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Attualità: Giampiero Mughini
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Respuesta  Mensaje 1 de 22 en el tema 
De: lore luc  (Mensaje original) Enviado: 18/11/2012 05:51

Giampiero Mughini

"Non ho mai visto la celere menare per prima"

"Ai cortei ci andavo pure io e degeneravano sempre per colpa di imbecilli"


16/11/2012

"Non ho mai visto la celere menare per prima"

Giampiero Mughini


 

di Giampiero Mughini

"Lo diceva uno che di baruffe se ne intendeva, il capo del bolscevismo russo, Vladimiro Ulianovic Lenin. Che quando scoppia una baruffa, è poi difficile distinguere tra chi ha colpito per primo e chi ha colpito invece per reagire  e difendersi". Giampiero Mughini, su Libero in edicola oggi, sabato 17 novembre, commenta gli scontri che sono avvenuti in diverse città italiane e parla della sua esperienza. Racconta Mughini che lui alla fine degli anni Sessanta ha partecipato a diverse manifestazioni e tutte le volte che queste degeneravano in scontri con le forze dell'ordine era per il solito gruppo di imbecilli. Scrive: "Una volta sono andato anch’io in uno di quei cortei con un casco in testa. Era l’autunno del 1970. Ci muovemmo a decine di migliaia dall’Università di Roma in direzione di Piazza Venezia. Decine e decine di migliaia. Ridenti, irridenti, le voci rauche nello scagliare slogan contro il mondo, i ragazzi con la mano nella mano della ragazza (la mia si chiamava Daniela, ed era sorella di un futuro terrorista). Arrivammo a Piazza Venezia senza che nessun poliziotto o altro ci disturbasse minimamente. Solo che a Piazza Venezia, di fronte all’imbocco di via del Corso, c’era un blocco della polizia. Lì non potevamo entrare. Niente di male, mi sembrava e mi sembra. Solo che una gang di militanti del Potere Operaio ci provò a colpi di bottiglie molotov e avvenne il finimondo. Cariche della polizia, lacrimogeni, noi che scappavamo terrorizzati da tutte le parti, io che mi perdetti Daniela e la sua mano. Succede. Era colpa della polizia? No, era colpa di quegli energumeni del Potere Operaio, alcuni dei quali brillarono successivamente negli agguati mortali del terrorismo rosso".

Leggi l'articolo integrale su Libero in edicola oggi, sabato 17 novembre



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Respuesta  Mensaje 8 de 22 en el tema 
De: primaveraestate Enviado: 18/11/2012 12:53
Le solite scene di violenza, manifestanti trascinati per terra e colpiti mentre inermi si coprono, Tgcom ha mostrato le immagini di uno che si e' preso due manganellate al volto a sangue freddo, il commentatore, che fino a pochi minuti prima enfatizzava le violenze dei manifestanti costretto a riconoscere ''che la polizia reagisce con estrema durezza''
E' SCANDALOSO CHE ALCUNI POLITICI INCITINO LE FORZE DELL'ORDINE A DARNE DI PIU'....
(nocensura.com)

(Charlie)

Respuesta  Mensaje 9 de 22 en el tema 
De: primaveraestate Enviado: 18/11/2012 12:55
...e qui mi fermo perchè mi fa troppo male!!!

Respuesta  Mensaje 10 de 22 en el tema 
De: primaveraestate Enviado: 18/11/2012 13:23

Respuesta  Mensaje 11 de 22 en el tema 
De: primaveraestate Enviado: 18/11/2012 13:54
- “Facciamo ciò per cui siamo pagati, ma non è facile” - MARCO LAVORA AL REPARTO MOBILE. SUL LUNGOTEVERE HA VISTO SFILARE ANCHE SUA FIGLIA (di Sandra Amurri)

