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De: lore luc (Mensaje original) |
Enviado: 18/11/2012 05:51 |
Giampiero Mughini
"Non ho mai visto la celere menare per prima"
"Ai cortei ci andavo pure io e degeneravano sempre per colpa di imbecilli"
Giampiero Mughini
di Giampiero Mughini
"Lo diceva uno che di baruffe se ne intendeva, il capo del
bolscevismo russo, Vladimiro Ulianovic Lenin. Che quando scoppia una
baruffa, è poi difficile distinguere tra chi ha colpito per primo e chi
ha colpito invece per reagire e difendersi". Giampiero Mughini, su
Libero in edicola oggi, sabato 17 novembre, commenta gli scontri che
sono avvenuti in diverse città italiane e parla della sua esperienza.
Racconta Mughini che lui alla fine degli anni Sessanta ha partecipato a
diverse manifestazioni e tutte le volte che queste degeneravano in
scontri con le forze dell'ordine era per il solito gruppo di imbecilli.
Scrive: "Una volta sono andato anch’io in uno di quei cortei con un
casco in testa. Era l’autunno del 1970. Ci muovemmo a decine di migliaia
dall’Università di Roma in direzione di Piazza Venezia. Decine e decine
di migliaia. Ridenti, irridenti, le voci rauche nello scagliare slogan
contro il mondo, i ragazzi con la mano nella mano della ragazza (la mia
si chiamava Daniela, ed era sorella di un futuro terrorista). Arrivammo a
Piazza Venezia senza che nessun poliziotto o altro ci disturbasse
minimamente. Solo che a Piazza Venezia, di fronte all’imbocco di via del
Corso, c’era un blocco della polizia. Lì non potevamo entrare. Niente
di male, mi sembrava e mi sembra. Solo che una gang di militanti del
Potere Operaio ci provò a colpi di bottiglie molotov e avvenne il
finimondo. Cariche della polizia, lacrimogeni, noi che scappavamo
terrorizzati da tutte le parti, io che mi perdetti Daniela e la sua
mano. Succede. Era colpa della polizia? No, era colpa di quegli
energumeni del Potere Operaio, alcuni dei quali brillarono
successivamente negli agguati mortali del terrorismo rosso".
Leggi l'articolo integrale su Libero in edicola oggi, sabato 17 novembre
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Lettera di un Poliziotto ad un manifestante No Tav
“Ciao manifestante, chi ti parla è quello “sbirro” che odi e che
vorresti vedere morto. Mi trovo in Val di Susa e tra non molto è il mio
turno. Ho dormito veramente poco e mangiato ad orar
i
impossibili. Adesso preparo l’equipaggiamento per uscire. Davvero
qualche volta mi sembra di andare in guerra, invece mi trovo in una
valle sconosciuta e lontano da casa. Mi chiama mia moglie preoccupata per le notizie che ascolta incess
antemente al tg, le dico di stare tranquilla e che andra’ tutto bene ,
per tranquillizzarla le dico che sono lontano dalla confusione. Le
chiedo di dare un bacio ai miei figli e rassicurare i nostri parenti.
Adesso sono con i miei colleghi e siamo pronti per partire. Alcuni non
portano dietro neanche il telefono cellulare, a che servirebbe, come
potremmo sentirlo e come potremmo usarlo indossando la maschera antigas?
Le urla di persone indignate e stanche quanto noi di questa situazione,
sovrastano gli ordini impartiti dai superiori e a fatica ci mettiamo
nello schieramento. La visibilità ora è scarsa, la tensione è
altissima, i manifestanti gridano e chiedono che i lori diritti vengano
rispettati . Noi siamo li perché non accadono ulteriori incidenti.”
Ecco, è questo quel che pensa un poliziotto in servizio in valle. Noi
siamo li per garantire l’ordine. Alcuni di voi solo a vedere la divisa
ci insultano e forse a qualcuno non dispiacerebbe vederci morti.
Vorremmo evitare qualsiasi tipo di incidente eppure , solo per avere
indosso una divisa, siamo messi al patibolo o alla gogna. Il
giovane Carabiniere insultato il cui video è oramai tra i più visti del
web, è solo un esempio di quello che capita ogni giorno in migliaia di
casi, in ogni parte d’Italia. Questo atteggiamento che spesso abbiamo
cercato di portare a conoscenza tramite i nostri racconti è per una
volta stato reso di dominio pubblico. Dispiace il fatto che
quasi sempre, nel 99% dei casi, i contrasti tra la nostra figura
professionale e il cittadino potrebbero essere risolti con il dialogo e
il rispetto verso di noi che ricordo, siamo a pieno titolo una categoria
lavorativa e del nostro settore siamo la base, nient’altro che gli
operai. In questa meravigliosa valle non siamo contro o a
favore di qualcuno o di qualche cosa. Siamo persone responsabili
dell’ordine e della sicurezza pubblica. Ci troviamo malmenati,
con la divisa a volte lacerata, a volte sporca dai giorni di fatica
eppure siamo li, per quattro soldi che lo Stato ci paga. In quei momenti
però non pensiamo al vile denaro, anche perché con quello che la nostra
amministrazione ci da in più per essere “massacrati” fisicamente e
moralmente, potremmo al massimo invitare la nostra famiglia a mangiare
una pizza. Manifestante, credimi siamo cittadini come te, siamo
fatti di carne e ossa. Sai benissimo che questa guerra tra poveri e la
sua strumentalizzazione non porterà alcun beneficio. Manifestare è un
diritto certo , ma anche noi appartenenti alle forze dell’Ordine abbiamo
diritto alla nostra dignità e vorremmo alla fine del nostro servizio
poter rivedere i nostri cari. Ti chiedo di ascoltarmi, protesta
in tutti i modi che ritieni opportuni, ma non usare la violenza e se lo
fai, pensa ai tuoi cari quanto ai nostri. Penso che questo progetto TAV
procederà; voglio dirti che noi non saremo mai contro di te, ma non
chiederci di farci da parte. Cudicio Maurizio, orgoglioso del mio mestiere, orgoglioso di essere Poliziotto.
