La canzone Europea
La musica leggera americana e` basata sulla struttura melodica con accompagnamento ritmico che ebbe origine in Francia nel Settecento (la canzone ballabile).
A parte i generi essenzialmente ritmici provenienti dalla civilta` iberica e latino-americana (e cioe` il tango argentino, il flamenco spagnolo, il fado portoghese, rumba, Congo e mambo cubani, samba e bossa-nova brasiliani, il calypso giamaicano), e a parte contributi sporadici boemi (la polka) e polacchi (la mazurka), che peraltro ebbero importanza decisiva nel definire lo stile ballabile del primo Novecento, la canzone moderna discende dalle manifestazioni musicali della cultura borghese parigina.
Con la nascita del caffe`-concerto la canzone diventa, oltre che intrattenimento a ballo, anche un mezzo anonimo per diffondere satire sul potere e per denunciare la miseria sociale e morale della Belle Epoque. Da un lato si sviluppa quindi la canzone satirica, che acquistera` via via toni ora grotteschi ora ironici. Dall'altro sboccia la canzone maledetta, tragica e colloquiale cronaca di vicende nere.
Il maggior autore dell'Ottocento e` Aristide Bruant, che puo` essere considerato il primo vero chansonnier. Fu lui ad intrattenere la folla di artisti del "Chat Noir" durante la Belle Epoque.
Il "Chat Noir", aperto nel 1881, fu di fatto il primo cabaret. Al crescere della sua popolarita` vennero aperti altri locali simili, sempre piu` specializzati nella musica degli anarchici populisti, e presto la moda si sparse anche a Barcellona, Vienna, Berlino, Cracovia, Mosca, le capitali del bel mondo di allora; ignorata soltanto in Inghilterra e Italia. Negli anni '90 il cabaret assunse i suoi aspetti odierni, con la chanteuse, il balletto, e le attrazioni non musicali (prestigiatori, comici, acrobati, ombre cinesi e pupazzi). I cabaret di Vienna e di Parigi si connotarono per la singolare mescolanza di avanguardia, popolaresco, eversivo e intimista.
Il mondo dei cabaret venne distrutto dalla guerra mondiale. L'ultimo cabaret venne fondato nel 1916 a Zurigo, per dare asilo agli intellettuali che fuggivano dalla guerra. Fu li` che si raccolse lo stato maggiore del Dadaismo. Era il leggendario "Cabaret Voltaire".
Nei caffe`-concerto avviene pertanto la contaminazione della canzone da parte di altre arti, quali la poesia e il teatro. All'inizio del Novecento la canzone e` gia` entrata decisamente in teatro tramite il varieta`, o, meglio, il music-hall (Maurice Chevalier e Josephine Baker tra i tanti).
Nel dopoguerra esercitano i chansonnier piu` famosi, rappresentanti degli ambienti intellettuali parigini, e quindi esistenziali, anti-conformisti, filo-proletari; in particolare Georges Brassens e Jacques Brel. Leo Ferre` e` invece il maggior esponente degli intellettuali di sinistra (Le Chambre).
Due donne assursero a mito per quella generazione "perduta". Nell'immediato dopoguerra Edith Piaf divenne la regina di MontParnasse e le sue canzoni (come La Vie En Rose) segnarono un'epoca culturale, pur restando schiettamente popolari. Juliette Greco, donna impulsiva dagli amori illustri e disordinati, musa notturna di Saint-German-des-Pres, vamp depravata in raso nero, che da un'infanzia difficile passo` a una leggendaria carriera di music-hall, si conquisto` negli anni '60 un prestigio forse unico fra le cantanti di musica leggera (Sans Vous Aimer, Les Feuilles Mortes, La Chanson De Barbara).
Al modello classico del cabaret francese hanno apportato significative variazioni il cabaret tedesco (Lili Marlen) e la melodia della canzone sentimentale italiana (da Volare di Modugno a Azzurro di Celentano).
In Sudamerica, una voce analoga e` quella della Cilena Violeta Parra ("Gracias a la Vida").
La canzone Americana
Mentre in Europa dominano gli stili francese, tedesco e italiano, negli Stati Uniti la musica leggera attinge un po' a tutte le fonti disponibili nel pittoresco melting-pot della giovane nazione: al folk bianco di derivazione anglo-sassone, ai ritmi latino-americani , al folk nero, e ovviamente alla musica leggera europea stessa.