Assieme al casco, al manganello, non ci danno mica in dotazione
anche un cuore di pietra. Il mio cuore è quello di un padre che quando torna a casa dopo una manifestazione pensa a come fare a pagare il mutuo e a sfamare i figli con quella miseria di stipendio che prende”. Marco è un poliziotto del reparto Mobile quello che a ogni sciopero e manifestazione viene impiegato per tutelare l'ordine pubblico e si trova di fronte chi urla slogan per i suoi stessi diritti
negati. Accetta di parlare a patto che non scriviamo il suo cognome. Quarant'anni, sposato, padre di tre figli. La più grande ha 16 anni, la stessa età di quei ragazzi che il 14 novembre scorso hanno
manifestato a Roma, assieme agli operai, per dire no alle politiche liberiste che negano il loro diritto al futuro. “La vuole sapere una cosa? C'era anche mia figlia alla manifestazione. I nostri sguardi si sono incrociati. Era la prima volta che accadeva e per un attimo mi sono sentito mancare il respiro” confessa Marco consegnando l'immagine
di due facce di una stessa medaglia che si incontrano sul Lungotevere. “Purtroppo, anche se le loro ragioni sono giuste, noi delle forze dell'ordine dobbiamo, a malincuore, fare quello per cui siamo pagati, perché questo è il lavoro che ci permette di vivere, o meglio, di sopravvivere, campare con un solo stipendio in quattro non è una passeggiata. E per 1.200/1.300 euro al mese ci prendiamo di tutto: sputi, insulti, offese magari a nostra madre morta un mese prima o a nostra moglie e restiamo lì zitti e fermi come è giusto
che sia, per carità, ma a volte si sbaglia e a chi non capita di sbagliare quando è sotto pressione? Forse sono un poliziotto troppo sensibile, ma è meglio così, almeno mi sento vivo”. VIVO, CERTO, ma con quel nodo che lo attanaglia alla gola quando la sera “seduto sul divano con i miei figli accanto vediamo scorrere in tv le immagini di colleghi che usano il manganello come fosse un giocattolo e loro attori attori di
un film violento.E invece sono poliziotti come me, miei colleghi che menano studenti che manifestano pacificamente con gli zainetti in spalle. Studenti come mia figlia. Mi vengono i brividi solo a pensarci. Mi metto nei panni di quei genitori e mi chiedo cosa farei io se qualcuno
prendesse mia figlia a manganellate mentre è in piazza a manifestare”.
La voce di Marco si incrina. “Scusi, scusi mi sono commosso un po' per la rabbia un po' perché mi fa male pensare che le persone, invece di vederci come siamo, nient'altro che poveri cristi che cercano
di tutelare l'ordine pubblico, ci odiano. Mia figlia mi ha detto che i suoi compagni di scuola le hanno chiesto se sono violento, se uso anch'io il manganello. Capisce com'è diventato difficile fare questo lavoro? Mi rendo conto che può non essere facile, a volte, mantenere la calma di fronte a chi ti si lancia contro con le spranghe di ferro, passamontagna e ti urla:sporco servo, ma tu sei un poliziotto
e devi dare l'esempio, tu sei lo Stato e lo devi onorare”. Figli dello stesso popolo, avrebbe detto Pier Paolo Pasolini. “Siamo abituati a
fare i conti con la povertà fin da piccoli” continua Marco, nato in un paesino della Basilicata da padre e madre operai in fabbrica, quinto di sei figli. Ricorda bene la risposta del padre quando, dopo le scuole medie, gli chiese di potersi iscrivere al liceo classico: “‘Vuoi che vado a rubare per farti studiare?’. Ci ripenso ogni volta che nelle piazze sento i giovani urlare: lo studio è un diritto e non si tocca. Per me non è stato così. E mi dico: ma che ordine vuoi tutelare, Marco, quando la democrazia ha perso le gambe e cammina con le stampelle?
Sai quante volte ho pensato: adesso mi tolgo il casco e mi unisco a loro”. A Francoforte è accaduto. “Non lo so. Però se lo fanno in pochi si chiama abbandono di posto e non obbedienza a un ordine e
si finisce davanti al giudice e poi licenziati. Se lo fanno tutti si
chiama colpo di Stato e io alla democrazia, seppure zoppa e malconcia, ci credo sempre. Però una cosa la vorrei: i caschi numerati, così si sa subito che non sei tu quel poliziotto che manganellava sul volto un ragazzo caduto a terra.
Che brutta storia. Mi sono vergognato per la divisa che porto
mentre, a tavola con la mia famiglia, vedevamo in tv quelle scene”.
CONTINUA a raccontare, Marco: “Ai colleghi che si difendono dicendo
che l'insulto fa andare il sangue al cervello, spiego sempre che niente giustifica l'eccesso e che gli strumenti che abbiamo sono di difesa, non di attacco. Oltretutto ci insegnano che il manganello non deve mai colpire la testa di una persona perché potrebbe anche provocare la morte. Però c'è anche chi sfoga in quel momento tutta la rabbia
repressa che ha in corpo per uno stipendio da fame e pensa che quei ragazzi siano tutti figli di papà che protestano per vezzo. Più cresce l'ingiustizia socialepiù aumenta la violenza. Ma noi siamo
poliziotti e dobbiamo restare umani”.
‎- “Facciamo ciò per cui siamo pagati, ma non è facile” - MARCO LAVORA AL REPARTO MOBILE. SUL LUNGOTEVERE HA VISTO SFILARE ANCHE SUA FIGLIA (di Sandra Amurri)

