Emma la Spina nasce in Sicilia il 4 maggio 1960. Emma è autrice del romanzo autobiografico “Il suono di mille silenzi”, pubblicato nel 2009 da Piemme. Nel libro, Emma racconta la sua drammatica esperienza in un collegio femminile di Catania, dopo essere stata abbandonata alla nascita dalla madre. Un’esperienza fatta di sofferenza e violenza, sia fisica che psicologica.
Emma, intanto ti do il benvenuto a quella che non sarà la solita intervista chilometrica, ma solo 4 chiacchiere contate.
Prima chiacchiera: Leggendo la tua storia, fa rabbia anche a me chiamarti Emma, il nome che ti è stato dato dalle suore in uno dei collegi in cui hai vissuto da reclusa, da quando tua madre ti ha abbandonato. Emma era anche il nome della Santa a cui era dedicato il dormitorio dove ogni sera arrivavano le violente punizioni per voi bambine, nell’ora del rendiconto finale di ogni giornata. Odi il tuo nome, ma non l’hai mai cambiato. Perché?
Odio ed amo questo nome: lo odio perché mi ricorda il luogo delle mie sofferenze, lo amo perchè è ormai parte di me stessa. E’ un tutt’uno con il mio corpo e con il mio spirito. Ormai sono Emma, nel bene e nel male. Non potrei cambiare una parte della mia vita, quella che mi ha così profondamente segnato sin dalla mia nascita, semplicemente cambiando il mio nome.
Ancor più adesso non voglio cambiarlo: è un “memento”, mi ricorda che devo sempre lottare contro l’avverso destino, non voglio crollare sotto i suoi colpi.
Seconda chiacchiera: Il tuo libro è il racconto fedele e senza alcun stravolgimento della realtà, della tua vita fino ai diciott’anni, il momento in cui hai ritrovato la libertà. Quando hai deciso di voler condividere la tua terribile storia? Che peso hanno avuto quegli anni nella formazione di una persona? Quali segni ti hanno lasciato? Chi è e com’è Emma oggi?
Ho sempre avuto in animo di scrivere la mia storia, ma la priorità della sopravvivenza me lo ha sempre impedito. E non solo, le mie idee, i miei pensieri, confusi, non permettevano un regolare dipanarsi della mia storia. Mi sentivo una nullità, sapevo che nessuno si interessava di me, neanche Dio. Solo adesso la maturità mi ha fatto sentire pronta. Non è però così facile, non c’è stato un momento in cui mi sono detta: “sono pronta, adesso scrivo”. Ho sempre scritto: il diario, sin da piccola, è stato il mio unico compagno. Lui sapeva tutto di me: le mie emozioni, le mie disperazioni, i miei bisogni. Eravamo però solo io e lui. Poi, da grande, la svolta! In un momento particolare della mia vita, di depressione, mi sono decisa: ho scritto perchè gli “altri” devono sapere.
Mi chiedi il peso di quegli anni nella mia formazione: determinanti! Il mio carattere naturale è stato alterato per lunghissimi anni dagli episodi della mia infanzia. Umiltà, complesso d’inferiorità, vergogna, invidia delle più semplici cose, sono state una zavorra non indifferente. Ogni scelta importante della mia vita è stata condizionata, uno sbaglio dopo l’altro. Come un gioco di domino, un errore ne ha condizionato un altro. Nella conquista della mia personalità è forte l’impronta dei primi anni della mia vita. La paura dei cani, ad esempio. La punizione della “stanza del cane” mi ha impedito di avere un rapporto equilibrato con questi animali, che pure sono detti amici dell’uomo. Questa paura in realtà rende più difficile la mia vita perchè devo sempre controllare che davanti al mio passaggio non ci siano cani, anche se piccoli e inoffensivi. L’insicurezza è un altro “regalo” lasciatomi. Il mio atteggiamento spesso condiscendente camuffa la mia insicurezza, creando qualche volta situazioni di ambiguità. La difficoltà di abbozzare una efficace difesa nei confronti di chi mi maltratta è un altro segno. L’interiore e segreta paura dell’uomo (inteso come sesso maschile). L’incapacità di sentirmi parte integrante della società mi fa sentire come un pesce fuor d’acqua. Infine la struggente mancanza di una mamma.
Chi sono io oggi? Semplicemente la somma delle conseguenze di quegli anni e delle lotte per la ricerca di una normalità. Dentro di me un coacervo di contraddizioni: timida e spigliata, paurosa e coraggiosa, esitante e intraprendente. Decisa però a far valere i miei diritti, ottenere il posto che mi spetta ed una giusta valutazione.
Terza chiacchiera: Avendo conosciuto persone che ti hanno mostrato un lato quasi infernale della Chiesa, che idea ti sei fatta della religione? Qual è la tua fede, se ce l’hai?
Credo che esista un essere soprannaturale, ma lo sento distante, come un padre che non si occupa dei suoi figli e li abbandona al proprio destino. Ho cercato più volte nella mia vita di accostarmi a Lui e di avere un segno. Ho cercato di avvicinarmi alla religione, ho frequentato comunità religiose, ho cercato di vivere la parola di Dio, ma ne sono sempre rimasta delusa. Da chi è portata avanti la religione? Spesso da piccoli uomini che non sono all’altezza della situazione anteponendo i loro vizi alla missione, anche se non mancano esempi di autentica grandezza.
Quarta chiacchiera: Il giorno dei tuoi diciotto anni sei stata buttata fuori la porta, senza soldi, con pochi stracci, senza che ti venisse concesso neanche di salutare le tue amiche, quelle che con te avevano condiviso tutta la vita, con le quali probabilmente ti sarai fatta forza per superare istanti vergognosi. Come hai ricominciato? Cosa è accaduto che ti ha ridato la speranza? Il primo mattone su cui costruire il futuro? Che hai fatto quel giorno e il giorno dopo? Dove sei andata a dormire, chi hai incontrato? E poi hai avuto mai più modo di cercarle quelle amiche, di sapere come se la sono cavata loro, di rivedervi, di parlarvi?
A diciotto anni e un giorno, fuori dall’istituto, è cominciata una mia nuova avventura, più terribile e straziante della prima. Mi sono trovata sola e indifesa in una giungla d’asfalto popolata da lupi famelici. Ho sopportato di tutto: sono stata rapita, ho rischiato di essere immessa nel mercato della prostituzione, mi sono avvicinata alla Chiesa con tutta me stessa, e da essa respinta.
Le compagne di sventura? Poche si sono rifatte una vita, altre invece preda di sfruttatori, altre vivono ai margini della società, altre si sono riunite nel seno di Dio.
La considerazione delle terribili conseguenze dell’infanzia così vissuta mi ha spinto alla scrittura di un nuovo racconto, anch’esso autobiografico: dopo i diciotto anni. Sarà edito anch’esso dalla “PIEMME”, e non mi è consentito di svelarne i contenuti.
Questa era l’ultima chiacchiera: non mi resta che salutarti e ringraziarti per aver accettato il mio invito facendoti molti in bocca al lupo per il tuo futuro. Se vuoi lasciare un messaggio al mondo intero, qui puoi farlo.
Non fate mancare l’amore ai bambini, ne hanno bisogno più di qualsiasi altra cosa, da ciò dipende il loro destino.