Il folk bianco
La civilta` musicale degli Stati Uniti si forma nell'Ottocento, quando si compie il processo di unificazione del paese. L'Ottocento e` il secolo in cui si stabilizzano i fenomeni sociali ed etnici: l'epopea dell'Ovest, il mito del denaro, l'immigrazione europea, la frattura fra Sud e Nord, la metropoli, il popolo di origine africana. Ed e` il secolo in cui esplode la moda dello "spettacolo" (essenzialmente musicale), tanto nel villaggio sperduto del Texas quanto nei bordelli del Sud e nelle metropoli del Nord industrializzato. Cio` stimola i primi artigianali artisti (per lo piu` "rambler") a raccogliere e divulgare la musica a disposizione nel Nuovo Continente.
Verso la fine del secolo sia i bianchi sia i neri possono contare su una tradizione popolare locale (non piu` importata), basata (quella dei bianchi) sulle gesta dei fuorilegge o sulle imprese dei pionieri e (quella dei neri) sulla grama esistenza del bracciante o del vagabondo. Dal punto di vista tecnico ognuno conserva, piu` o meno vistosamente, le proprie origini folk (anglo-sassoni, francesi, africane, eccetera) ma poco a poco elementi ibridi scompaginano le strutture che erano state tramandate intatte nei secoli.
La musica dei veri americani (la danza dello spirito Paiute, il canto trance e il culto del peyote dei Navaho) non avra` mai voce in capitolo.
Minstrel show
In provincia si tenevano gli spettacoli itineranti dei "negro minstrel", una sorta di commedia dell'arte fatta da attori/cantanti bianchi che si annerivano il volto e indossavano un costume rigorosamente tipico: cappello a cilindro, mazza, scarpe lucidate, giacca di raso, pataloni a righe. Erano fantasisti, che sapevano improvvisare su un canovaccio e passare dallo sketch comico alla pantomima, dalla parodia all'operetta. Il loro repertorio ruotava attorno alle maschere di Jim, il vecchio nero sciancato, e Sambo, il nero tonto e servile.
Erano cio` che rimaneva del burlesque (la parodia satirica di drammi teatrali o personaggi famosi), della pantomima (il primo adattamento della commedia dell'arte) e della "extravaganza" (la versione americana del circo).
Dopo il 1830 gli spettacoli dei minstrel si organizzarono, e nacquero cosi` le prime grosse compagnie (i Virginia Minstrels di Dixie e i Christy Minstrels di Oh Susanna). Con i primi grossi successi popolari il fenomeno attecchi` anche nelle metropoli.
Dopo la Guerra di Secessione si aggiunsero altre maschere, ancora di ispirazione razzista, come quella del nero dandy in palandrana a pois (Dandy Jim).
Il genere si cristallizzo` attorno a uno schema fisso. I protagonisti (generalmente quattro) entravano in gran pompa (il "walkaround") cantando la sigla di apertura a tempo di marcia, e si disponevano poi a semi-cerchio attorno all' "interlocutor" (cioe` il presentatore), il quale, pronunciando il fatidico "Gentlemen, be seated", apriva lo show. Mr. Tambo suonava il tamburello e Mr. Bones le ossa, ed entrambi scambiavano battute con l'Interlocutor, mentre dietro di loro suonavano il banjo e il fiddle. Ad un certo punto aveva luogo l' "olio", durante il quale ogni personaggio eseguiva il suo numero speciale.
Durante lo spettacolo c'erano altri momenti prestabiliti, come il "cakewalk", la camminata elegante. L'usanza del cakewalk derivava dalle feste domenicali, durante le quali i padroni conferivano dei premi alle coppie di schiavi che sapevano camminare con portamento piu` signorile. Il cakewalk dei minstrel era ovviamente una crudele satira dell'impegno con cui i poveri neri delle piantagioni cercavano di conquistarsi quel premio. Per la cronaca, il cakewalk e` oggi la camminata delle majorette nelle parate.
Alla fine del secolo questo genere di spettacolo venne man mano conglobato nel generico varieta` e rimpiazzato, nei locali di provincia, dal pianista di ragtime.
Un altro epicentro di musica popolare fu rappresentato dai battelli del Mississippi, gli "steamboat" sui quali si esibivano negro minstrel, compagnie di "jig" irlandesi, e ballerini di quello che sarebbe diventato il "tip-tap".