...
Assieme al casco, al manganello, non ci danno mica in dotazione
anche un cuore di pietra. Il mio cuore è quello di un padre che quando torna a casa dopo una manifestazione pensa a come fare a pagare il mutuo e a sfamare i figli con quella miseria di stipendio che prende”. Marco è un poliziotto del reparto Mobile quello che a ogni sciopero e manifestazione viene impiegato per tutelare l'ordine pubblico e si trova di fronte chi urla slogan per i suoi stessi diritti negati. Accetta di parlare a patto che non scriviamo il suo cognome. Quarant'anni, sposato, padre di tre figli. La più grande ha 16 anni, la stessa età di quei ragazzi che il 14 novembre scorso hanno manifestato a Roma, assieme agli operai, per dire no alle politiche liberiste che negano il loro diritto al futuro. “La vuole sapere una cosa? C'era anche mia figlia alla manifestazione. I nostri sguardi si sono incrociati. Era la prima volta che accadeva e per un attimo mi sono sentito mancare il respiro” confessa Marco consegnando l'immagine di due facce di una stessa medaglia che si incontrano sul Lungotevere. “Purtroppo, anche se le loro ragioni sono giuste, noi delle forze dell'ordine dobbiamo, a malincuore, fare quello per cui siamo pagati, perché questo è il lavoro che ci permette di vivere, o meglio, di sopravvivere, campare con un solo stipendio in quattro non è una passeggiata. E per 1.200/1.300 euro al mese ci prendiamo di tutto: sputi, insulti, offese magari a nostra madre morta un mese prima o a nostra moglie e restiamo lì zitti e fermi come è giusto che sia, per carità, ma a volte si sbaglia e a chi non capita di sbagliare quando è sotto pressione? Forse sono un poliziotto troppo sensibile, ma è meglio così, almeno mi sento vivo”. VIVO, CERTO, ma con quel nodo che lo attanaglia alla gola quando la sera “seduto sul divano con i miei figli accanto vediamo scorrere in tv le immagini di colleghi che usano il manganello come fosse un giocattolo e loro attori attori di
un film violento.E invece sono poliziotti come me, miei colleghi che menano studenti che manifestano pacificamente con gli zainetti in spalle. Studenti come mia figlia. Mi vengono i brividi solo a pensarci. Mi metto nei panni di quei genitori e mi chiedo cosa farei io se qualcuno prendesse mia figlia a manganellate mentre è in piazza a manifestare”.
La voce di Marco si incrina. “Scusi, scusi mi sono commosso un po' per la rabbia un po' perché mi fa male pensare che le persone, invece di vederci come siamo, nient'altro che poveri cristi che cercano di tutelare l'ordine pubblico, ci odiano. Mia figlia mi ha detto che i suoi compagni di scuola le hanno chiesto se sono violento, se uso anch'io il manganello. Capisce com'è diventato difficile fare questo lavoro? Mi rendo conto che può non essere facile, a volte, mantenere la calma di fronte a chi ti si lancia contro con le spranghe di ferro, passamontagna e ti urla:sporco servo, ma tu sei un poliziotto e devi dare l'esempio, tu sei lo Stato e lo devi onorare”. Figli dello stesso popolo, avrebbe detto Pier Paolo Pasolini. “Siamo abituati a fare i conti con la povertà fin da piccoli” continua Marco, nato in un paesino della Basilicata da padre e madre operai in fabbrica, quinto di sei figli. Ricorda bene la risposta del padre quando, dopo le scuole medie, gli chiese di potersi iscrivere al liceo classico: “‘Vuoi che vado a rubare per farti studiare?’. Ci ripenso ogni volta che nelle piazze sento i giovani urlare: lo studio è un diritto e non si tocca. Per me non è stato così. E mi dico: ma che ordine vuoi tutelare, Marco, quando la democrazia ha perso le gambe e cammina con le stampelle?
Sai quante volte ho pensato: adesso mi tolgo il casco e mi unisco a loro”. A Francoforte è accaduto. “Non lo so. Però se lo fanno in pochi si chiama abbandono di posto e non obbedienza a un ordine e si finisce davanti al giudice e poi licenziati. Se lo fanno tutti si chiama colpo di Stato e io alla democrazia, seppure zoppa e malconcia, ci credo sempre. Però una cosa la vorrei: i caschi numerati, così si sa subito che non sei tu quel poliziotto che manganellava sul volto un ragazzo caduto a terra.
Che brutta storia. Mi sono vergognato per la divisa che porto
mentre, a tavola con la mia famiglia, vedevamo in tv quelle scene”.
CONTINUA a raccontare, Marco: “Ai colleghi che si difendono dicendo che l'insulto fa andare il sangue al cervello, spiego sempre che niente giustifica l'eccesso e che gli strumenti che abbiamo sono di difesa, non di attacco. Oltretutto ci insegnano che il manganello non deve mai colpire la testa di una persona perché potrebbe anche provocare la morte. Però c'è anche chi sfoga in quel momento tutta la rabbia repressa che ha in corpo per uno stipendio da fame e pensa che quei ragazzi siano tutti figli di papà che protestano per vezzo. Più cresce l'ingiustizia sociale più aumenta la violenza. Ma noi siamo
poliziotti e dobbiamo restare umani”.
 
che questa testimonianza sia VERA o VEROSIMILE, non importa, sono certa che ci sono migliatia di agenti che vivono questo disagio.
A loro ... cechiamo di infondere un po' di coraggio, perchè usino testa e cuore, abbiano il coraggio di saper scegliere.
Prima durante le azioni di ordine pubblico... sempre misurati, pensando si avere di fronte i loro figli.
Poi in caserma a pretendere ordini scritti, cambio filtri maschere secondo le normative, attrezzature e turni di riposo secondo regolamento.
Finchè un giorno possano dare l'ultimo colpo di reni e scegliere di disobbedire a leggi ed ordini ingiusti.
Di obbedire a leggi non scritte ma che da sempre esistono ed ordinano la civile e solidale convivenza tra umani.
In bocca al lupo Marco.

Respuesta  Mensaje 12 de 22 en el tema 
De: primaveraestate Enviado: 18/11/2012 14:14
Foto

Respuesta  Mensaje 13 de 22 en el tema 
De: primaveraestate Enviado: 18/11/2012 14:17

Respuesta  Mensaje 14 de 22 en el tema 
De: primaveraestate Enviado: 18/11/2012 16:03
La volontà della maggioranza non può pretendere il possesso della verità assoluta, poiché tale verità non esiste. Il principio di libertà impedisce di riconoscere una sola verità: ognuno ha la propria verità, ed anche la propria anarchia. In società, tuttavia, la libertà non può essere assoluta, ma deve essere limitata dal principio della solidarietà e dell'amore verso gli altri.

Errico Malatesta
La volontà della maggioranza non può pretendere il possesso della verità assoluta, poiché tale verità non esiste. Il principio di libertà impedisce di riconoscere una sola verità: ognuno ha la propria verità, ed anche la propria anarchia. In società, tuttavia, la libertà non può essere assoluta, ma deve essere limitata dal principio della solidarietà e dell'amore verso gli altri.

