa Esclapon
P.S. Mia figlia Costanza, di 2 anni, sta bene.