Procedi lesta, avvolta dal vento, pura nella luce, quasi avvinta, mentre la stanza, ridotta a un niente conserva ciò che resta dietro te.
Opaca come la base di un cammeo che lascia passare solo un piccolo raggio al margine tu rifletti sul fatto che la sera non era sera prima che tu uscissi a guardarla.
Solo poco di te porti nelle mani, lo fai per sentirti leggera come lo sono quelle case in fila verso cielo.
Ed è a loro che fai dono di te, da tutto ormai distaccata.
Incoraggia gli altri nei loro punti di forza e non sminuirli mai per le loro debolezze. Nel dare forza agli altri, anche tu diventerai più forte. Al contrario, mortificando gli altri, mortificherai solo te stesso. Il colore con cui dipingi una ringhiera è lo stesso colore che ti resta sulle mani. (Swami Kriyananda)
Prendi l'abitudine di cercare il lato migliore nelle persone e nelle situazioni. Scoprirai che anche soltanto questo atteggiamento porta all'ottimismo e alla positività. E l'uno e l'altra portano alla serenità. (Paul Wilson)
Credo che le cose più importanti delle tua vita saranno le coccole che hai fatto e ricevuto, le notti passate a fantasticare sotto le stelle, le volte che ti sei rotolato nella neve, le prima gocce di pioggia estiva che hai catturato con la lingua e i momenti in cui qualcuno di veramente speciale ti ha sussurrato "Ti amo". Non sprecare il presente a preoccuparti del futuro. Arriverà presto, t...e lo prometto Nel frattempo, su la testa, infilati le scarpe e segui il tuo cuore fino in capo al mondo. E mentre cammini, ricorda sempre che ogni giorno è un dono prezioso: se riesci a godertelo per quello che è e a coglierne il meglio, che tu ci creda o no ti aspetta un altro straordinario regalo: Domani. (Braidley Trevor Greive)
Nel mio petto si riapre la ferita Quando le stelle declinano fino a congiungersi con il mio corpo quando cade il silenzio sotto il passo degli uomini. Queste pietre che affondano negli anni dove mi trascineranno? E il mare, il mare chi mai l’asciugherà? Vedo le mani far segno al falco, all’avvoltoio, ogni alba legata sulla rupe che per tanto dolore mi appartiene, vedo gli alberi respirare l’oscura quiete dei morti e poi gli immobili sorrisi delle statue. Giorgio Seferis
Non dovresti conoscere la disperazione se le stelle scintillano ogni notte; se la rugiada scende silenziosa a sera e il sole indora il mattino. Non dovresti conoscere la disperazione, seppure le lacrime scorrano a fiumi: non sono gli anni più amati per sempre presso il tuo cuore?
Piangono, tu piangi, così deve essere; il vento sospira dei tuoi sospiri, e dall’inverno cadono lacrime di neve là dove giacciono le foglie d’autunno;
pure, presto rinascono, e il tuo destino dal loro non può separarsi: continua il tuo viaggio, se non con gioia, pure, mai con disperazione!
Emily Brontë
La disperazione e' seduta su una panchina.
In un giardinetto su una panchina C’è un uomo che vi chiama quando passate Ha un binocolo un grigio vestito liso Fuma un sigaretto ed è seduto E vi chiama quando voi passate O semplicemente egli vi fa un cenno Non bisogna guardarlo Non bisogna ascoltarlo Conviene andare avanti Fingere di non vederlo Fingere di non sentirlo Bisogna camminare affrettare il passo Se voi lo guardate Se voi l’ascoltate Egli vi fa un cenno e niente e nessuno Puó impedirvi di andare a sedervi accanto a lui Allora egli vi guarda e sorride E soffrirete atrocemente E l’uomo non la smette di sorridere E voi sorriderete come lui Esattamente Più sorriderete e più soffrirete Atrocemente Più voi sorriderete e più soffrirete Irrimediabilmente E voi restate là Seduto congelato Sulla panchina sorridente E fanciulli giocano vicino a voi Passano i passanti Tranquillamente S’involano gli uccelli Un albero lasciando Per un altro E voi restate lì Sulla panchina E voi sapete voi sapete Che mai più voi giocherete Come quei fanciulli Sapete che mai più voi passerete Tranquillamente Come quei passanti Che mai più voi volerete Un albero lasciando per un altro Come gli uccelli.
Lascio la casa bianca e il muto giardino. Deserta e luminosa mi sarà la vita. Nessuna donna saprà cullarti come io ti celebro nei miei versi: non scordare la tua cara amica nell’Eden che hai creato per i suoi occhi, per me che spaccio una merce rarissima e vendo il tuo tenerissimo amore
Era bella lo stesso, anche con tutte le sue malinconie. Era bella lo stesso quando si vestiva di queste. Era bella lo stesso con il suo viso rivolto al sole, questo glielo illuminava, evidenziava la notte trascorsa. Era bella anche quando si portava addosso il suo carico di mancanze e le lasciava volare. Le lasciava al vento, avrebbero trovato il modo di ritornare. Era bella perché il suo sorriso c’era benché fosse velato di tristezza. Benché i suoi occhi chiedessero una carezza, non riuscivano a essere vuoti, erano pieni, lì dentro si fermava ogni età. E parlava, ma poco, desiderava essere ascoltata, preferiva raccontare storie solo con gli occhi, solo come gli sguardi sanno raccontare, in maniera così limpida, viva, amabile. Portava addosso speranze fittizie e vane illusioni, ma era lo stesso bella, con tutte le sue manie, rimproveri, e svelati desideri. La sua fragilità era celata nella sua forza, quella che aveva nel camminare, nell’interrogarsi, nel raccogliersi, nel ricominciare. Lei era lo stesso bella, anche quando aveva paura. Anche quando, giunta la notte, trovava il coraggio di addormentarsi, portandosi dietro nei sogni incertezze e timori. Bella perché manifestava sensibilità in ogni gesto e viveva attraverso gli occhi, immaginava altre vite, immaginava nuove mancanze, nuovi ricordi, nuovi colori e aquiloni nel cielo. Ed era bella perché così vinceva, così riusciva a donare colore al buio.