Errico Malatesta

Respuesta  Mensaje 15 de 22 en el tema 
De: lore luc Enviado: 18/11/2012 16:55

"Mio figlio è un violento il gip sbaglia a scarcerarlo"

Il padre di uno degli studenti fermati dopo i disordini nella Capitale: "Soffro per quello che ha fatto. Altro che ragazzate, se li lasciamo impuniti credono di aver vinto loro"

Quando, mercoledì, lo ha chiamato la ex moglie dicendo­gli «ti faccio la telefonata che ti aspettavi», il mondo gli è crolla­to.

Perché ti senti morire quan­do il tuo incubo di padre si mate­rializza, quando ti informano che tuo figlio, 21 anni, è uno de­gli 8 violenti arrestati (resisten­za a pubblico ufficiale e lesioni) perché hanno ridotto il Lungote­vere, a Roma, a un campo di bat­taglia, sanpietrini e violenze contro i poliziotti. Un colpo, per Giorgio Chiesa, imprenditore, chef stellato titolare di un noto ri­storante a Cuneo. Ma il colpo an­cora più grande gliel’ha dato il Gip di Roma, che al suo Chri­stopher non ha dato nemmeno i domiciliari chie­sti dal Pm, solo un blando obbli­go di firma. Di qui la sua decisione di esporsi in pri­ma persona.

Perché?

«Voglio racconta­re la mia esperien­za di padre one­sto che si ritrova con un figlio che si macchia di que­sti reati e soffre. La società sotto­valuta queste cose, le liquida co­me ragazzate. Ma altro che sem­plice firma, dovevano tenerlo dentro più a lungo. Se restano impuniti li glorifichiamo».

Sta dicendo che suo figlio do­veva restare in carcere?

«Senza una puni­zione gli toglia­mo persino il sen­so di colpa. Lui è tutto tronfio per questa pseudo­vittoria giudizia­ria. Mi ha detto: “Visto che il Gip mi ha mandato a casa?La lotta con­tinua”. Del resto, basta guardare il suo profilo Face­book con la frase della fondatri­ce della banda Baader Meinhof («Se uno lancia un sasso, il fatto costituisce reato. Se vengono lanciati mille sassi, diventa un’azione politica...») per capi­re che col buonismo non ottenia­mo nulla.
Il mondo non si cam­bia con le bombe carta ».

Ma perché una denuncia pubblica?

«Sento il dovere, da padre che ha coscienza delle responsabili­tà verso il figlio e verso la società, di lanciare un allarme. In questo momento ci sono focolai di per­so­ne che sobillano questi ragaz­zi, come 30 anni fa. Sono preoc­cupato, temo che quel periodo si possa ripetere. E mi piacereb­be che protagonisti di quegli an­ni come Curcio, Franceschini, intervenissero per dire ai giova­ni di oggi: “Non fate lo stesso er­rore” ».

Su quali basi teme un rischio terrorismo?

«Intanto c’è quello che capto dai racconti di mio figlio, che stu­dia Scienze politiche alla Sapien­za, mi contesta, fa il comunista ma poi a Roma ha casa, a mie spese, a Monte Mario, mica a Centocelle. Temo che lì ci siano cellule combattenti. Questi ra­gazzi sono plagiati».

Plagiati da chi? In che mo­do?

«Appena arrestati hanno gli av­vocati pronti. Ho incontrato uno dei suoi legali, dopo l’inter­rogatorio di garanzia, gli ho chie­sto come dovevo regolarmi, an­che per la parcella. Mi ha rispo­sto che almeno nella fase inizia­le, in quanto socio di un centro sociale, ha diritto al patrocinio di un avvocato, e che non devo nulla».

Cosa ha detto a suo figlio?

«La notte della scarcerazione gli ho mandato un sms. Gli ho detto che sono suo padre e che per lui sono un punto di riferimento. Ma gli ho detto anche che, da pa­dre, non posso esimermi dal condannarlo. Io lavoro, non lan­cio sanpietrini ai poliziotti. E non possiamo fare di questi ra­gazzi degli eroi. Col garantismo familiare non li aiutiamo a cre­scere».


Respuesta  Mensaje 16 de 22 en el tema 
De: lore luc Enviado: 18/11/2012 16:56

Paghiamo noi l'avvocato ai poliziotti indagati

Un altro poliziotto indagato dal­la magistratura per i tafferugli di mercoledì scorso. Il Gior­nal­e apre una sottoscrizioneper pagare le spese lega­li e mediche degli uomini del­le forze dell'ordine mandati al macello nelle manifesta­zioni di piazza e poi lasciati soli dallo Stato

Un altro poliziotto è stato indagato dal­la magistratura per i tafferugli av­venuti durante i cortei di protesta a Roma.

Non è il primo e, temiamo, non sarà l'ulti­mo vista l'aria che tira.

Un' aria fetida, alimentata oltre che dai soliti noti anche da opinionisti e giornali che tra­sudano odio verso le forze dell'ordine e simpatie giusti­ficazioniste nei confronti di giovani teppisti che scorraz­zano a volto coperto e armati di spranghe. I dati ci dicono che nel 2011 oltre 400mila tra poliziotti e carabinieri hanno rischiato la vita per di­fendere la nostra incolumità e le nostre città durante ma­nifestazioni di piazza. E che 470 di loro sono rimasti feriti in modo grave.

