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Religione: Domenica della Dedicazione del Duomo di Milano, Chiesa Madre di tutti i fedeli a
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De: enricorns  (Mensaje original) Enviado: 20/10/2012 08:22

Io sono la luce del mondo
Ileana Mortari - rito ambrosiano
Domenica della Dedicazione del Duomo di Milano, Chiesa Madre di tutti i fedeli ambrosiani (Anno B) (21/10/2012)
Vangelo: Gv 10,22-30 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: Gv 10,22-30)
Nella Diocesi ambrosiana la 3° domenica di ottobre si celebra la Dedicazione della chiesa cattedrale, una festa che nel rito romano trova una certa qual corrispondenza nella liturgia del 9 novembre, in cui si ricorda la Dedicazione della Basilica Lateranense di Roma.

La scelta della data è caduta sulla 3° di ottobre perché proprio in una 3° domenica di ottobre - esattamente il 20/10/1577 - S.Carlo Borromeo consacrò il Duomo della nostra città.

Ora il vangelo odierno ci consente di approfondire la fisionomia e il significato Cristologico della omonima festa ebraica della Dedicazione. Esso inizia infatti con le parole: "In quel tempo ricorreva a Gerusalemme la festa della Dedicazione" (v.22)

La ricorrenza si celebrava in dicembre a ricordo di un drammatico avvenimento storico: il 25 kislèv (= dicembre) del 168 a. Cr. l'empio re Antioco IV° Epifane, suscitando grande scandalo tra i Giudei, aveva cominciato a celebrare un sacrificio pagano su un altare nientemeno che nel Tempio di Gerusalemme! E la cosa durò per ben tre anni, con grande sofferenza dei giudei fedeli; finalmente nel 165 Giuda Maccabeo riconquistò la città, purificò il santuario e vi celebrò la dedicazione: l'altare fu nuovamente consacrato con canti di ringraziamento e salmi, e venne riaccesa la lampada ad olio che perennemente ardeva davanti ad esso, proprio nello stesso mese e nello stesso giorno in cui era stato profanato: il 25 kislèv, cioè circa il nostro 20 dicembre.

Si decise poi di ripetere ogni anno la celebrazione di questa festa con gioiosa partecipazione, proprio come a quella delle Capanne, e cioè anche per i successivi otto giorni, durante i quali ogni famiglia pone all'esterno della propria casa (o alla finestra) un candelabro a nove braccia (anziché a 7, come è la "menorah") per ricordare la "novena" di preghiere effettuata da Giuda Maccabeo in preparazione alla purificazione del Tempio. Attingendo alla luce del braccio centrale, giorno dopo giorno, all'apparire della prima stella, si accendono in progressione tutte le luci del candelabro. Con questo gesto si testimonia davanti alle Nazioni che l'unica vera luce del mondo è quella di Dio. Essa vince le tenebre dell'inverno, estendendosi con forza sempre maggiore.

In ebraico il nome della festa è Hanukkah, dalla radice hnk= dedicare, consacrare; essa rientra tuttora tra le feste più importanti dell'anno liturgico ebraico. Anzi nel 2006, a Milano, l'organizzazione giovanile ebraica Chabad Lubavitch propose a tutti i Milanesi di partecipare al rito pubblico dell'accensione in piazza S.Carlo.

Anche al tempo di Gesù l'Hanukkah era tra le feste più importanti per le fede ebraica e, come sappiamo dai vangeli, pure Gesù, da buon ebreo, partecipava ai momenti di preghiera e di culto del suo popolo.

L'evangelista Giovanni, poi, in modo molto originale, imposta la sua narrazione della storia di Gesù inquadrandola proprio nell'ambito delle feste giudaiche, per mostrare, di volta in volta, come il Nazareno rappresenti il senso profondo e il compimento di ciascuna di esse: lo si capisce inequivocabilmente nei momenti in cui Gesù stesso pronuncia con solennità quelle formule di auto- rivelazione che contraddistinguono il quarto vangelo.

Così ad esempio la Festa delle Capanne (Giov.7,2) era caratterizzata da due riti: l'acqua della fonte sacra sparsa sull'altare a propiziare la pioggia e l'illuminazione della città con i quattro lampioni ai lati del cortile del tempio. Non a caso dunque Giovanni narra che "nell'ultimo giorno, il più grande giorno della festa, Gesù levatosi in piedi esclamò ad alta voce: "Chi ha sete venga a me e beva. Chi crede in me, come dice la Scrittura, fiumi di acqua viva sgorgheranno dal suo seno" (Giov.7, 37-38); e poco dopo: "Io sono la luce del mondo - afferma Gesù - chi segue me, non camminerà nelle tenebre, ma avrà la luce della vita" (Giov.8,12): è Gesù la vera fonte della vita e la vera luce!

Dunque, se in occasione delle precedenti feste giudaiche Gesù si è manifestato come il Messia (nozze di Cana - Giov.2), il vero agnello che toglie il peccato del mondo (3 feste di Pasqua), il Signore del sabato (ricordato in Giov.5,1), l'acqua fonte di vita e la luce del mondo (Festa delle Capanne), ora, nell'ambito della Festa della Dedicazione, rispondendo alla richiesta dei Giudei sulla Sua identità, Egli arriva ad un'affermazione basilare "Io e il Padre siamo una cosa sola" (Giov.10,30) ed è proprio questa frase che scatena l'ira dei Giudei (come sempre pregiudizialmente ostili a Gesù), i quali vogliono addirittura lapidarlo (cfr. Giov.10,31-33).

A questo punto "Gesù abbandona definitivamente il tempio e con lui si allontana dal tempio anche la presenza di Dio mediata Cristologicamente, il che prepara la liturgia senza tempio successiva alla distruzione del tempio stesso. Per coloro che credono in lui, Gesù è ora il >luogo< consacrato della presenza salvifica di Dio. Poiché però la maggioranza dei giudei non condivide la nuova connotazione e soprattutto il fatto del compimento delle feste nell'azione di Gesù, esse vengono designate ripetutamente come >feste dei giudei<……Per i discepoli di Gesù destinatari del vangelo di Giovanni, invece, Gesù, quale Messia di Israele, ha adempiuto anche le promesse contenute nelle feste del suo popolo." (da P.Dschulnigg, Feste ebraiche e feste cristiane, Dehoniane, p.153)

Del resto ovunque in Giovanni si parla del tempio, c'è una nota polemica: il tempio vero è la Chiesa; come il tempio antico era il luogo del raduno della comunità per la lode e il ringraziamento, così Gesù è il nuovo punto di raduno della comunità, che si riunisce attorno allo spezzare del pane. E' questo il senso più profondo della festa della Dedicazione.

 
Qumran2


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