Si distinsero in questo periodo i primi compositori del genere, su tutti Stephen Foster (l'autore di Oh Susanna, My Old Kentucky Home, Swanee River, Camptown Races), Dan Emmett (l'autore di Dixie, Turkey In De Straw, Old Dan Tucker), e James Bland (Carry Me Back, In The Evening By The Moonlight), per la verita` piu` attenti allo spiritual che alla tradizione europea.
Fra coloro che cominciarono la loro carriera nei minstrel show vi furono Al Jolson (Ragging The Baby To Sleep, 1912, Sonny Boy, 1918, Swanee, 1919), il protagonista del primo film parlato, e Eddie Cantor, il comico piu` popolare del primo Novecento.
Il Vaudeville
Il "vaudeville" fu un'evoluzione dell' "olio" dei minstrel show: la struttura ad esibizioni consecutive dell'olio diede luogo ad uno spettacolo composto da una sequenza di "act" che generalmente iniziavano con l'acrobata e comprendevano cantanti, ballerini, comici. Nel periodo d'oro, dal 1905 fino alla nascita del cinema parlato e al boom della radio, il vaudeville rappresento` la forma di intrattenimento pubblico piu` diffuso. Gli artisti di vaudeville viaggiavano da una citta` all'altra, esibendosi per una settimana nel teatro di ciascun centro. In molte regioni il vaudeville era veramente l'unico svago popolare e una delle poche cose che tenessero insieme la nazione.
Il suo declino, quando tutti i teatri (compresa la gigantesca "Radio City Music Hall" di New York, costruita appositamente per il vaudeville nel 1932) si trasformarono in cinema, tolse alla societa` americana qualcosa di caratteristico. Il revival arrivo` con l' "Ed Sullivan Show", uno dei piu` importanti show televisivi, che creo` di fatto il suo corrispettivo moderno: il varieta` televisivo.
Il cabaret rimase comunque un punto di riferimento obbligato per tutti i "comedians", e lo e` tuttora. E` dai cabaret che usciranno grandi show-man irregolari come il grande Lenny Bruce e Lord Buckley, il cantante hipster in dialetto argot dei profeti della pace (God's Own Drunk).
Il Musical
Il musical e` un genere di spettacolo teatrale e musicale fiorito a Broadway negli anni a cavallo fra i due secoli, fondendo elementi dell'operetta viennese e parigina, del music-hall inglese e del minstrel-show indigeno. Il canovaccio di una commedia brillante e sentimentale forniva generalmente lo spunto per i numeri musicali, intervallati alla prosa e accompagnati da balletti fastosi.
Il primo musical fu probabilmente The Black Crook, presentato nel 1866 a New York. In realta` venne inventato per puro caso: in seguito all'incendio di uno dei maggiori teatri della citta`, una troupe di duecento ballerine francesi venne incorporata in un melodramma tedesco... Ma fino al nuovo secolo il musical americano si mantenne nella scia dell'operetta viennese (Johann Strauss, Franz Lehar), dell'opera buffa francese (Jacques Offenbach) e soprattutto della commedia musicale inglese (Arthur Sullivan), ed ebbe un successo molto limitato.
L'importatore ufficiale delle mode europee era Florenz Ziegfeld, l'inventore delle riviste di Broadway (le famose "Ziegfeld follies" furono create nel 1907). Nel suo teatro si allestivano l'operetta e il music-hall, debitamente americanizzati, ovvero con grande show coreografico e adeguato arrangiamento orchestrale.
Ma ci volle il genio di George Cohan per far compiere il passo decisivo verso la nascita del "musical" americano. Con lui lo spettacolo fuse farsa, vaudeville, commedia e melodramma. Cohan semplifico` notevolmente il racconto a favore dell'immediatezza, rese piu` rapida l'azione, scrisse canzoni attingendo al folklore americano, adottando un linguaggio musicale retorico e caramelloso.
Nel decennio successivo avvenne la decisiva contaminazione con il folk nero. Compositori come George Gershwin (Swanee), Cole Porter, Irving Berlin (l'autore americano di canzoni di maggior successo: White Christmas, God Bless America, Alexander's Ragtime Band, Easter Parade), Jerome Kern (Old Man River, All Things You Are, The Way You Look tonight), Vincent Youmans (Tea For Two, I Want To Be Happy, Halleluja, Sometimes I'm Happy), Stephen Sondheim, e su tutti il compositore che impersono` l'essenza stessa del musical, Richard Rodgers (Blue Moon, Where Or When, Bewitched, My Funny Valentine), fiorirono dopo quella rivoluzione.