Lo Stato è molto generoso con i suoi dipendenti. Gli sta­tali, anche se fannulloni e in­capaci, restano tranquilla­mente al loro posto. I magi­strati quando sbagliano non rispondono in prima perso­na dei danni provocati. Non parliamo dei politici, mante­nuti come sappiamo da veri pascià. Solo poliziotti e cara­binieri sono di fatto abban­donati a loro stessi e inchio­dati a responsabilità perso­nali. Se indagati, devono an­ticipare le spese dell'avvoca­to e sperare di essere assolti per rivedere i soldi spesi chis­sà quando perché il fondo per l'assistenza legale esiste solo sulla carta. Se condan­nati, arrivederci e grazie, ze­ro rimborsi. Per gente che guadagna poco più di mille euro al mese può voler dire la rovina. Non parliamo poi delle spese mediche per esa­mi o cure specialistiche in ca­so di lesioni. Vi pare giusto tutto questo? A noi no, per cui abbiamo deciso di aprire una sottoscrizione del Gior­nal­e per pagare le spese lega­li e mediche degli uomini del­le forze dell'ordine mandati al macello nelle manifesta­zioni di piazza e poi lasciati soli da uno Stato ingiusto e ci­nico, debole con i forte e for­te con i deboli. Apriamo la sottoscrizione noi due, con mille euro a testa. Siamo sicu­ri che in tanti aderiranno an­che in tempo di crisi, ognu­no per le sue possibilità. Glie­lo dobbiamo a questi ragazzi in divisa. E se a qualcuno di loro è scappato uno sberlo­ne di troppo non ha fatto che bene. Martedì vi daremo le coordinate bancarie per di­mostrare nei fatti da che par­te stiamo tutti noi. Un grazie anticipato e buona domeni­ca.


Respuesta  Mensaje 17 de 22 en el tema 
De: lore luc Enviado: 18/11/2012 16:57

I maestrini dell'ideologia bravi a ribaltare la realtà

Sui giornali fioccano false ricostruzioni degli scontri: così s’infiamma il clima contro le istituzioni

Che siano stati gettati dei lacrimogeni dalle fine­stre del ministero della Giustizia, il 14 novembre a Ro­ma in via Arenula, per disper­dere un corteo studentesco in cui si erano inseriti elementi di violenza organizzata, mi è sem­brato a tutta prima grottesco, ri­dicolo, incredibile.

Scontri davanti all'università Bocconi: a terra un poliziotto ferito

Che biso­gno c’era? Le forze di polizia erano in strada, facevano il lo­ro dovere e attuavano, certo non con le maniere gentili del­la pedagogia Montessori, ci mancherebbe, la repressione controllata di testuggini arma­te di caschi integrali e di scudi e di cubetti di porfido e altri am­mennicoli che muovevano al­la battaglia contro lo Stato. Poi - siccome alla perfidia umana non c’è limite - ho anche pensato che, se fosse av­venuto, chissenefrega: un’im­magine un po’ sconclusionata, blandamente censurabile, del­la reazione di polizia alla guerri­glia urbana, ma niente di più.
Comunque i lanci dei lacri­mogeni dalla finestra, dati con grande strepito e scandalo per sicuri in ragione di un video che riprendeva le scie di fumo appa­rentemente discendenti, tem­po dodici ore sono diventati an­che nel linguaggio dei giornali di sinistra «presunti», e si è fatta largo l’idea che sono,i segni dei fumi, parabole di gas lacrimo­geni sparati alti, che hanno col­pi­to il palazzo dove lavora il mi­nistro Severino e sono ricaduti in strada. Vedremo, inchieste e perizie sono in corso, ma ho l’impressione che sia stato uno spettacolino piuttosto demen­ziale di «controinformazione movimentista» (vogliamo chia­marla così?), perché non mi tor­na l’idea di un paio di poliziotti scemi che entrano nel ministe­ro, corrono su per le scale, si af­facciano e sparacchiano lacri­mogeni dalle finestre o di poli­ziotti penitenziari che, chissà perché, spetardeggiano dai pia­ni alti. Si poteva fare tutto in stra­da, entro le normali regole di in­gaggio di una polizia che deve proteggere la sicurezza pubbli­ca, che bisogno ci sarebbe stato di rendersi ridicoli? Gli studen­ti di Rimini che hanno contesta­to il ministro Cancellieri non hanno avuto tempo di pensare a queste ovvietà, hanno visto i video di YouTube e si sono in­cendiati di conseguenza, accet­tando l’interpretazione polve­rosa che li rassicurava, «polizia fascista»: siamo nelle mani dei cacciaballe?
Lo scrittore banal-monu­mentale Saviano vuole organiz­zare un corteo con i poliziotti e gli studenti fianco a fianco, ma si può pensare una scemenza più simpatica e sbrigliata di questa? Nella storia quando la polizia, l’esercito e la marina si mettono al fianco di folle insor­te si fa la rivoluzione, non una parata di buone intenzioni. Pa­solini a suo tempo se la prese con gli studenti figli di papà e si mise dalla parte dei proletari meridionali in divisa da poli­ziotto, c’era una logica poetica e metaforica. Ma che logica c’è, se non quella di un buffo fumet­to sentimentale, nell’immagi­nare che funzionari in divisa do­tati di manganello e gas lacri­mogeni (servizio pubblico) debbano darsi la mano e proce­dere uniti con portatori di scudi o lanciatori di cubetti (faziosi, prepotenti) verso un domani che canta? Ma dove siamo arri­vati nella via da sempre molto affollata che porta alla più com­pleta stupidità? Si prevedono nuovi traguardi?
Sul giornale ipermovimenti­sta che si chiama il manifesto un opinionista-antagonista ha scritto: non è vero che ci sono cortei buoni e elementi violenti che li fanno degenerare, la pro­testa ormai dilaga e si esercita con spontaneità anche in for­me violente, viva la protesta contro il massacro sociale. Pe­rò in quello stesso giorno il cro­nista di quello stesso giornale ha scritto: il corteo aveva un as­setto politico ordinato, a un cer­to punto sono arrivati quelli ve­stiti di nero con il casco integra­le e gli scudi, hanno preso la te­sta della folla in marcia e hanno diretto la manifestazione verso lo scontro con la polizia. I letto­ri secondo voi a chi hanno cre­duto? Al cronista o all’interpre­te ideologico? Ma all’ideologo, ovvio. Nei fatti di piazza ognu­no vede quello che vuole. Spes­so, il suo pregiudizio.


