Dal mio giardino si vedono così e non si possono spiegare l’accordo dell’azzurro rarefatto e quello del verde che sale e si fa spazio in certe mattine di maggio quando il calore viene sulle braccia scoperte e tocca il tendine d’azzurro e il tendine di verde che credevamo spenti, nella nostra testa di oggi, tanti anni fa. In mattine così, la terra si piega e si anima in cose inanimate come i sassi nel brulichìo nascosto dalle foglie, nel nostro essere muti e felici di non avere un nome.
Forse daremo un nome a questa luce sugli occhi, alla rondine scolpita dall’aria mentre passa, all’ombra durata un battito sulle nostre mani; forse saremo infanzia e chiuderemo il pericolo nel nome del pericolo e allontaneremo le nostre spalle dalla città abbagliata e splenderanno amate dal caso e dal vento le nostre impronte quando qualcuno chiuderà il cancello dietro a noi, e ci guarderà partire.
Da lontano Qualche volta, piano piano, quando la notte si raccoglie sulle nostre fronti e si riempie di silenzio, e non c’è più posto per le parole, e a poco a poco si raddensa una dolcezza intorno come una perla intorno al singolo grano di sabbia, una lettera alla volta pronunciamo un nome amato per comporre la sua figura; allora la notte diventa cielo nella nostra bocca, e il nome amato un pane caldo, spezzato
Pierluigi Cappello è uno dei più grandi poeti italiani contemporanei e versa in
condizioni economiche molto disagiate.
Per lui è stata invocata la legge Bacchelli con un appello sottoscritto dalle Università di Siena,
Firenze, Udine, Roma Tre
e dall'Accademia della Crusca, oltre che da migliaia di privati cittadini e intellettuali. Cappello, 44 anni, è paralizzato su una sedia a rotelle dal 1983, quando ebbe
un incidente in moto.
Alcuni riconoscimenti:
Premio Montale 2004. - Premio Nazionale Letterario Pisa - Premio Bagutta 2007 -
Superpremio San Pellegrino 2007 - Premio Viareggio 2010
Ho un acero, fuori casa, e tutto è lontano qualche volta tutto passa nelle cose senza contorno ho un acero misterioso come una città sommersa e guardare diventa le sue foglie, l’ombra premuta metà sulla strada metà nel giardino la luce di ciascun giorno dove le voci si appuntano e si disperdono. Siamo l’acqua versata sulle pietre dei morti sul filo teso tra la preghiera e il canto siamo la neve dentro le cose l’occhio cui tutto allucina, tutto separa e vivere è un minuscolo posto nel mondo dove stare in giardino.
Dietro i vetri Compunto, quasi un monaco, d’amore lascio le carte, vado verso dove il sole fra le tende alla finestra è smania, lumine scaleno d’ambra sull’angolo del tavolo o una sosta; scosto le tende, roveti dai vetri e da me stesso e il mordere dell’ansia, fuori il ciliegio è immerso nel sereno ma dentro il sole, fertile nell’aria trema ogni foglia che non è piú foglia e la foglia che era adesso va via e salpa la sua prora d’allegria.