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Gli agenti restano senza scudo: costretti a pagarsi medici e legali
I
poliziotti coinvolti negli scontri di piazza spesso non sono coperti da
assicurazione e fanno fronte di tasca propria alle spese processuali.
Ora vogliono persino schedarli
«Presunti
colpevoli». è la condizione degli agenti di polizia oggi. Non solo
sottoposti a responsabilità doverose e rischi di ogni tipo, ma di fatto
costretti perfino a pagarsi le spese legali e quelle mediche.
E se il lavoro del poliziotto non fosse
passione, vocazione e infine anche mestiere, non ci sarebbe dubbio
alcuno: «No, mi dispiace, non lo rifarei».
Dicono
così. Sono state 10.461 le manifestazioni di «spiccato interesse» cui
hanno partecipato, nel 2011, circa 410mila unità dei reparti mobili: 484
hanno riportato lesioni gravi (fratture, traumi).
Normali rischi professionali? Sarebbe vero se non fosse che troppi
sono mandati allo sbaraglio: senza preparazione e senza protezioni,
normali divise casco e via: a prendere botte - mentre in altri
civilissimi Paesi europei sono ben altri, i deterrenti e le difese. E in
definitiva a loro rischio e pericolo. Chi si fa male sul serio può
finire riformato, con pensione legata ai contributi pagati. Troppo pochi
in genere per dei giovani. C'è l'aspettativa. Un anno e mezzo, a
stipendio tagliato di un terzo e a rischio della semi-idoneità. Non solo
si finisce messi da parte, ma si perdono le indennità accessorie, che
rendono meno misero lo stipendio (con 25 anni di servizio, per esempio,
la base è 1.300 euro circa). Le ore di straordinario, spesso dovuto per
le regole della procedura penale, sono pagate meno dell'ordinario,
tassate di più. C'è un tetto, un monte ore. I riposi compensativi
scadono e il risultato è presto detto: ore regalate «a fondo perduto»
alla Patria. «Senza un grazie», dice Agostino Maria Marnati, segretario
dell'Ugl e responsabile Nord-Italia. Gli aumenti sono fermi (promozioni e
responsabilità no). L'indennità di vacanza contrattuale è ferma. Fino
al 2014.
Gli «effetti collaterali» dell'ordine pubblico sono noti: l'avviso di
garanzia, spesso per lesioni, minacce o reati contro la persona. Le
indagini a loro carico possono essere accompagnate dalla sospensione
cautelare, a stipendio «di mantenimento»: 700 euro al mese. Fino alla
sentenza in giudicato, che vuol dire anni. Intanto corre il procedimento
disciplinare, dalla deplorazione alla sospensione alla destituzione,
con sanzioni pecuniarie fino a un sesto dello stipendio. La punizione
significa niente concorsi. Poi c'è la responsabilità contabile, per dolo
e colpa grave. Un agente può dover pagare la riparazione dell'auto
danneggiata durante un inseguimento, e la «messa in strada» della
«nuova». è capitato il caso di un conto da 26mila per uno scontro a un
semaforo con lampeggiante. E ovviamente non manca il profilo della
responsabilità civile. Le spese processuali, poi, non sono più coperte
neanche per i «soliti» 2mila euro di anticipo. Il Fondo tutela legale è
svuotato, e le risorse destinate alla manutenzione dei veicoli.
«L'assicurazione legale c'è solo sulla carta, quella medica non
esiste», spiega Marnati. Il clima generale poi, ormai confonde aggrediti
e aggressori. Ed è anche per questo che le sigle più importanti, come
Sap e Ugl, ieri hanno detto «no» al ministro degli Interni Annamaria
Cancellieri, che sta valutando l'ipotesi di identificativi sui caschi
degli agenti, mentre i «bravi ragazzi» e i «pacifisti» li affrontano -
come dice l'Ugl - «armati di spranghe e sanpietrini».
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Questi agenti, accettino di avere un numero identificativo sul casco, e vediamo se sono ancora tanto coraggiosi a manganellare alle spalle persone inermi o a sparare lacrimogeni ad altezza d'uomo e non si alleino con i devastatori, in quanto a Mughini.... sappiamo tutti com'è. Come sappiamo che i NOtav VERI sono gente pulita, ma poi ci sono i black bloc... ECCOLI!!! Facile puntare il dito e far passare per anarco insurrezionalisti gli altri quando invece sono loro. Metodo Cossiga "Infiltrare"!!!!
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