Il grosso boom si ebbe negli anni '30, quando i musical furono resi celebri anche nella versione cinematografica. Per almeno due decenni il musical continuo` a sfornare standard, da Singing In The Rain a Raindrops Keep Falling On My Head di B.J. Thomas. Il musical si rivelo` un efficientissimo meccanismo per la produzione di successi nazionali, soprattutto quando al teatro si affianco` il cinema e quando il disco passo` da 78 a 45 giri.
Accanto ai compositori si misero in luce anche i cantanti, che presto ne avrebbero preso il posto nei titoli di prima pagina. Ma per compositori come Burt Bacharach il musical sarebbe rimasto il veicolo principale anche nel Dopoguerra.
Il disco
Fino alla Prima Guerra Mondiale la canzone, o come sotto-prodotto della lirica di Parigi, o come immagine pubblicitaria della commedia musicale di Broadway, ebbe carattere essenzialmente locale. Fu il disco a 78 giri, introdotto negli anni '20, a cambiare radicalmente l'ambiente di ascolto della canzone, estendendolo a tutte le famiglie in possesso di un grammofono, a tutti i bar dotati di un jukebox, a tutte le sale da ballo.
La musica leggera fu subito attratta dal nuovo mezzo di comunicazione. La motivazione commerciale che sta alla base della musica leggera si sposava a meraviglia con le capacita` di riproduzione e diffusione del disco. La musica colta invece, tradizionalmente piu` conservatrice e gelosa di processi cristallizzati di produzione (la figura romantica dell'artista), di diffusione (la figura mondana del direttore d'orchestra in frac) e di consumo (il concetto classista di un pubblico elitario e conformista), rifiuto` a lungo l'industria discografica, concedendo alla musica leggera un vantaggio mai piu` colmato.
Il disco di per se` non era soltanto un male. Il male evidente e` che l' industria discografica introduceva giganteschi condizionamenti all'espressione artistica. Ma a questo indubbio ostacolo si contrapponeva lo storico vantaggio di favorire la conoscenza e la fusione di civilta` musicali diverse (anche all' interno della stessa nazione americana, dove New Orleans ben poco sapeva di New York e viceversa) e di creare (fosse anche solo per la legge economica della concorrenza) un continuo stimolo al progresso, al mutamento, all'innovazione. Ogni studio discografico divenne poco a poco anche un laboratorio di ricerca: ricerca di nuovi patrimoni musicali da saccheggiare (incluso quello classico, e poco a poco tutte le civilta` del Terzo Mondo) e di nuove tecniche di registrazione.
La colonna sonora
Negli anni '30 la civilta` e l'industria del suono ricevettero un impulso fenomenale da due invenzioni di portata universale: il film sonoro e la radio.
Il film sonoro si presento` subito come un'occasione per portare sugli schermi la musica. La colonna sonora divenne un elemento fisso di tutti i film di Hollywood, sovente affidata ad artigiani che erano veterani della direzione di orchestre leggere e che scrivevano spartiti senza capo ne` coda, intesi soltanto a seguire e commentare emotivamente le fasi del film. La colonna sonora era spesso un mosaico di citazioni (che poteva spaziare da Strawinsky a Chopin), e in quanto tale applicava per la prima volta un linguaggio musicale ben preciso: ogni citazione rappresentava una convenzione universale, per richiamare nello spettatore un ben determinato stato d'animo.
I risultati artistici piu` significativi li ottenne forse Carl Stalling con le sue colonne sonore per i cartoni animati. Dal 1936 al 1958 le sue musiche accompagnarono le disavventure di Daffy, Tweety, Sylvester e tanti altri divi dell'infanzia. Quelle musiche erano estremamente innovative per l'epoca: mescolavano alla rinfusa riferimenti jazz e classici, procedevano attraverso continue fratture armoniche, interrompevano passaggi melodici nel mezzo di una battuta, alternavano l'orchestrazione all'improvviso, impiegavano ogni sorta di diversivo sonoro, prediligevano i timbri demenziali di strumenti "preparati", proponevano una prima forma di "cut-up" musicale. Insomma, per audacia e bizzarria, l'operazione sul suono compiuta da Stalling non ha nulla da invidiare a quella di John Cage. Sara` proprio John Zorn, forse l'erede naturale di quel genere, a riscoprire questo grande maestro.
Perche' la colonna sonora (o "soundtrack") diventi anche un fatto d'arte occorrera` aspettare il Dopoguerra. In questo genere eccellera` Ennio Morricone, mescolando la strumentazione rock al tradizionale kitsch orchestrale.