Respuesta  Mensaje 18 de 22 en el tema 
De: lore luc Enviado: 18/11/2012 17:00

La "retromarcia" di Repubblica

Lacrimogeni sparati dal ministero? Una balla: arrivavano dalla strada


16/11/2012

Lacrimogeni lanciati dal ministero
Una balla: arrivavano dalla strada
Ora c'è la conferma ufficiale

I lacrimogeni al ministero


Si trattava di una balla. I lacrimogeni non sono stati sparati dal Ministero, bensì dalla strada, come aveva subito chiarito il Questore di Roma Fulvio Della Rocca (che, in una confermenta stampa aveva detto: I lacrimogeni sono stati sparati “a parabola”, non diretti sui manifestanti. La traiettoria è stata deviata perché hanno urtato sull’edificio). Secondo la ricostruzione del questore, nel pieno dei tafferugli, i poliziotti avrebbero sparato i gas che, per errore, sarebbero finiti contro il muro del ministero di via Arenula, per poi cadere giù, tra i manifestanti. «Se ad un certo punto veniamo aggrediti militarmente è chiaro che dobbiamo reagire», aveva  anche aggiunto Della Rocca.  A mettere la parola fine alle illazioni di Repubblica sono stati i Carabinieri del Raggruppamento Investigazioni Scientifiche (Racis): il lacrimogeno a via Arenula che si vede nel video girato durante la manifestazione del 14 novembre scorso è stato sparato dall’esterno ed è rimbalzato sulla facciata del dicastero della Giustizia.

La perizia La relazione del Racis è stata consegnata al Guardasigilli Paola Severino e alla Procura di Roma che stanno indagando su quanto accaduto. Il video esaminato dai Cc del Racis, si legge nella relazione firmata dal generale Enrico Cataldi, "riproduce un impatto su cornice superiore della quarta finestra (a partire dallo spigolo sinistro) sita al quarto piano del ministero, di un solo artifizio lacrimogeno, poi fratturatosi in 3 parti". Il fermo immagine, si rileva nel documento, anche se tratto da un video disponibile sul web e non dal girato originale, supporta la medesima tesi: "gli artifizi in parola si compongono di 4 dischi contenenti materiale lacrimogeno che si sprigiona durante la traiettoria o all’impatto contro superfici producendo effetto fumogeno" e per i militari del Racis "è di tutta evidenza che la traiettoria ondeggiante può essere prodotta solo in fase di ricaduta e non in fase ascendente". La gittata dei lacrimogeni, evidenza ancora il Racis, è "dell’ordine di 100-150 metri" e dunque è "coincidente con il posizionamento delle Forze di Polizia all’altezza di Ponte Garibaldi, come osservabile dal altro video acquisito". I militari, nella loro relazione, parlano di un "ridotto margine di approssimazione" per le loro verifiche. Tra i reperti esaminati, la porzione di capsula di un lacrimogeno modello Folarm 4mm scomponibile, trovata nel cortile interno del dicastero di via Arenula assieme a un disco in origine unito alla capsula, e due parti di analoghi lacrimogeni con un disco, rinvenute su via delle Zoccolette. Noi ve l'avevamo detto. 

L'inchiesta interna Anche se la relazione del Racis conferma la versione data ieri dal Questore di Roma, secondo cui il lacrimogeno a via Arenula è stato sparato dall’esterno del ministero della Giustizia, continua l’inchiesta interna immediatamente avviata dal Guardasigilli Paola Severino per accertare in fatti. Per avere totale chiarezza sull'accaduto, si lavora per visionare i filmati registrati mercoledì scorso dalle telecamere posizionate presso i vari ingressi del dicastero. Intanto, sull'eventualità che qualcuno, da fuori, possa essere entrato nel palazzo, le testimonianze raccolte negano finora che ciò sia accaduto: il responsabile del reparto di Polizia Penitenziaria operante al ministero, Bruno Pelliccia e il capo di gabinetto, Filippo Grisolia, hanno riferito al Guardasigilli di non aver autorizzato l’ingresso di nessun esterno. Anche gli impiegati sentiti hanno affermato di non aver visto nessuno sporgersi o lanciare qualcusa dalle finestre del piano in questione.

 


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De: lore luc Enviado: 18/11/2012 17:03

Figli di papà

La devastazione degli "studenti" la pagheremo 1,5 miliardi

Il bilancio dei tafferugli nel giorno della mobilitazione internazionale: danni materiali e ore di lavoro perse. I cortei dei violenti valgono lo 0,1% del Pil


15/11/2012

La devastazione degli "studenti"?  la pagheremo 1,5 miliardi

Gli scontri a Roma



di Francesco De Dominicis

Fino a 1,5 miliardi di euro. Una cifra incredibile che corrisponde, secondo stime non ufficiali dei sindacati, alla perdita di prodotto interno lordo  consequenziale allo sciopero di mercoledì organizzato dalla Cgil. Stiamo parlando dello 0,1% del pil,  che sarebbe stato bruciato con 4 ore di stop degli iscritti all’organizzazione guidata da Susanna Camusso. Messa così,  con una percentuale,  pare poca roba. Invece, calcolatrice alla mano, ci si rende conto che si tratta di un dato non irrilevante.  Anzi. La cifra viene fuori districandosi fra le  stime sindacali. Negli scorsi mesi, il segretario generale dell Uil, Luigi Angeletti, di fronte all’ipotesi di uno sciopero generale paventato a più riprese dalla più agguerrita Cgil, aveva detto che lo stop avrebbe pesato per lo 0,5% sulla crescita economica. L’idea di una manifestazione di massa di tutte le sigle  e per l’intero arco della giornata era stata avanzata dalla Camusso per protestare contro le misure del governo di Mario Monti.

Una prospettiva che ha diviso il fronte sindacale. La Uil ha sempre ritenuto pericolosa una protesta ad ampio raggio, specie in una fase così delicata per l’economia del Paese. E partendo proprio dall’analisi di Angeletti, oggi, alcuni esperti delle sigle dicono che uno sciopero come quello di mercoledì, vale grosso modo un quinto di uno generale. Di qui il calcolo dello 0,1%, cioè 1,5 miliardi di euro o poco più. Conteggio che tiene conto delle ore di lavoro buttate al vento da tutti gli iscritti (e non) alla Cgil che hanno incrociato le braccia per quattro ore. Certo, chi ha aderito alla manifestazione avrà una decurtazione in busta paga. Ma allo stesso tempo ha contribuito a tagliare la produzione. Con danni per il pil nazionale. 

Un conto che, peraltro, potrebbe salire ancora. Basta aggiungere i danni cagionati dai manifestanti e dalle vere e proprie guerriglie che hanno avuto come protagonisti anche gli studenti in diverse città italiane, da Roma a Milano. Vetrine, negozi, banche, uffici postali e assicurazioni sono stati prese di mira dai partecipanti ai cortei che, come se non bastasse, hanno bruciato migliaia di auto.

 Strade e piazza trasformati in campi di battaglia. La manifestazione finisce, ma restano i danni da riparare. Interventi sempre costosi. Singolarmente sono sempre cifre esigue, pochi spiccioli. Ma, messi insieme,  pure i 25mila euro calcolati per sistemare i 5 tornelli della stazione di Milano Cadorna assumono una rilevanza diversa.

E a raggiungere cifre ben più consistenti ci vuole davvero poco. Per calcolare i danni provocati mercoledì ci vorrà qualche giorno. Un anno fa, in occasione della protesta degli indignados, solo a Roma il sindaco Gianni Alemanno calcolò che la Capitale avrebbe pagato un conto di oltre 3 milioni di euro. Cifre che pesano sui conti degli enti locali, quasi sempre disastrati. Ma a pagare sono pure i privati. Che - quando sono coperti da specifiche polizze assicurative - se la cavano, ma spesso sia i cittadini sia i commercianti sono costretti a mettere mani al portafoglio per riparare i danni.

Un film che si ripete spesso. L’anno scorso Roberto Maroni, allora ministro dell’Interno, propose una legge ad hoc. Complice la caduta del Governo di Silvio Berlusconi non se ne fece più nulla, ma adesso c’è chi pensa di tirare fuori dal cassetto quella proposta. L’idea dell’attuale segretario della Lega prevede che gli organizzatori di manifestazioni pubbliche si assicurino con specifiche polizze. In assenza di una copertura assicurativa l’organizzazione deve mettere sul piatto adeguate garanzie patrimoniali. Il principio è piuttosto semplice: chi provoca i danni, paga.


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De: lore luc Enviado: 18/11/2012 17:05

Dopo il 14 novembre

Contestata dagli studenti a Rimini, Cancellieri apre agli identificativi sulle divise: "Ci stiamo ragionando"

"Pensiamo ai numeri, ma non ai nomi per non mettere in pericolo gli agenti". Alla Giornata per la Legalità, il ministro attaccata dagli studenti



17/11/2012

Il delirio del ministro Cancellieri: gli studenti la contestano per i lacrimogeni dal dicastero e lei cede: "Sì ai numeri identificativi sulle divise"

 

Il Viminale cede di fronte ai centri sociali. A tre giorni dagli scontri che hanno accompagnato lo sciopero europeo del 14 novembre, il ministro Annamaria Cancellieri dà ragione ai violenti e abbandona le Forze dell'Ordine. Contestata dagli studenti a Rimini, dove il ministro degli Interni era per la Giornata della Legalità, accoglie le richieste dei centri sociali. "Stiamo ragionando sulla possibilità degli identificativi sulle divise degli agenti". Appena iniziato il proprio intervento proprio sui provvedimenti che il Governo intende prendere per fare luce sui disordini dello sciopero europeo, la Cancellieri è stata accolta da fischi e urla. Prima di essere allontanati dalle forze dell'Ordine, i militanti del collettivo riminese Paz hanno steso lo striscione "Stop violenza e Polizia, identificativi sulle divise".

Identificativi - "E' una cosa su cui stiamo lavorando, si può ragionare, ma non deve mettere in pericolo l’operatore": è stata questa a risposta della Cancellieri alla richiesta dei contestatori quando la situazione è tornata alla normalità. "Si può ragionare sul numero identificativo - ha detto ancora il ministro - ma non sul nome, in modo tale da tutelare la sicurezza dell’operatore". Il ministro continua ad invitare alla calma: "Mi piacerebbe si tenesse conto delle due facce della medaglia - dice -, ci sono molti poliziotti che si sono comportati in maniera egregia, vorrei che le cose fossero viste con serenità".

Ai contestatori - Il numero uno del Viminale rivolge un invito al dialogo anche ai contestatori: "C'è la libertà di esprimere tutto, ma nella cornice della legalità, siamo pronti ad ascoltare. Ma facciamolo in modo serio, sereno e pacato, parliamo e ascoltiamo. Non impediamo il confronto - ha concluso - con manifestazioni che mi ricordano purtroppo tempi non belli. Non è bello per loro perchè togliamo loro un futuro di democrazia".


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De: lore luc Enviado: 22/11/2012 09:26

Lo Stato non paga ai poliziotti i denti spaccati dai teppisti il caso

Un ispettore ha perso otto incisivi in uno scontro con gli studenti, ma non riavrà i 12mila euro spesi per curarsi. Il sindacato: versare sangue non è sufficiente per essere risarciti

Un casco da motociclista a spaccargli la faccia. Un colpo violentissimo ed è crollato a terra, svenuto, dopo aver arrestato il manifestante dei centri sociali desideroso di assaltare la sede del Pdl a Roma.

Quando ha riaperto gli occhi il poliziotto Enrico Kauffmann s'è ritrovato la bocca impastata di sangue, la mandibola danneggiata e otto incisivi spaccati in mille pezzi.

Per riprendersi ci ha messo un po', ma rischia di non riprendersi mai psicologicamente perché lo Stato gli nega il rimborso delle corpose spese odontoiatriche.
«Erano i giorni dell'ira per l'approvazione della riforma Gelmini – racconta Maurizio Germanò, segretario provinciale Siap Roma – e Kaufmann prese parte a tutti gli scontri che si verificarono a piazza del Popolo, davanti a Camera dei deputati, Senato e Palazzo Chigi. In uno di questi, in via di San Marcello, gli hanno spaccato la faccia». Il poliziotto fa istanza per causa di servizio, sperando di poter ottenere uno «sconto» sulla pensione o un equo indennizzo. D'altronde, era in servizio quando è stato ferito. Tra visite, operazioni e spese di istruttoria sborsa oltre 12mila euro. «Soldi che forse non riuscirà più a recuperare – commenta Germanò – perché, evidentemente, non è sufficiente sputare sangue per avere diritto a un indennizzo o al riconoscimento dello status di infermità permanente dovuto a motivi di servizio. La commissione medica gli vuole riconoscere un difetto di masticazione, nulla più». Proprio così: difetto di masticazione. Nel frattempo, per due volte finisce davanti ai medici che gli chiedono di consegnare documenti che attestino ciò che si può vedere tranquillamente a occhio nudo. Il prossimo appuntamento è per il 28 gennaio del 2013. Tanti auguri.
Chissà, invece, come faranno a trovare i 50mila euro a testa per pagare gli avvocati i dieci poliziotti approdati in appello dopo la contestatissima condanna di primo grado per le presunte violenze nella caserma «Raniero Virgilio» di Napoli, durante il Global Forum 2001. Chissà quanto tempo impiegheranno per mettere insieme tutti quei soldi, parenti strettissimi di tre anni di stipendio, quanti furono ingiustamente arrestati (come hanno sentenziato il Tribunale del riesame e la Cassazione), sospesi dal servizio e minacciati sui siti antagonisti e un'inchiesta che presenta, ancora oggi, molti punti da chiarire. E al danno si è aggiunta oggi la beffa: pagare di tasca propria l'assistenza legale anche se il processo di secondo grado non andrà avanti perché i reati sono ormai caduti in prescrizione, come ha dovuto riconoscere lo stesso sostituto procuratore generale nell'ultima udienza. In caso di prescrizione, infatti, dice il regolamento del ministero dell'Interno, non è possibile accedere al rimborso delle spese legali.
Sul fronte politico si fa sentire il deputato Pd Stefano Esposito che propone l'obbligo di firma per i recidivi e il fermo di polizia per chiunque si presenti in assetto da guerriglia: «Riguarda chi si presenta col volto coperto o armato di scudi, bastoni e caschi (la legge non prevede il fermo e questo impedisce agli operatori di intervenire in maniera efficace)». L'introduzione dell'obbligo di firma, continua Esposito, servirebbe ad impedire «a soggetti condannati o inquisiti per violenze durante manifestazioni di presenziare. Presenterò una mozione parlamentare per impegnare il governo a modificare l'ordinamento nel senso sopraindicato». Intanto monta la polemica tra i poliziotti. Il sindacato Coisp, col segretario Franco Maccari, attacca il Capo: «Le dichiarazioni di Manganelli sulla introduzione dei numeri di identificazione per i poliziotti sono inaccettabili. è evidente che non rappresenta i suoi uomini, né è capace di tutelarli: se non ha più voglia di fare questo lavoro, abbia il coraggio di andarsene a casa».
Rincara la dose il segretario generale del Siulp, che si associa, dichiarandola condivisibile, alla protesta dei celerini che hanno chiesto un giorno di ferie per sabato prossimo quando a Roma gli antagonisti proveranno a concedere il bis.

di Gian Marco Chiocci


Respuesta  Mensaje 22 de 22 en el tema 
De: enricorns Enviado: 22/11/2012 12:01
"Ai cortei ci andavo pure io e degeneravano sempre per colpa di imbecilli"
 
Condivido il pensiero di Lenin e naturalmente la sua rioresa da parte di Mughini


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